Laureato e specializzato in storia dell’arte all’università degli studi della Tuscia. Dopo aver discusso due tesi di laurea su Andrea Pazienza continua lo studio dell’artista realizzando il lavoro di riordino e di digitalizzazione dell’archivio e curandone la mostra “Segni Preliminari”. Cura la rubrica Fumo negli occhi. “Recensioni critiche” di graphic novel. Le recensioni vengono pubblicate su Move magazine sulla pagina Facebook Fumo negli occhi e su Fandangoeditore.it. Direttore artistico di una sezione del Festival Caffeina e assistente alla direzione artistica di Quartieri dell'Arte.

Ecco la critica dell’opera di Emanuele Paris per il progetto 30x30x30

Emanuele Paris è libraio, figlio di librai. Gestisce l’attività di famiglia cercando di far quadrare i conti in questa strana epoca di transizione. Parallelamente, senza velleità particolari e con quella libertà che deriva dal fatto di non dover creare “per soldi”, Paris porta avanti una personale ricerca artistica basata sull’estetica del segno grafico. L’incrocio fra testo e immagine è il tema. Il testo scritto è retrocesso nell’universo dei significanti esplicitando il proprio potenziale visivo. Il testo diventa immagine. Per testimonare questa sorta di “traduzione”, Paris mette in scena la “liberazione dalla dittatura del significato”. Per farlo, stilizza il segno, lo cifra. Nello specifico, il livello di astrazione è molto pronunciato, la semantica completamente sacrificata per far emergere prepotente l’estetica del nero su bianco. 


Il supporto è foglio bianco. I segni, (para)paralleli e ruotati di 90 gradi, sono astrazione grafica di un testo scritto a mano. Ma, nel momento in cui si svincola il segno dalla necessità di veicolare il senso, succedono cose non sempre prevedibili. Possono palesarsi nuove dimensioni di senso, molto meno oggettive. Atmosfere, più che correlazioni fra segni e referenti. Le suggestioni soggettive sostituiscono l’oggettività della grammatica e della sintassi. Emerge una poetica in bilico fra arte concettuale e arte decorativa dove la prima è temperata dalla seconda e viceversa, in un rapporto dialettico di reciproca dipendenza. 
L’operazione artistica di Paris, sabota un codice (quello linguistico) per definire i connotati di uno nuovo che, per ovvie ragioni, è meno strutturato e più evocativo.
Segni paralleli e paragrafo giustificato a riempire di striscie nere uno spazio bianco. Al centro, una serie di strisce rosse. Come a simboleggiare una rottura. Una stonatura all’interno di un coro. Un’onda anomala.
L’omologazione è interrotta da un cambio radicale all’interno di una continuità. I segni rimangono tali (paralleli, equivalenti ed equidistanti), ma cambiano di colore. Rosso come il colore della rivoluzione a sostituire il nero, il colore della reazione.
Non è difficile cogliere i “parallellismi” (mai parola più azzeccata) fra l’opera di Paris e i millelire. Chi può “raccontare” la rivoluzione editoriale dei millelire meglio di un artista/libraio impegnato in una ricerca artistica basata sull’estetica della pagina scritta?

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