Carmine Maffei (Avellino, 1981). Musicista, autore e compositore, fonda la rock band Inseedia con cui pubblica Oltre il Muro (2005) e Secrets From The Room (2007 - Nomadism Records). Nel 2008 dà vita al suo attuale progetto musicale, gli Ordita Trama. Nel 2010 esce il disco "Ordita Trama" e nel 2017 Basta Soltanto Resistere, oltre al singolo L'Ignoto Ideale (Label Music). Appassionato da sempre di letteratura, ama leggere e collezionare libri, soprattutto romanzi. Attratto da tutto ciò che significa "cultura", ha un debole indiscusso per gli scrittori. Vive a Solofra (AV) con la moglie e due bimbi. Lavora nel settore conciario. Collabora con L'Ottavo dal novembre 2017.

Il Cadavere di Nino Sciarra di Davide Morganti

Spoon River dei letterari dimenticati

Di Carmine Maffei

“I dimenticati ce li ha tutti in testa

Gli altri sono entrati chi da sé,

chi dalla finestra”

Pasquale Panella  –Equivoci Amici-

E poi, ancora:

“Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,

il debole di volontà, il forte di braccia, il buffone, il rissoso?

Tutti, tutti dormono sulla collina”

L’autore di questi ultimi versi, Edgar Lee Masters, indagò a suo tempo delle gesta, discutibili o meno, apprezzabili o meno, di uomini e donne, tutti, conseguenzialmente alle loro azioni, sepolti nello stesso luogo, sulla collina di Spoon River.

Lo stesso Masters, purtroppo, giocò col suo destino di poeta di successo, e abbandonò la carriera di avvocato, dedicandosi ai suoi versi, ma, come spesso avviene, non fu compreso, quindi morì lontano dai riflettori della ribalta, molto povero, senza amici, senza parenti, completamente solo, tra i dimenticati.

Eppure i lettori d’oltreoceano seppero riconoscerne di nuovo il talento, vuoi perché riemerse a galla in un mare di letteratura ciò che più è comprensibile, vuoi per un lavoro editoriale ben svolto, come ad esempio in Italia, grazie al nostro Cesare Pavese.

Ed in Italia, per ora, resteremo.

Perché stiamo per chiederci una cosa, anzi, più di una: dove sono Ugo Attardi, Nello Sàito, Sandro De Feo, Romualdo Romano, il pittore, il germanista, il giornalista, l’ispettore didattico?

Dormono, tutti dormono sulla collina di macerie, di cianfrusaglie, di una miriade di oggetti gettati così, alla rinfusa, nella confusione di un disordine fuori controllo, in una villa abbandonata nella periferia di Napoli.

E a breve sapremo in che modo.

La grande casa è appartenuta a Nino Sciarra e a suo fratello, siciliani d’origine, ricchissimi, così tanto da non lavorare, ma tanto distanti dalla società, così solitari, strani, taciturni, così diversi…

Nino e suo fratello non hanno voce in capitolo in questa storia che stiamo per scoprire, perché sono già morti, eppure, quanto potremmo imparare a conoscerli, come se fossero ancora in vita, attraverso le loro preferenze letterarie!

Il cadavere del fratello di Nino lo hanno visto subito.

Era sotto la finestra, tra un mobile e una pila di giornali, mentre quello di Nino proprio non si trova.

Ma tornando a noi, mentre parlavamo di alcuni De Feo, Romano, Attardi (ricordate?), di coloro che dormono in un cimitero di cianfrusaglie, a cosa stavamo riferendoci?

I personaggi chiave del romanzo in questione sono proprio loro, oltre una bolgia infinita di tanti altri, una lista di persone, quasi tutti professionisti, tanti, tantissimi, legati al mondo della scrittura.

Sono scrittori essi, e le loro sorti, le loro voci hanno ancora vita, e lì vi hanno trovato la morte, nel numero incredibile di libri disseminati in tutta la casa degli Sciarra.

Non esistono librerie né scaffali: i testi sono ovunque, abitano la casa in modo arbitrario.

Nino li leggeva in maniera febbrile, estatica quasi, e ne sottolineava le frasi più importanti, e ne prendeva appunti, e soprattutto li leggeva al fratello non vedente, e insieme ne assimilavano le storie, i pensieri, le azioni, le filosofie, le utopie e le distopie, le conclusioni.

Davide Morganti, uno degli scrittori italiani più originali, è ritornato, e in grande stile, con Il Cadavere di Nino Sciarra (non è ancora stato trovato), Woytek Edizioni.

Inizialmente voleva essere un manuale di scrittori dimenticati” spiega Morganti in un’intervista “poi è diventato questa specie di romanzo”.

Grande esperimento il suo nuovo libro, così audace da essere e non essere alla portata di tutti, e questo dà di sicuro un valore in più, dove la curiosità di voltare pagina e ritrovarsi in una citazione di uno scrittore dimenticato, abbandonato, mai considerato dalla critica, forse appena accennato, fa crescere la voglia di leggere, e di scoprire, e dove, nonostante questo, potrebbe avere la capacità di allontanare dalla letteratura un sedicente lettore attento.

Davide Morganti è così, trae in inganno, e il potere creativo che emana si prefigura in una storia da narrare, e infine in una lezione di esistenza in cui potremmo riconoscerci o anche no, ma che se lo facessimo per davvero, aprirebbe mondi incantati possibili.

E ancora, a proposito di Masters, ecco cosa ci scrive il nostro autore: “La letteratura è uno strano cimitero, mette dentro vivi e morti, e a stento si riconoscono”.

L’inusuale avventura coinvolge un uomo che si addentra nella grande villa in completo disuso e in disordine, qui e lì traballante, e a differenza della squadra di soccorso, impegnata solo al recupero del cadavere disperso, lui si sofferma, si concentra sui libri di questi autori dimenticati sparsi ovunque, e ne legge il contenuto in penombra, e ne saggia i testi.

Morganti, che ha fondato la propria professione sulle basi di filosofia e teologia, ha preso spunto, descrivendo le stanze che il soccorritore protagonista vorace di libri percorre e lì vi sosta a leggere, dalla teoria di Santa Teresa, filosofa anch’essa, che dice:

Tornando al nostro incantevole e splendido castello, dobbiamo ora vedere il modo di potervi entrare. Sembra che dica uno sproposito, perché se il castello è la stessa anima, non si ha certo bisogno di entrarvi, perché si è già dentro. Non è forse una sciocchezza dire a uno di entrare in una stanza quando già vi sia? Però dovete sapere che vi è una grande differenza tra un modo di essere e un altro, perché molte anime stanno soltanto nei dintorni, là dove sostano le guardie, senza curarsi di andare più innanzi, né sapere cosa si racchiuda in quella splendida dimora, né chi l’abiti, né quali appartamenti contenga. Se avete letto in qualche libro di orazione consigliare l’anima ad entrare in se stessa, è proprio quello che intendo io”

Il rapporto che esiste tra il Castello Interiore metaforico di Santa Teresa e la villa di Nino Sciarra sta dunque nel soffermarsi, nel sostare, nell’indugiare su ciò che può essere cercato in quello che sembra scontato e, a maggior ragione, la casa in questione non ha proprio nulla di incantevole, e ciò potrebbe soltanto allontanare la folla di curiosi che invece, se avessero la capacità di fermarsi, di capire in quali incantevoli misteri può farci sorprendere la vita, quella spirituale, che spesso la si ricerca anche nella lettura, nel saper apprendere, nel saper tenere zitta la propria saccenza.

E la morte, in questo libro, appare ovunque.

E’ nell’essere noir, nel cadavere di Sciarra, negli scrittori morti ancor prima di morire, nell’usanza del Sud di giocarci con la morte, nell’inappetibile decontestualizzazione degli episodi narrati nei testi che sembra vogliano essere letti per forza, e ad alta voce, che ci cercano, che ci saltano addosso, che sperano in una nuova vita nell’interesse di chi li ha dimenticati, con l’esortazione di scovarne il senso lato, oppure diretto, oppure metafisico, romantico, tragico, conforme o meno alle indulgenze di chi resta ad ascoltare, a leggere.

Nelle parole del suo lettore onnivoro, Morganti si fa strada verso la nostra coscienza:

“…e poi io credo che qualcosa di grandioso ci sfugga, che mai potremo sapere perché abbiamo davanti la vita che non fa vedere nulla, gelosa della sua infermità, oscurata dalla croce, confusa dal credere e non credere, dalla scienza, dalla nostra inettitudine”

“Qui dentro ci sono più ombre che vita, la mia voce si è spenta,i miei occhi vedono molto di più i libri e meno gli oggetti come se avessero scelto cosa vale la pena guardare”.

“I libri scompaiono come gli uomini, travolti dal tempo e dagli uomini stessi, non c’è abbastanza spazio per noi che quel tanto per passare subito; si va avanti, avanti c’è posto, noi andiamo via e gli altri ci sostituiranno”

Quanto è ancora bella la capacità di tenersi strette le proprie attitudini, senza pretendere il diritto di vederle elogiate, illuminate, premiate, perché è proprio lì, esattamente quando tutta la conquista avviene, che c’è un crollo spirituale sapendo che gli sforzi artistici saranno inghiottiti dalla macina di oggetti usa e getta di utilizzo comune, e saranno spostati indietro dall’ennesimo posto di rilievo che verrà occupato dall’ennesimo candidato fortunato.

Chi ha deciso che nella letteratura, nella musica, nell’arte ci siano dei dimenticati?

Forse il mainstream, forse la pubblicità, forse l’indottrinamento che un prodotto sponsorizzato dal gain commerciale, con capacità di vendita, perché direttamente proporzionale al fabbisogno medio/basso comune, può avere più possibilità di guadagno rispetto ad un altro meno esaltante perché troppo impegnativo per la capacità media di apprendimento, tutto ciò ammesso che l’arte sia intesa sempre come dottrina nobile e non come la copia delle aspettative personali.

Le stanze in cui state per addentrarvi, aprendo  Il cadavere di Nino Sciarra,possono farvi spiare negli anfratti, negli spacchi dei muri, nelle qualità nascoste venute fuori dal crollo di ciò che era in superficie, scovando i tesori nascosti.

“Ho capito che ci sono parole che preferiscono vivere povere, senza baci, urla, interviste, sono come olivi nella sabbia, non seccano mai e sanno stare in solitudine, facendo a meno degli occhi e della voce degli uomini”

Il cadavere di Nino Sciarra Book Cover Il cadavere di Nino Sciarra
Davide Morganti
Narrativa italiana
Wojtek
2019