Anita Mancia, nata a Roma, ha lavorato 20 anni presso l'Istituto Storico della Compagnia di Gesù come assistente bibliotecaria ed Archivista. Ha collaborato con la rivista storica dell'Istituto con articoli sulla Ratio Studiorum, la pedagogia dei gesuiti, i gesuiti presi prigionieri dai pirati e recensioni. Presso l'editore Campanotto di Udine nel 2007 ha pubblicato un volumetto di poesie.

«Bisogna leggere I sonnambuli attentamente, lentamente, fermarsi sulle azioni insieme illogiche e comprensibili per vedere l’ordine nascosto, sotterraneo, sul quale si fondano le decisioni di un Pasenow, di una Ruzena, di un Esch. Questi personaggi non sono capaci di affrontare la realtà come una cosa concreta. Ai loro occhi tutto diventa simbolo (Elisabeth, simbolo della quiete familiare, Bertrand, simbolo dell’inferno), e quando pensano di agire sulla realtà non fanno che reagire ai simboli» 225. In Note ispirate dai «Sonnambuli» di Milan Kundera.

Anche noi dobbiamo leggere attentamente queste osservazioni di Kundera che ci fanno capire come i tre romanzi, ognuno diverso dall’altro, e con diversi protagonisti, eppure legati dallo stesso titolo e da una unità che il loro autore sente profondamente, siano fondati sul sistema del pensiero simbolico. Nessuno dei personaggi de I sonnambuli affronta la realtà per quello che è, ma in quanto foresta di simboli. Anche significativo è quello che pensa Broch a proposito dell’estetica del romanzo, del suo romanzo. Non si tratta di un romanzo «psicologico», ma «polistorico», termine che non piace a Kundera, locuzione che si deve ad Adalbert Stiffer, compatriota di Broch e fondatore della prosa austriaca. Polistorico «nell’ottica di Broch… vuol dire allora: mobilitare tutti gli strumenti intellettuali e tutte le forme poetiche per far luce su quello che solo il romanzo può scoprire: l’essere concreto dell’uomo» 228. Quindi abbiamo un pensiero simbolico nei personaggi del romanzo e una trasformazione profonda della forma del romanzo. Broch però non è riuscito nel suo intento di trasformarlo, ma almeno proprio per ciò che non è compiuto nel romanzo, ha mostrato la necessità di tre elementi o strutture importanti: 1. La necessità di una nuova arte dello sfrondamento radicale «che permetta di abbracciare la complessità dell’esistenza nel mondo moderno senza perdere la chiarezza architettonica); 2. di una nuova arte del contrappunto romanzesco (capace di fondere in una sola musica la filosofia, il racconto e il sogno); 3. Di un’arte del saggio specificamente romanzesco (che non pretenda cioè di essere portatore di un messaggio apodittico, ma resti ipotetico, ludico, o ironico» 229. Insomma, sia che Broch sia riuscito o meno nel suo intento, il suo romanzo sta alla base di una nuova estetica del romanzo retto da una logica simbolica, polistorico, anche se è una parola che non piace a Kundera che gli preferisce un’altra parola, quella del modernismo cattedratico, diverso da altri modernismi  più famosi come quelli di Musil e di Gombrowicz. Broch che scrive quando Hitler va al potere è meno noto degli altri due romanzieri. Ma il suo romanzo moderno «continua la stessa indagine alla quale hanno partecipato tutti i grandi romanzieri da Cervantes in poi». Perché è cattedratico il modernismo di Broch? «Dietro il modernismo cattedratico c’è un candido residuo di fede escatologica: una Storia finisce, un’altra (migliore) incomincia, fondata su basi interamente nuove. In Broch, c’è la melanconica consapevolezza che una Storia sta giungendo al termine in circostanze profondamente ostili all’evoluzione dell’arte e del romanzo in particolare» 230.

Dunque le note di Kundera ci fanno scoprire un romanzo nuovo, una nuova estetica e sono perciò molto importanti, molto più che semplici note in margine ai Sonnambuli, della cui pubblicazione si attende la continuazione.

Il protagonista del primo romanzo scritto nel 1888 «Pasenow o il Romanticismo» è appunto Joachim Pasenow, un tenente dell’esercito regio tedesco di Guglielmo I. Egli ha come amico, o come contraltare Eduard von Bertrand che aveva militato nello stesso esercito ma che poi lo aveva lasciato per seguire una vita borghese legata agli affari. Per seguire come lui dice, il suo demone.

In che senso Pasenow è definito un “romantico”, in che cosa consiste il suo romanticismo? Nell’indossare l’uniforme dell’esercito che è diventata un valore assoluto – qui il romanticismo – che si sostituisce al valore eterno ed assoluto incarnato dalla e nella chiesa. Ma facciamo parlare Broch, che ci spiega bene che cosa è una uniforme ed indica il suo valore romantico: «E poiché elevare all’assoluto ciò che è terreno denota sempre romanticismo, il rigoroso e autentico romanticismo della nostra epoca è quello dell’uniforme, quasi ci fosse un’idea sovramondana e sovratemporale dell’uniforme, un’idea che non esiste, e tuttavia è così potente da riuscire a catturare l’uomo con molta più forza di quanto non possa farlo una qualsiasi professione in ambito terreno, un’idea inesistente e tuttavia d’una potenza tale da rendere sì l’uomo in uniforme un posseduto dell’uniforme, ma in nessun caso un uomo dedito alla sua professione nel senso borghese del termine; e questo forse proprio perché l’uomo che porta l’uniforme è appagato dalla consapevolezza di rispondere all’autentica forma di vita del suo tempo e quindi anche alla sicurezza della propria vita» 26. Questa è una definizione dell’uniforme che potrebbe stare in bocca a von Bertrand (direi che rappresenta il punto di vista di Broch), e ciò la dice lunga sul ruolo che egli ha nel romanzo e nella vita. E’ critico del romanticismo del protagonista del romanzo, lo supera in un certo senso perché comprende che l’uniforme è un valore per alcuni assoluto, anche se nella realtà l’uniforme non sarebbe e non dovrebbe essere un valore assoluto e in realtà, l’autore lo dice due volte, l’assoluto dell’uniforme non lo è. Questo discorso sull’uniforme riguarda da vicino la struttura, il modo e ciò che l’uniforme riveste e la descrizione di essa copre sette pagine intere, da 26 a 32 del testo, ma in realtà lo percorre tutto. Bertrand, ironicamente ma concretamente aveva sostenuto che «un vero soldato non lascia mai sporgere i polsini dalle maniche della giubba, e questo perché tutto ciò che ha un legame con la nascita, il sonno, l’amore o la morte, in breve tutto ciò che fa parte del mondo dei borghesi, è una questione di biancheria; e benchè simili paradossi fossero sempre rientrati fra le consuetudini di Bertrand, non meno del lieve gesto indolente e altezzoso con cui era solito liquidare ciò che aveva appena detto, pareva ovvio che già allora il problema dell’uniforme doveva essere stato per lui motivo di riflessione» 29. Joachim, con la sua critica e disappunto di coloro che nelle camerate portavano la giubba sbottonata, aperta, finiva per essere d’accordo con lui.

Pasenow e Bertrand si incontrano dopo molto tempo, dopo anni, in un ristorante e Bertrand propone all’amico di lasciare la Germania. Gli propone in altri termini lo svago, così lo chiama lui, di entrare nelle colonie: «Be’, che altro potrebbe derivarne? Quel po’ di svago e di gloria puramente personali che la guerra procura ai diretti interressati. Certo, tanto di cappello al dottor Peters: se quest’uomo fosse arrivato prima, avrei sicuramente offerto il mio contributo, ma che altro potrebbe realmente derivarne, di fatto, se non un po’ di romanticismo? Tutto questo di per sé è già romanticismo – salvo l’impegno delle missioni cattoliche ed evangeliche, naturalmente, che svolgono un lavoro concreto e utile. Ma il resto – svago, nient’altro che svago» 37. Si noti che è sempre Bertrand a parlare di romanticismo sempre con un tono ironico, critico e un po’ altezzoso, tanto da far infuriare Pasenow. Bertrand è così lungimirante da considerare la possibilità, l’unica, che la chiesa ha di sopravvivere a se stessa nell’affidarsi alle masse dei neri che grazie alle missioni, potrebbero essere prima convertiti e poi diventare primi attori di una rinascita della chiesa al punto che persino il suo papa potrebbe diventare un nero.  Ma Pasenow non è d’accordo con il suo amico-nemico, pensa che egli sia in linea con una visione apocalittica della storia del mondo.

Perché il romanzo e tutta la serie dei romanzi benchè diversi fra loro, si intitola i sonnambuli? L’incontro e il bacio fra Joachim Pasenow e la prostituta Ruzena che egli trova nel foyer dello Jägerkasino e di cui si innamora divenendone amante, dà la spiegazione. Ed è una scena oltre-romantica. I due seguono il percorso del fiume fino a che arrivano alla casa di Ruzena: «Poi la carrozza si fermò davanti alla casa di Ruzena. Ma quando lui fece per seguirla, lei scosse il capo ed egli si voltò per andarsene; il dolore di quel distacco fu tuttavia così forte che, dopo pochi passi soltanto, Joachim tornò indietro e, sospinto dalla propria trepidazione e attirato da quella di lei, afferrò la mano ancora tesa nell’immobilità dello struggimento, ed eccoli due sonnambuli, che quasi in sogno già salivano la scala buia, scricchiolante sotto i piedi, eccoli che attraversavano l’ingresso buio finchè, nella stanza immersa nell’ombra di quel precoce crepuscolo carico di pioggia, si lasciarono cadere sul copriletto ruvido e scuro con i volti umidi, non sapevano  se di pioggia o di lacrime, per cercare di nuovo il bacio da cui erano stati strappati» 51. Una descrizione complessa del bacio, assolutamente più e oltre che romantica, sensuale, nel carattere e che spiega l’origine del titolo, i sonnambuli, quasi un sogno, non solo di questo, ma di tutti e tre i romanzi. La trepidazione e il cercarsi dei due amanti sono aspetti della logica del simbolo e di una sensualità, diversa dal romanticismo dell’uniforme perché i corpi vanno denudati per incontrarsi e per prendersi, che caratterizza queste pagine (48-52). Ruzena imperiosamente chiede a Joachim di togliersi lo sparato della camicia con un «tira via» e «allora fu tutto uno sciogliersi dei sensi, mollezza del corpo, respiro, e affanno nell’afflusso del sentimento, l’incanto che si sprigiona dalla trepidazione. Oh, trepidazione della vita, che fluisce dalla carne viva con cui sono rivestite le ossa» 52, questo è il commento dell’autore. La vita va ben oltre il romanticismo dell’uniforme.

Il romanzo modernista cattedratico prosegue secondo canoni ben precisi. La prostituta boema, Ruzena, viene liquidata con l’aiuto di von Bertrand che a nome di Joachim le paga una somma per il suo sostentamento e von Bertrand rinuncia a Elisabeth, di cui è innamorato, per lasciarla all’amico. La rinuncia di von Bertrand è fra le pagine più interessanti e profonde del romanzo 126-132. In definitiva Joachim segue la volontà del padre e sposerà Elisabeth ma questo si attuerà in modo estremamente diverso da come il lettore potrebbe immaginarne la conclusione. 198-209. Le brevi parole della quarta parte, comunque, riportano gli eventi successivi al matrimonio nell’ottica imposta dalla tradizione. Che è sempre un’ottica sospesa fra romanticismo e vita. Un romanzo modernista cattedratico che si legge piacevolmente perché il tono e il registro che lo impostano sono romantici, anche se i contenuti implicano una critica profonda ed una ironia aperta contro il romanticismo dell’uniforme che non solo occupa le parti iniziali, ma tutto il testo fino a dargli il suo sigillo e impronta costitutiva.

1888. Pasenow o il romanticismo. I sonnambuli Vol I
Biblioteca Adelphi
Hermann Broch. Trad. di Ada Vigliani
Letteratura
Adelphi
2020
230 p., brossura