Luca Morettini Paracucchi, nato il 24 febbraio 1988. Lucchese da tutta la vita, Viterbese da qualche tempo. Ho una passione molto forte per ciò che riguarda il cinema, la letteratura, la musica, il mondo dei fumetti e dell'arte in generale. Tra le mie passioni hanno un posto di rilievo il mondo del punk e certi aspetti della cultura cosidetta nerd. Scrivo da quando avevo otto anni, recentemente ho ripreso dopo un periodo di stop. Spero sia la volta buona

Probabilmente è sempre stato così, ma da diversi anni a questa parte guardiamo al panorama artistico con una diffidenza molto aspra e molto spesso il nostro sguardo si rivolge al passato con una malinconia eccessiva. Nessuno stimolo, nessuna novità, niente che sembri entusiasmarci veramente. Farsi largo in un magma dove tutto appare scontato e senza nerbo al fin della fiera risulta controproducente, perché nel momento in cui sembra emergere qualcosa d’interessante non si è mai davvero sicuri se lo sia davvero o se le nostre sensazioni svaniranno in una bolla di sapone.

Myss Keta (Foto da rollingstone.it)

Myss Keta è un personaggio che cammina sulla lama di un rasoio in quanto fa parte di quelle categorie che riguardano, di volta in volta, il rap, la trap, il concetto di musica commerciale, il trash. Tutto ciò insomma che, di solito, non riceve plausi dalla critica e aggettivi troppo benevoli. Eppure, è un personaggio interessante perché il suo concepimento e il modus operandi del progetto che le sta intorno lo sono altrettanto. Essa infatti è il frutto di un’idea del collettivo Motel Forlanini e già col primo video pubblicato su internet nel 2013, la contestata “Milano, sushi e coca”, venne gettata la base della filosofia insita dietro al personaggio: raccontare in bilico tra la realtà e la fantasia, tra l’esagerazione e l’autenticità il mondo delle culture di Milano. Non è un’esagerazione dire che il personaggio e le canzoni di Miss Keta stanno alla musica come La grande bellezza di Paolo Sorrentino sta al cinema perché entrambi parlano di un nemico esagerato nella sua forma e lo fanno utilizzando le loro stesse parole, linguaggio ed icone.

La chiamano diva, rapper dall’attitudine punk questa bionda formosa il cui volto è sempre coperto da occhiali da sole e un velo. Un successo non immediato ma che si è concretizzato nel tempo e ben presto, oltre ai dischi, è arrivata puntualmente la sua biografia dal titolo “Una donna che conta”, come una delle sue canzoni più celebri.

Premessa: chi scrive non trova assolutamente il senso nei libri biografici fatti pubblicare ad artisti appena spuntati, come se ci fosse un’ansia assoluta di voler raccontare tutto e subito. Nascono quindi libri adornati da decine e decine di foto e dalle informazioni personali più insignificanti possibili. Alla fine, non è vero, il senso lo trovo e si riassume in una sola parola: guadagno. Allora mi correggo, non lo condivido.

Ma Myss Keta è un personaggio strano, diverso da tanti altri, nata dal mistero e quindi questo libro, per forza di cose, non può essere una biografia vera e propria. Una donna che conta è semplicemente la sua musica da sfogliare, l’entrata dentro una vita che non esiste ed è tutto e il suo contrario. Quasi fantascienza. E’ il ritratto di una donna regina, icona, sfrontata, glamour, ribelle, seducente, dominatrice. E’ la “vera” storia delle sue gloriose serate mondane in mezzo alla moda, all’alcool che scorre al posto del sangue, alla vita notturna esagerata. Il racconto di una donna vincente, amante del Gabibbo, creatrice di “Striscia La Notizia”, vera musa di Salvador Dalì al contrario della sua controfigura, tale Amanda Lear.

Inutile domandarsi se tutto ciò abbia un senso. Si naviga in tutto quello che il progetto dietro a Miss Keta tratta, a cominciare da quell’assurda canzone del 2013 tranquillamente etichettabile come trash, che tanto piace pronunciare in questi ultimi anni. E’, come detto precedentemente, il racconto di un mondo lontano dalla quotidianità, un mondo fatto di lusso, feste, luci, locali e che viaggia di pari passo col cattivo gusto, spesso andando a braccetto. Non è una lettura solo per i fan, ma ci si può approcciare anche chi questa donna non l’ha mai ascoltata in vita sua. Le porte per capire e non capire questo assurdo mondo non vengono precluse a nessuno.

Onestamente, non so fino a che punto valesse la pena di scrivere una recensione su un libro così. Ma nella sua voce a metà tra l’annoiato e il recitato, i videoclip folli e quella musica dall’impronta personale ho visto qualche cosa che ha attirato la mia simpatia. Probabilmente non stiamo parlando del futuro della musica italiana, ma in questi tempi dove nulla sembra impressionarci e scuoterci davvero anche una semplice simpatia può fare la differenza.

Una donna che conta Book Cover Una donna che conta
Myss Keta
Biografia musicale
Rizzoli Lizzard
2018
160 p., ill., brossura