Nato a Verona nel 1963, Laureato in Storia Moderna a Bologna, 1992, con Lucio Gambi e Laura L. Minelli. Lavora attualmente nel ramo editoria.

A dirla tutta, ho iniziato la lettura di questo romanzo piu per interesse professionale (lavoro nel circuito editoriale) che per reale curiosità. Sia il titolo (non di così immediata comprensione per chi non conosca bene la Romania del periodo comunista) che la copertina non mi avevano preso per mano. Lo ha fatto invece – sin dalle prime righe – la splendida prosa di Lazar: prosa classica per misura, equilibrio di eleganza e precisione che mi ha rimandato con immediatezza a maestri e giganti come Cechov, Dostoevskj..
“Alla fine degli anni Settanta, Elena Cosma lavorava come ostetrica in un ospedale di Bucarest. Ogni giorno arrivavano in reparto donne in procinto di partorire, e non di rado alcune di loro abbandonavano il neonato subito dopo l’espulsione..”

Inizia cosi il racconto di una vicenda terribile (e non si pensi ad Oreste..) dove – come in ogni Tragedia che si rispetti – non v’è salvezza possibile per nessuno dei protagonisti.
Siamo nella Romania del “genio dei Carpazi”, non troppo lontani dall’ora e dal qui: un luogo ed un tempo dove l’umanita ha vissuto sotto regole assurde, in condizioni assurde e contraddittorie per la vita stessa, tanto da poter generare tristi vicende come quelle narrate nel libro.

A noi oggi – per me lo è stato – pare quasi impossibile (leggere la storia – individuale e collettiva – narrata da Lazar ci riporta con la mente molto più indietro nel Tempo, a vicende e miserie che forse solo in qualche racconto dell’Ottocento russo potremmo aver incontrato se ne avessero scritto con tanta chirurgica precisione..) eppure..
Non mi va di svelare qui la trama: basti cogliere il pathos da quel poco cui accennavo.
Perché poi lo splendore del libro sta essenzialmente nel contrasto creato tra il buio profondo delle vicende descritte e la luminosità eterea della prosa, che fa da controcanto alla storia ed è ciò che alla fine ci salva, come lettori, dal rischio di essere completamente assorbiti dal nero assoluto di quell’umanità smarrita che sono i personaggi del libro (o, se volete, della delirante “grande” Romania di Papa’ Ceausescu). In verità vi sono anche nella trama (e qua e la’ in alcuni dei protagonisti – finanche nel terribile personaggio del sindaco) degli sprazzi di luce. Ad esempio nella descrizione incantata di una nevicata notturna, che bloccherà poi il paese con nefaste conseguenze, ma per qualche istante lo rende anche candido, finanche bello, al lettore. Oppure nella indelebile scena della sortita della bimbetta L., che da un uscio secondario dell’ orfanotrofio si reca, scalza e camicione da notte, sulla tomba del fratellino, dove finalmente lontano da incubi e violenze, riuscirà a rannicchiarsi in un immaginario abbraccio e addormentarsi.

A me pare, anche da queste cose, che Lazar non abbia voluto parlarci solamente del suo Paese a quei tempi. Si evince da come tratta la materia, dalla cura e dedizione (si potrebbe dire anche “dolcezza”) con cui scrive di quell’umanità, che le stia a cuore ben di piu: la nostra umanità, forse.
Perché Lazar sembra indicarci delle cose che in determinate circostanze – estrema miseria materiale e morale in quel caso – potrebbero renderci – noi umani d’oggidì – ancora quelle cose la: esseri forse più simili a bestie (ed Engels direbbe forse:”ci scusino le bestie“) che a “figli di un dio”. E non serve riandare sempre e solo al Nazismo, per comprendere quanto ciò sia ( stato) storicamente possibile.
Insomma: il buio piu tetro e la luce piu candida sono dentro di noi, forse non tanto individualmente (Lazar non giudica mai i suoi singoli personaggi, anzi la sua prosa è segno amorevole ) quanto collettivamente. Sono condizioni esterne ad accendere o staccare la luce. Ma poi, una volta fattosi il buio, diventano più aguzzini gli indifferenti che i carnefici stessi.
Sembrerà difficile credermi, stante la materia, ma “Figli del diavolo” è uno di quei libri che non si scordano una volta letti.

Figli del diavolo Book Cover Figli del diavolo
Liliana Lazar. Traduzione di C. Diez
Narrativa
66th and 2nd
2018
233