Anita Mancia, nata a Roma, ha lavorato 20 anni presso l'Istituto Storico della Compagnia di Gesù come assistente bibliotecaria ed Archivista. Ha collaborato con la rivista storica dell'Istituto con articoli sulla Ratio Studiorum, la pedagogia dei gesuiti, i gesuiti presi prigionieri dai pirati e recensioni. Presso l'editore Campanotto di Udine nel 2007 ha pubblicato un volumetto di poesie.

Addio, Mia amata. La complessità di Chandler

Di Anita Mancia

«Ascolta» ho detto. «Non son lucidissimo, stasera, e non credo che dovrei trattenermi qui tanto a lungo. Non ho nessuna prova su quella gente, ma pare non mi trovino tanto simpatico. Qualunque cosa io possa dire, sarebbe la mia parola contro quella della legge, e la legge, in questa città, mi sembra decisamente marcia»

«E’ una bella città, ha detto lei all’improvviso, con il fiato un po’ corto «Non puoi giudicare…» Addio, mia amata pag. 194.

Chandler è uno scrittore prestato al giallo, recentemente rivalutato. Autore de La semplice arte del delitto pubblicato nell’Atlantic Monthly di Boston nel 1944, sostiene la narrativa realistica espressa da Dashiell Hammett, altro giallista americano, ed è in favore di una scrittura hard boiled, dura, di contro alla scrittura europea, per esempio quella di Agatha Christie, che non apprezza. Creatore del detective privato Philip Marlowe, ha ideato un personaggio dalle molte sfaccettature, come si vede in questo romanzo, onesto e generoso, di indubbia e sana moralità, colto, conoscitore di Shakespeare, che cita spesso nel libro, amante di musica.

Marlowe, che è un carattere in parte autobiografico, ha un rapporto critico con la polizia, spesso ruvido, come si vede dalla citazione che apre questa recensione. Sa perfettamente che la legge è corrotta: riceve dai poliziotti anche manganellate e un trattamento che lo porta quasi alla morte quando viene portato nella clinica del dottor Sondeborg che è un luogo di rifugio di personaggi malavitosi, come Moose Malloy, rapinatore ed assassino, che apre questo romanzo centrato, in fondo, su una figura femminile e su una storia d’amore tra Moose Malloy e Velma Valento che lavorava otto anni prima, nel Florian’s, un posto dove si mangiava e si giocava a dadi. Se questa è la trama principale, l’autore è così abile da giocare a nasconderla o a lasciarla dietro altre storie, che sembrano indipendenti ma che sono strettamente legate fra loro e con la trama principale. Così una sera, Marlowe riceve una telefonata da un certo Marriott che, pur riluttante, gli affida un lavoro per un prezzo basso, cento dollari, quando ne vale la vita. Marlowe dovrebbe – questo è il lavoro che Marriott gli affida – essere testimone, proteggere in realtà, Marriott stesso che consegnerà 8000 dollari a persone che dice di non conoscere come riscatto da pagare per la rapina di una serie di gioielli di grande valore, dati da una sua amica che, così, spera di riottenere quello che le è stato tolto. A una domanda di Marlowe, Marriott rifiuta di dire chi sia la sua amica. Marlowe accetta di incontrarlo e di accompagnarlo di notte a questo appuntamento, non lontano dalla casa di Marriott. E qui la storia si fa veramente cupa: Marriott viene ucciso e Marlowe viene manganellato. Si salva da una situazione molto incresciosa e pericolosa grazie all’intervento di una piccola donna coraggiosa, che insieme con Velma ha un ruolo da protagonista e da vera spalla di Marlowe,  Anne Riordan, di origine irlandese e figlia di un poliziotto. Anne dapprima minaccia con la sua pistola Marlowe ma poi inizia a collaborare con lui e lo aiuta a fare alcune scoperte, per esempio Mrs Grayle, altra protagonista femminile chiave della storia. Dentro questa cornice ampia, si muovono storie più piccole, come quella di Jessie Florian, moglie del proprietario del locale dove viene commesso il primo crimine del romanzo, vedova ma detentrice di un importante segreto, e di un parapsicologo, un certo Amthor, che entra anche lui nella storia d’amore del romanzo come sorta di dottore di Mrs Grayle. Come si vede una storia complessa, che va avanti ad indizi che portano a scoprire nuovi personaggi.

Credo però più opportuno mostrare lo stile di Chandler, perché spiega bene che cosa sia la scrittura, o meglio lo stile realistico, hard boiled, di Chandler. Prima di incontrare Amthor, il parapsicologo, Marlowe viene accompagnato da lui da una sorta di autista, che è un indiano. Ecco come lo presenta Marlowe-Chandler: «L’indiano puzzava. Quando ho sentito il campanello sulla strada e ho aperto per vedere chi fosse, l’odore ha subito invaso la piccola anticamera. L’indiano si è fermato dopo un passo: pareva una statua di bronzo. Era grande e grosso, dalla vita in su, con un petto enorme. Aveva l’aria di un barbone» cap. 29 pag. 145.

E’ uno stile realistico che spesso presenta persone fuori misura fisica con tratti molto marcati e capace di suscitare sensazioni tattili, olfattive e gustative in sé originali ma se ripetute, produttrici di stereotipi. Queste sono più evidenti nelle descrizioni di incontri dove entra in gioco un drink, oppure l’offerta di una bottiglia di liquore che l’ispettore Marlowe porta con sé. Questo è il caso del portiere dell’Hotel Sans-souci: «Avvicinandomi, ho tirato fuori dalla tasca la bottiglia piatta di bourbon pregiato, posandola sul ripiano dietro il banco. Quindi ho fatto marcia indietro. Lui si è chinato per esaminarla, soddisfatto.» Sensazioni olfattive e gustative sono messe in movimento dalla vista del Bourbon, ma anche il dialogo va avanti a causa della vista del Bourbon. Il dialogo, che è uno degli elementi centrali dello stile di Chandler-Marlowe: «Fratello, con questa non ti ci compri niente. Ma non mi spiace l’idea di farmi un goccetto con te.» Ha aperto la bottiglia e posato sul banco due bicchierini, riempiendoli in silenzio fino all’orlo. Ne ha sollevato uno, e dopo averlo annusato con attenzione se l’è tracannato, col mignolo in su. Ci ha anche riflettuto bevendolo. Poi ha annuito. «Questo viene dalla botte giusta, fratello. Come posso esserti d’aiuto»? Quindi il bere che coinvolge tutti i sensi, diviene motore dell’azione strumento di un dialogo amichevole. Una situazione simile, ma differente perché molto diversa è la persona, accade quando Marlowe usa la stessa bottiglia di Bourbon per fare parlare Mrs Florian. Anche lei diventa loquace e dà degli utili indizi dopo avere bevuto almeno 4 bicchierini di Bourbon. Anzi, se lo scola tutto. Come si vede uno stile realistico, che tocca i cinque sensi, fa avanzare l’azione e presenta personaggi spesso fuori misura come l’indiano, per non parlare di Malloy.

Marlowe parla sempre in prima persona, ma più che altro cerca appiglio dialogico, cerca il dialogo, come è anche evidente  quando esprime un sentimento di paura della morte nel momento in cui si appresta ad incontrare Laird Brunette, di cui non sa nulla ma che lo fa tremare letteralmente di paura: Parlando con Red, che lo aiuterà ad entrare nella nave dove si trova Brunette, dice: «Ho paura della morte e della disperazione» ho detto. Dell’acqua scura e delle facce degli annegati e dei teschi con le orbite vuote. Ho paura di morire, di essere niente, di non trovare questo Brunette» Ha ridacchiato. «Per un attimo hai messo paura anche a me. Certo che sei bravo, a farti i discorsetti». Questo dialogo essenziale sulla paura della morte e del niente che potrebbe esserci dopo è ironicamente qualificato come discorsetto. L’ironia, il distacco e la valutazione critica delle situazioni, è pure un elemento della prosa e della concezione del mondo di Chandler. Ancora dal dialogo con Red che lo porta a trovare Brunette e che Marlowe vuole pagare: «Metti via ‘sti soldi. Ha detto Red. Mi hai già pagato anche il ritorno. Secondo me, sei solo spaventato. Mi ha preso la mano. Era forte coraggioso affettuoso, e giusto un po’ appiccicoso. Anzi, sei sicuramente spaventato.» Mi passerà. In un modo o nell’altro» Di nuovo il toccare, gli elementi tattili che suscitano sensazioni. Alla fine Marlowe riuscirà nell’intento di trovare l’assassino di Marriott e risolverà a suo modo la storia d’amore fra Moose Malloy e la temibile Velma Valento. Ma riuscirà anche nell’intento di migliorare i suoi rapporti con la polizia. Dunque un bel libro e una scoperta di un autore che può essere a buon diritto incluso anche nel modernismo.

Addio, mia amata Book Cover Addio, mia amata
Raymond Chandler. Trad. di Gianni Pannofino
Letteratura
Adelphi
2020
300 p., brossura