Graziella Enna, nata nel 1969 a Oristano, laureata in lettere classiche presso l’Universita degli studi di Cagliari, insegnante di lettere.

La rinascita di Peppino Impastato
Oltre i cento passi. Giovanni Impastato

Il libro si propone l’alta missione di far rivivere nella memoria collettiva la profondità dello spirito acuto e critico di Peppino Impastato, la libertà di pensiero che palesava nel suo rifiuto di allinearsi passivamente a ideologie preconfezionate, la sete inesausta di giustizia e legalità, l’acquisizione della coscienza dell’ossimorica invisibile evidenza dei fenomeni mafiosi ed il coraggio, la determinazione, la solitudine della sua crociata. Sfidò tutti Peppino, in primis la sua famiglia, di origine mafiosa con cui entrò in rotta fin dalla prima adolescenza, dopo aver trascorso anni felici tra Cinisi e la tenuta di campagna dello zio, esponente di spicco della mafia locale. In quegli anni la mafia veniva presentata come un’entità positiva, vista alla stregua di un’istituzione benevola che contrastava le ingiustizie dello stato. La morte dello zio, ucciso da altre cosche, fa maturare gradualmente in Peppino un’autonoma coscienza politica ed ideologica, unita indissolubilmente ad una nutrita preparazione culturale non avulsa da una conoscenza ed un profondo rispetto per la sua terra, le sue problematiche, la sua storia. Nonostante le sue spiccate doti intellettuali fu ben lungi da ogni forma di superbia intellettuale, anzi il suo spessore morale e culturale erano enfatizzati dalla sua umiltà. Peppino iniziò dunque la sua lotta personale con il padre, certo, con grande dolore, minando l’equilibrio e la serenità della famiglia, ma per un fine più importante che andava oltre la sua individualità, fino ad essere allontanato di casa dal padre, (in seguito anche lui ucciso), ma sorretto ed aiutato dall’amore della madre che mai lo lasciò solo. Egli intraprese subito la sua personale lotta iniziando dalle campagne, (memore della strage di Portella della Ginestra perpetrata per contrastare l’aria di rinnovamento portato dalla Sinistra) , riallacciandosi ad un annoso e secolare problema siciliano, ovvero l’applicazione di una legge fondiaria che venne sempre contrastata dagli interessi di una mafia ancorata ad uno stato rurale, fautrice dell’immobilismo atavico e del latifondismo. Peppino assiste alla metamorfosi della mafia, che, prima confinata nell’ambito agricolo, inizia a divenire urbana, inizia ad arricchirsi con speculazioni edilizie (nel film “I cento passi” si vede Peppino che si unisce ai contadini che cercano di fermare le ruspe durante la costruzione delle piste dell’aeroporto), ad infiltrarsi nella politica, nel traffico della droga accumulando spropositati capitali e mettendo in crisi l’economia. Così egli pensa di adottare nuovi metodi di lotta, la stampa, le fotografie degli scempi paesaggistici, la sua famosa radio AUT da cui lanciava i suoi strali e dava voce alle classi sociali più deboli: braccianti, pescatori, lavoratori sfruttati in nero, contadini, disoccupati, denunciando servilismi e favoritismi. A questo degrado contrappone la legalità, la giustizia, ma soprattutto la bellezza dell’arte, della musica e della cultura, che riteneva le armi supreme ed efficaci per combattere l’ignoranza in cui la mafia nasceva e prosperava rigogliosa ed invincibile e i cui esponenti divennero imprenditori, politici, funzionari della pubblica amministrazione, tutti celati dietro ad un insospettabile perbenismo. Proprio per questo diventa invincibile, perché la mafia non e’ un organismo antistato ma si è radicata nel cuore dello stato gestendo rapporti politici, appalti, denaro pubblico, annidandosi nelle istituzioni. Peppino ne ha la acuta e lucida percezione e quando si candida alle elezioni, come sappiamo, viene ucciso. Ed è questo il capitolo più doloroso e vergognoso: per anni le indagini vengono depistate, insabbiate, viene fatto passare per un terrorista suicida, le prove vengono inquinate. Eppure è tutto così intellegibile e lineare: viene sequestrato all’uscita della radio, portato in un casolare, tramortito, imbottito di tritolo, legato ai binari e fatto esplodere. Solo dopo anni di inchieste, mentre tutti coloro che hanno depistato le indagini hanno intrapreso brillanti carriere, grazie alle commissioni antimafia, alle pressioni della famiglia e soprattutto della pasionaria madre di Peppino, che mai aveva creduto alla versione del figlio terrorista, tutto viene a galla. E quando finalmente lo stato si presenta al cospetto della madre portando la verità in un fitto dossier in quella che era divenuta negli anni “Casa memoria Impastato”, la fiera e coraggiosa combattente pronuncia questa frase: “Grazie, avete fatto resuscitare mio figlio”, e ha la possibilità finalmente di ricomporre lo straziante dolore non solo della morte ma della verità negata.

Questa è in termini molto riduttivi la vicenda a tutti ben nota, ma la vera rinascita di Peppino, oltre alla verità sulla sua morte, è la MEMORIA del suo operato che abbiamo il dovere di tramandare insieme con la sua famiglia, con “Casa memoria” in cui per anni ed anni la signora Felicia ha accolto migliaia di persone. L’eredità di Peppino Impastato è la realizzazione di una cultura della legalità, che, come ha sottolineato Giovanni Impastato, può nascere solo con l’informazione, la conoscenza, la cultura, la consapevolezza della realtà che ci circonda partendo dal nostro microcosmo. E, parafrasando la canzone dei Modena: dobbiamo percorrere 1,2,3,4,5,10, 100 passi gridando senza paura se vogliamo cambiare la nostra vita.

Oltre i cento passi Book Cover Oltre i cento passi
Giovanni Impastato con illustrazioni di Vauro Senesi
Saggistica
Piemme
2017
203