Graziella Enna, nata nel 1969 a Oristano, laureata in lettere classiche presso l’Universita degli studi di Cagliari, insegnante di lettere.

Davide Piras è un giovane scrittore che vive a Terralba, cittadina in provincia di Oristano, dove gestisce un accogliente caffè letterario, che, oltre ad offrire prelibate specialità, ospita eventi culturali e fa bella mostra di un’accurata selezione di libri, scelti personalmente dall’autore. Dopo aver atteso alla stesura di racconti e romanzi che hanno assecondato la sua innata passione per la scrittura, il suo  romanzo “Terra Bianca”, si è classificato terzo nella quinta edizione del “Premio Internazionale di Letteratura città di Como” 2018, nella sezione “Narrativa edita”.

La vicenda di Terra bianca (alias Terralba) , scritta con scelte lessicali accurate, è narrata in prima persona dal protagonista, Saverio, che, attraverso una lunga analessi, ripercorre le tappe della sua vicenda esistenziale. Il libro presenta diverse chiavi di lettura: principalmente è una storia d’amore, non certo nel senso più abusato del termine, ma per certi aspetti è anche romanzo di formazione oltre ad offrire uno spaccato storico e d’ambiente. Per il lettore si aprono molti spunti di riflessione pagina dopo pagina, la storia conquista,  avvince e coinvolge  emotivamente.

1970. Parigi, ospedale Hotel-Dieu. Una lettera, tra le decine che riceve ogni giorno nel prestigioso ospedale in cui lavora, attira l’attenzione di Saverio: un amico d’infanzia gli scrive dalla Sardegna, la sua terra. Forse è questo il momento atteso da più di vent’anni, l’occasione di fare chiarezza con se stesso, riesumare e risolvere un problema rimasto in sospeso che si trascina dentro come un peso insopportabile. Ed è proprio la suddetta missiva che apre la strada ai ricordi, indelebili, prorompenti, impossibili da cancellare con il loro carico di dolore derivato da una colpa di cui Saverio si è macchiato.

Divenuto un luminare di fama internazionale nel campo della cardiologia, Saverio non dimentica il suo passato, i cui eventi occasionali gli hanno permesso una vita costellata di successi professionali e una piena realizzazione sul piano personale ed umano, ma qualcosa ai suoi occhi offusca e quasi svilisce la sua posizione di prestigio, sebbene egli sia animato dalla consapevolezza di averla acquisita con i propri meriti e con la profusione di un impegno atto a ripagare i sacrifici della sua famiglia e assecondare la sua voglia di riscatto sociale. Il vero fautore di tutto questo, la persona che in massima parte ha contribuito alla sua maturazione umana e culturale, che ha avuto un ruolo decisivo nel forgiare la sua personalità, è suo fratello Giulio.

1940. Saverio è un bambino di nove anni, orfano di madre, vive a Cagliari in un orfanotrofio ma può trascorrere due giorni a settimana col suo amato padre, pescatore e proprietario di un piccolo peschereccio ormeggiato sul molo che per lui funge anche da dimora. Ma nel 1940 il porto viene bombardato ed il natante distrutto, Saverio e suo padre vengono ospitati da uno zio.

 In un altro terribile bombardamento sotto i suoi occhi si consuma la duplice tragedia della morte del genitore e dei parenti e quella della devastazione della città. In questo frangente la condizione individuale di un bambino solo, privo di ogni punto di riferimento, diviene paradigmatica di migliaia di situazioni analoghe, qui il libro acquista una dimensione allargata e universale. Saverio fugge in una città spettrale e devastata e si unisce ad altri sfollati che si accalcano alla stazione ferroviaria. Dopo varie peripezie, con un viaggio difficoltoso condiviso con altri sventurati, giunge a Terralba, nome di un luogo sconosciuto che aveva sentito per caso durante il tragitto.

A questo punto, chiave di volta del romanzo, è un incontro inaspettato nel piazzale della chiesa, inizio di una straordinaria storia d’amore, vera cifra della vicenda. Il personaggio deputato alla fioritura di un sentimento  spontaneo e insopprimibile, è Giulio, un ragazzino, affetto dalla sindrome di down, che percepisce nella sua ingenuità e purezza qualcosa mai avvertita prima, per quel piccolo sconosciuto sporco e affamato. Mentre Giulio viene denigrato e percosso da tre perfidi ragazzini, Saverio si vergogna per non essere in grado di difenderlo, tuttavia tra loro nasce un’intesa immediata tramite poche parole che si scambiano. Il padre di Giulio, sopraggiunge ed è intenerito dalle supplichevoli richieste del figlio che vuole portare con sé il nuovo amico, non ha cuore di abbandonare il piccolo al suo destino, lo conduce all’ orfanotrofio delle suore, già troppo affollato, così decide di ospitarlo temporaneamente a casa sua, salvo poi decidere, dopo breve tempo, di adottarlo non come solo come “figlio d’anima”, (locuzione che in Sardegna indica la prassi di alcune famiglie facoltose che allevavano, alla stregua di figlioli propri, bimbi nati in famiglie disagiate). In questo caso, invece, i genitori di Giulio, persone modeste, dotate di un animo gentile e nobile si dimostrano disposte ad accoglierlo con calore e generosità. Il tribunale di Oristano, decreta dopo alcuni mesi che Saverio e’ legalmente affidato alla sua nuova famiglia.

Giovanni si inginocchiò per un faccia a faccia e mi prese delicatamente entrambe le spalle. “Saverio, se non vuoi più andare dalle suore puoi stare da noi”. Mi fissava dritto negli occhi. “Per sempre?” domandai. Giovanni incrementò la sua stretta. “Per sempre”!

Inizia il romanzo di formazione di Saverio e di Giulio che crescono come due fratelli consanguinei, sorretti dall’amore di due genitori, naturali per l’uno e adottivi per l’altro, Nerina e Giovanni, (per  la cui figura l’autore si è ispirato ai suoi nonni, nelle fattezze e nel modo di essere), due persone portatrici di valori positivi come solidarietà e umanità che palesano nell’amore totalmente disinteressato prodigato a Saverio che li ama a sua volta in modo pudico, riservato,  privo di  affettazione ma intriso di rispetto, riverenza e profonda riconoscenza. I due bambini imparano l’uno dall’altro, condividono insieme esperienze, amicizie, rivalità, trascorrono le giornate, mese dopo mese, tra giochi e scorribande nei campi, immergendosi spensierati nella natura e nel ciclo delle stagioni, felici, sebbene il tenore di vita sia caratterizzato dall’austerità del cibo razionato e dalle limitazioni del coprifuoco ogni sera.

E’ importante sottolineare i precisi riferimenti a luoghi reali e storici del paese, in cui si può riconoscere persino chi lo abita tuttora, ma anche il contesto del periodo bellico vissuto dalla gente comune di cui il libro fornisce uno spaccato dettagliato a proposito del quale romanzo perde ogni connotazione meramente identitaria. Vengono narrati dal punto di vista popolare gli eventi dopo l’otto settembre, la partenza dei Tedeschi, l’arrivo degli Americani. Molti uomini furono richiamati e destinati al fronte, anche nel paese di Terralba iniziano a  giungere casse di faggio con i corpi dei soldati caduti, ma di  molti altri che muoiono in guerra non si sa più nulla.

Un altro aspetto rilevante della vicenda è l’ambiente scolastico del ventennio rappresentato in modo poco edificante per non dire aberrante. In un periodo storico in cui la disabilità era foriera di esclusione sociale e ritenuta un limite inaccettabile, quando i termini integrazione e inclusione non erano neppure annoverati col significato che gli attribuiamo oggi, un maestro despota, chiamato “il Colonnello”, terrorizza i bambini del paese utilizzando metodi non certo improntati all’autorevolezza bensì ad una forma di autoritarismo di stampo militaresco che si concretizza in una violenza gratuita e dispensata giornalmente per futili motivi.

I palmi di Giulio si posarono sul piano di legno e le dita si allargarono in una contrazione. Il Maestro scagliò due stangate rapide e secche, non avevo mai visto un adulto alzare le mani su un bambino e fu forse questa bassezza a distorcere la scena ai miei occhi. Le sue dita si gonfiarono. […] Mi rivolsi indignato al maestro: “Non si vergogna?”. Si voltò di scatto e mi sferrò tre colpi di pertica addosso, un bollore infuocato d’inondò mani e torace.

 Saverio, nonostante le continue percosse che riceve quando difende e protegge Giulio, ottiene ottimi voti ma, esasperato, dopo aver sfidato verbalmente il maestro a causa di anni di sevizie, a Giulio in primis,  ottiene la promessa di un bocciatura per entrambi e una serie di violenze fisiche inaudite. In questo episodio emerge una contraddizione dell’animo di Saverio, che informa il padre adottivo, ufficialmente per difendere Giulio, ma in realtà per salvare sé stesso dalla bocciatura, cosa che gli causerà sempre il rimorso di aver usato il fratello e di non essere riuscito, in quel frangente e in altre occasioni, a essere sufficientemente protettivo e a dimostrare al fratello il suo grande amore.

Dal canto suo, il percorso di crescita di Giulio denota un coraggio e una forza d’animo esemplari che gli consentono, nel suo piccolo, di non tirarsi mai indietro di fronte alle difficoltà e alle sfide della vita quotidiana. Dopo le elementari il legame tra i bambini diventa sempre più intenso e insieme frequentano l’avviamento alla fine del quale, nel 1947, Saverio riceve la cresima e un regalo inatteso: la possibilità di scegliere un istituto superiore. Perciò mentre Saverio eccelle negli studi e con i sacrifici di Giovanni, riesce a frequentare il liceo a Oristano, Giulio diviene un abile panificatore, fiero di aver appreso quest’arte dal padre.

A scuola procedevo col massimo dei voti in tutte le materie e mi pareva di essere nato per studiare. La predilezione che nutrivo per lo studio inoculava invidia nel torace dei miei compagni, infettandoli con un sentimento di rivalsa. […] A tutto questo si aggiungeva la differente estrazione sociale. Studiare era un privilegio per signori, e i miei compagni lo erano, mentre io ero il figlio supposto di un panettiere che girava tutti i mulini del Campidano per snidare la farina a buon mercato.

Dopo il diploma col massimo dei voti e altri eventi che cambiano radicalmente l’esistenza della famiglia, Saverio, ricevuta una proposta unica e allettante,  è costretto a fare una scelta conflittuale che non avrebbe mai voluto fare e  di cui il lettore apprende le dolorose conseguenze solo alla fine della narrazione.

Mi tenevo il volto tra le mani. Prima di dimenticarmi per vent’anni di come si facesse, piansi a dirotto con il cuore che mi doleva nel petto, che mi esplodeva di amarezza. Addio mia amata terra bianca.

Saverio dopo quasi trent’anni dovrà necessariamente tornare in Sardegna per completare quel suo percorso e redimersi da quel senso di colpa che lo attanaglia nella sua vita apparentemente cosi perfetta. Deve fare i conti col suo passato e sciogliere quel nodo che avviluppa la sua anima. Ma lo attendono altre vicende inaspettate e sconvolgenti che lui non conosce, con torbidi risvolti di natura etica che scuotono profondamente la sua coscienza di medico e di fratello. Qui finalmente si chiude il cerchio e Saverio ritrova il suo legame con quella Terra-alba in cui il passato si sovrappone al presente:

 “Ho di nuovo nove anni, Giulio è di fianco a me e sorride. Si lancia verso la campagna. Lo inseguo.”

Terra bianca Book Cover Terra bianca
Davide Piras
Narrativa italiana
Perrone Editore
2016