Tuscia in ginocchio
Di Geraldine Meyer
Fede e devozione. Non sono la stessa cosa ma, in alcuni contesti, sono una cosa sola. E la Tuscia (intesa come provincia di Viterbo) è sicuramente un contesto del genere. Meglio ancora, più che di devozione, sarebbe il caso di parlare di devozioni. Santi, patroni, compatroni che, come giocatori “in panchina” diventano, a furor di popolo, più importanti dei titolari. Ogni paese il suo, immerso nella storia, in tradizioni antichissime, leggende. Uno spartito identitario per ciascun borgo.
Tuscia in ginocchio, di Vincenzo Ceniti, edito dalla viterbese Sette Città, è un viaggio attraverso questa terra proprio dalla prospettiva della religione popolare che, se a volte può apparire ingenua, disegna però un quadro di estremo interesse per comprendere l’antropologia stessa di un territorio e delle sue genti.
Ceniti, console di Viterbo del Touring Club è persona che conosce molto bene la Tuscia, da molteplici punti di vista e con questo testo offre al lettore la possibilità di un percorso interessante e curioso tra patroni, patrone, reliquie, feste e processioni che costellano l’intero calendario di liturgie e manifestazioni tra “sacro e profano”.
Partendo da Viterbo, con la sua Santa Rosa, il viaggio prosegue attraverso i paesi della provincia in ordine alfabetico. Per ciascuno uno o più santi martiri la cui storia si perde nella notte dei tempi e anche attraverso uno spazio che travalica i confini della Tuscia stessa e, spesso dell’intera Italia. Santi e sante, a volte leggendari al punto da non essere davvero mai esistiti ma, quasi sempre invece, profondamente legati al singolo borgo. Miracoli, aiuti, invocazioni. Un trascendente a cui guardare per affrontare la vita di tutti i giorni che, allora, era legata a guerre, pestilenze, stagioni agricole ma anche contese politiche. E che, anche oggi, forse meno trascendente di un tempo, resta però memoria viva, tradizione, forse più fede rappresentata che fede vera ma, non per questo, meno vissuta e sentita come qualcosa di molto forte e, come si diceva all’inizio, fortemente identitario.
Qualcosa che mescola devozione e cultura culinaria, fede e cibo, celebrazioni e feste di piazza. In un unicum che, in alcuni casi, suscita l’interesse anche di chi arriva qui come turista e visitatore. Ogni paese parla una sua lingua molto personale e, non vi è dubbio, le lettere che la compongono sono anche le diverse devozioni, i diversi amori per i propri santi e ciò che la loro storia racconta della storia stessa dei diversi borghi.
Un libro che si legge con estremo interesse e curiosità perché dietro un patrono o una patrona c’è spesso la carne viva di un luogo, un’eco che, anche se in alcuni casi le persone non lo sanno neanche più, continua a ricordare (o almeno a mettere in scena) legami profondissimi tra cultura, società, tradizione e vita vissuta.

Fuori collana
Storia locale
Sette Città
2025
242 p., brossura