Sono nata a Vicenza, città che ha visto la mia partenza e il ritorno, dopo anni passati a Roma, prima all’università e poi a confrontarmi con il mondo del lavoro. Ho fatto l’attrice, la presentatrice televisiva, l’adattatrice dei dialoghi per il doppiaggio. Sono passata sulle tavole dei palcoscenici, negli studi televisivi, tra le scenografie di Cinecittà, sono entrata nelle case di grandi maestri, conosciuto la vita di artisti e di piccoli artigiani, percorso le strade della città eterna. Ho avuto molti giorni felici nella capitale, incontrato tante persone, dalla più umile alla più boriosa, respirato l’aria di una città elefantiaca e affascinante, guardato mille tramonti con la quinta di un colle punteggiato di pini dagli alti fusti o attraverso archi e fori della sua grandezza. Ho fatto progetti, mi sono disperata, ho stretto amicizie, le ho perdute. Fino al momento in cui è diventato tutto più chiaro: abbandonare Vicenza significava abbandonare un’idea di creazione attraverso la scrittura. Non so perché ma è stato così. Oggi tutti desiderano scrivere, molti lo fanno, sembra facile, meno semplice è crearsi gli strumenti adatti, far crescere un talento mai affinato. Così ho lasciato Roma per Milano e Milano per Vicenza, la mia città. Ora esploro le mura del mio studio. Il resto lo trovate sul suo sito rossellapretto.com

Voci di donne dal nord

Di Rossella Pretto

Con un po’ di svagatezza estiva ti poni in ascolto delle voci di donne il cui volto appare dalle pagine dell’antologia pubblicata da Crocetti editore. Sono Eva Ström, Ann Jäderlund e Linnea Axelsson – Voci di donne dal Nord (cura di Maria Cristina Lombardi, pp. 224, euro 18) -, poetesse svedesi di diverse età e provenienze (Axelsson, ad esempio, canta una sorta di morbida epopea lappone), di ispirazioni plurime e con origini che risalgono alla coscienza, glaciali e tramate di silenzi e stupori.

La più grande, Eva Ström, ha formazione medica e una limpida, verde vena a cui attingere per regalare vertigini agli alberi, all’esperienza che se ne fa.

Scrive:

Con un bosco nel mio nome sento gli alberi chiamarmi

chiamarmi con foglie e chioma, rami e tronco,

chiamarmi con ogni anello al bosco di anelli, bosco di pioggia, da ogni vaso

che scorre nel tronco e

dove la linfa sale dall’humus delle radici alla chioma

questa mattina ho bisogno di sapere

da quale tipo di albero fu intagliata la scultura di Santa Brigida nella chiesa di Vadstena.

Era tiglio, frassino o quercia?

Com’era, come fu abbattuto e in quale stagione?

Era un tiglio che serbava il ricordo delle sue foglie a cuore,

la sua trama sottile o i fiori gialli gocciolanti miele

che tu sentivi fin nell’estasi e si sparse nel tuo viso dissolto

e si avvicinò a Dio in un’unione che dalle estreme punte dei rami

scese fin giù alla radice che si torceva godendo.

Brigida, accetti questa corona, chiese Dio, ed io udii

la domanda e disegnai su un cerchio di carta da dolci la santa

nell’attimo in cui la domanda scoccò come freccia di frassino

e trafisse il suo corpo tremante. Sì, rispose, sì, sì e sì,

e in quell’istante si trasformò in albero e legno,

per l’eternità avrebbe avuto per testa la chioma del tiglio,

foglie invece di parole, e donato ombra come fanno i grandi alberi

a chiunque cercasse rifugio in lei

dalle parole ardenti.

E lascia anche te tremante, come Dio con il frassino o con la santa patrona di Svezia che scrisse 8 volumi di rivelazioni e il cui corpo riposa nel monastero di Vadstena, a parte alcune reliquie romane. Perché è sempre la domanda che scocca precisa e ferisce, se ben posta. Così credi. E domande qui ce ne sono, parecchie, una sapienza antica, forse tutta femminile, fatta di terra e sangue, fatta di parole intrecciate in racconti. Come in “Dio e il Baobab”:

Quando Dio vide che l’alto Baobab cresceva

dritto verso il cielo, s’indignò e strappò l’albero

con tutte le radici gettandolo a testa in giù nel terreno

finché la sua chioma non sprofondò sotto terra

mentre le antiche radici, piccole e rattrappite, divenivano una misera chioma

senza più traccia dell’antico orgoglio.

Chi passa accanto all’albero di baobab Kondanamwali

può sentire le tormentate grida

di quattro fanciulle prigioniere:

l’albero se ne era innamorato e, adirato, serrate

le aveva nella corteccia, quando cercarono

amanti più umani. Nessuno osa cogliere i suoi fiori bianchi, nemmeno il fulmine

perché chiunque ne spezzi un ramo

viene punito dalla sua ira, così che mai

i bouquet nuziali delle fanciulle possano lasciare l’albero.

La conoscenza è come il tronco di un baobab, nessuno

ha braccia sufficienti ad abbracciarla ma l’acqua vi scorre dentro

quando gli elefanti in tempo di siccità strappano la corteccia

per bere dalla fonte mormorante. E il leone

riposa là, all’ombra.

Di Dio e del Baobab.

Che splendida, splendida poesia, quanto possiamo amarla? Te lo chiedi e non vuoi risposta, solo stare in quell’eterno desiderio poetante che si scatena tra i versi e li abita.

Lasci anche una poesia di Ann Jäderlund – questa, disturbante, insonne, come colei che l’ha scritta e il cui senso per l’esistenza non si compone, rimane a sbrani:

Le notti sono anche bianche

Come se

non ci fossero

Con una sorta di orli

vagamente delineati

Cosa faremo

di tutto ciò che

non sappiamo

Quello che non esiste

si insinua nel tutto

e prende il suo posto

I fiori di lupino sul tavolo respirano

L’erba alta

l’abbiamo falciata

Non si può dormire

Ogni mattina sorge

lo stesso giorno denso

Che cosa terribile

tutti questi impulsi

che semplicemente scompaiono

perché sono abbandonati

Come detto sopra, Linnea Axelsson canta invece il suo popolo, i Sami, le usanze, una lingua in dissolvimento.

Solo qualche verso dal poema Ædnan, vincitore del premio August:

La lingua

svedese cresceva

lungo i pensieri

La lingua sami dormiva

da tempo nel corpo

bloccata

dentro

dalla vergogna

Non viene bloccata però in questo bel poema che descrive la vita di due famiglie nomadi legate ai cicli naturali e magici della transumanza.

Da ascoltare in tempi di compulsiva voglia di esserci e di contare!

Voci di donne dal nord Book Cover Voci di donne dal nord
Eva Strom; Ann Jaderlund; Linnea Axelsson. Trad. di Maria Cristina Lombardi
Poesia
Crocetti
2025
224 p.,