Alessandro Petruccelli, Il sentiero del riscatto
Di Antonio Celano
Cosa rimane nella memoria degli italiani del mondo contadino e di quella civiltà? Credo pochissimo. Il patto con quella dimensione è stato sciolto. È forse anche per questo motivo che la prosa di Alessandro Petruccelli, nel suo Il sentiero del riscatto, rispetto alle prove passate, si fa un poco meno asciutta e, attraverso il riaggallare della memoria, rende una scrittura che in certe pieghe acquisisce quasi un retrogusto di favola o di esperienza di vita lontana che è nostalgia, ma ormai lenita di amarezze.
Una nostalgia che è quella di chi è stato abbastanza fortunato per essersi potuto riscattare – attraverso lo studio – dalla terra come luogo quasi sempre ingrato di lavoro, pur rimanendo turbato testimone di quell’emigrazione all’estero che ha reso la campagna – soprattutto quella meridionale – il ventre de-antropizzato e rinselvatichito che oggi conosciamo appena ci allontaniamo dall’ultimo agriturismo à la page. Cioè quel morente osso appenninico per cui – come appare nel “Piano strategico delle aree nazionali interne” da poco reso noto – è stata certificata una struttura demografica compromessa senza che i governi di ogni colore politico succedutisi in questi ultimi decenni – a fronte di studi anche abbastanza circostanziati – abbiano tentato di porvi mano.
La generazione di Alessandro Petruccelli, in altre parole, è quella degli anni appena precedenti e appena successivi alla Seconda mondiale. Quella dell’emigrazione verso il Brasile, la Germania, l’Australia; quella, per meglio intenderci, che prima di abbandonare i campi, come in preda a un muto livore, ha tutto distrutto, tutto bruciato, cauterizzando persino la possibilità del ricordo. E basterebbe, per questo, leggere l’apocalittico Un giovane di campagna, pubblicato da Petruccelli per la prima volta nel 1973 e poi più volte ridato alle stampe. Tuttavia, è anche quella dei pochi – come lui – che hanno potuto riscattarsi seguendo il difficile sentiero che è quello del titolo: per sua natura stretto, tortuoso, ostacolato come quello che può incedere in un bosco. Un riscatto perseguito ostinatamente in condizioni disagiate sia per la distanza fisica delle masserie dalle scuole sia, per i giovani di campagna di allora, per l’assenza di sconti detraibili dal normale lavoro nei campi richiesto dai genitori.
Il sentiero del riscatto è, dunque, un libro consuntivo che si snoda lungo il quaderno-diario che, di volta in volta, Vincenzo aggiorna. Ed è la lunga storia d’amore (tortuosa anche questa) tra Vincenzo e Rosaria, i due giovani che, partendo dalla campagna ogni mattina per andare a scuola imparano a conoscersi, ad attraversare la difficile adolescenza e ad affrontare una maturità mai regalata né scontata, anche tra reciproci e dolorosi fraintendimenti (perché, lo scriveva Nietzsche: “Le stesse passioni nell’uomo e nella donna hanno un tempo diverso: ecco perché uomo e donna non cessano mai di fraintendersi.”). Un rapporto, alla fine, sfiorato dalla malattia, dalla morte e da un’insperata “resurrezione” alla vita.
Ma Il sentiero del riscatto è anche il romanzo di una giovinezza e di un riscatto sempre accompagnati, nel suo evolvere, dall’occhio ubiquo della comunità contadina che le sta intorno: a volte incoraggiante e partecipante, a volte sospettoso e svilente perché, in fondo, a fare i figli migliori dei genitori ci sarebbe da restarne fregati due volte: per la perdita di braccia e per l’elevazione a quelle classi da sempre ostili al mondo rurale. “Ero considerato come uno che stava facendo il passo più lungo della gamba e se avessi fallito nel portare al termine il mio progetto la cosa sarebbe stata vista come una conseguenza del tutto naturale.”, fa dire Petruccelli a Vincenzo ben sapendo, per averlo vissuto sulla pelle, cosa stia mettendo in bocca al suo personaggio. E questo anche per dire che, nonostante i tanti arcadi cantori della campagna quale Età dell’Oro perduta, il mondo contadino, come tutte le civiltà, non è stato, molto spesso, meno feroce delle società che l’hanno sostituito. Eppure non tutto è stato così e non è mancato il sostegno se, come dice ai ragazzi l’entusiasta venditrice di uova Natalina: “Io vi voglio bene perché state dando un grande esempio a tutta la nostra zona. Finora, nessuno qui ha fatto per lo studio i sacrifici che fate voi. Io vi loderò ovunque andrò.” Persone alle quali Vincenzo e Rosaria rispondono ancora come ingessati, avviluppati come sono nei loro imbarazzi e pudori di adolescenti non aperti a un mondo che andranno solo in seguito a scoprire e a vivere. Semmai, ancora calati in una sfera di innocenza che spinge – tra gli altri esempi – a una sorta di tenero ringraziamento sospeso tra il sacrificio agli dei benevoli, la santità di Francesco e l’attenzione “al frutto”, al negozio di certe fiere contadine: “Care mucche, – prega laicamente il piccolo Vincenzo – grazie per avermi fatto studiare. Con l’ingrasso e la vendita dei vostri vitelli, io ho potuto comprarmi i libri, i vestiti, le scarpe e pagarmi l’abbonamento alla corriera.” Ingenuo ringraziamento, certo, ma non meno vero.
Ma è da queste condizioni socio-esistenziali che la generazione di Vincenzo uscirà, dopo gli studi e dopo aver fatto la propria silenziosa rivoluzione senza manifesti né polvere da sparo. È il momento in cui Filippo, collega di Vincenzo, alla festa di laurea messa su dai pochi colleghi appena usciti dalla discussione delle tesi, può dire: “Abbiamo studiato perché i nostri genitori avevano sempre torto, abbiamo studiato perché a guardia delle nostre case c’era seduta la povertà, abbiamo studiato perché portavamo vivo nell’animo il fuoco delle bombe… Fino a qualche anno fa la cultura era prerogativa di pochi privilegiati, oggi appartiene anche a noi che siamo figli di operai, di contadini o di artigiani… È stata una rivoluzione la nostra e l’abbiamo fatta in silenzio e sottoponendoci per anni a disagi e sacrifici.” Un altro patto oggi, certo, liquidato in via definitiva, ma che non sarebbe giusto dimenticare perché, anche nella memoria – e Petruccelli lo sa – c’è una possibilità di riscatto.
Il sentiero del riscatto
Letteratura
Editori Riuniti
2024
174 p., brossura















