Emanuele Martinuzzi, classe 1981, Pratese. Si laurea a Firenze in Filosofia. Alcune delle precedenti pubblicazioni poetiche: “L’oltre quotidiano – liriche d’amore” (Carmignani editrice, 2015) “Di grazia cronica – elegie sul tempo (Carmignani editrice, 2016) “Spiragli” (Ensemble, 2018) “Storie incompiute” (Porto Seguro editore, 2019). Ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Ha partecipato al progetto “Parole di pietra” che vede scolpita su pietra serena una sua poesia e affissa in mostra permanente nel territorio della Sambuca Pistoiese assieme a quelle di numerosi artisti.

Amleto e il potere

Di Emanuele Martinuzzi

L’appiattimento delle ideologie, delle visioni critiche sul mondo, ma ancor più profondamente della centralità dell’uomo nell’interpretare o modificare la realtà, ossia si potrebbe proprio dire della mancanza di un umanesimo, invece che portare idee più libere, pacificanti, oggettive, in seno all’occidente contemporaneo, ha voluto dire, per una serie di ragioni storico-filosofiche, alcuni direbbero paradossalmente “ideologiche”, appiattimento e livellamento anche delle idee, sfiducia relativistica nel confronto che queste produce e articola, ma non nel relativismo che queste atomizza, allontana, non meno cristallizzazione in anacronistiche visioni, non più supportabili da una concreta prassi nel contesto attuale anche politico, oppure nuove forme di barbarie senza ideologie né idee, e di conseguenza, per reazione, sfiducia in ciò che è umano, opinabile, dialettico, storico alla fin fine, e fiducia, alcuni direbbero quasi “feticistica” o addirittura “teologica”, in ciò che è unificante, ossia tecnico, numerico, economico, burocratico.

Orazio dice che è un errore soltanto della nostra imaginativa: nè vuole accordar fede alla esistenza dello spaventoso spettro, che abbiam visto due volte. Perciò, dopo molte preghiere, l’ho indotto a venir nosco perchè vigilasse la notte, onde se l’apparizione
ritorna, possa render giustizia a’ nostri occhi, e favellarne.1

Questa fiducia, privata dell’ampio respiro ideale della critica filosofica, della prospettiva relativizzante della storia e dell’esperienza artistica nella sua connotazione inattuale, ossia dell’umanità intesa come fulcro creativo, però non è esente dal creare contraddizioni reali, etiche, storiche e politiche, ossia da vivere anch’essa in un rimosso inconfessabile, in un terrore silente ma onnipresente, ossia che questa forma contemporanea di razionalismo sia produttrice suo malgrado di irrazionalismo, che l’efficienza si dimostri infine inefficiente, il progressismo regresso, lo sviluppo involuzione, l’ordine caos, l’unione disunione, tutte contraddizioni taciute, inaccettabili, sempre inattese, a volte insanabili, che minano questa stessa fede razionale nel mondo contemporaneo e nei suoi valori.

È visione atta a turbar l’occhio della mente. Ne’ tempi più floridi di Roma, pochi giorni prima della caduta del gran Cesare, le tombe vedovate rimasero senza ospiti; i morti co’ loro lenzuoli vagolarono per le vie, mandando urli lamentevoli; le stelle dardeggiarono code fiammanti; una pioggia di sangue cadde dalle nubi; segni funesti velarono il sole; e l’umido pianeta, sotto l’influenza del quale è posto l’imperio di Nettuno, andò soggetto ad una eclisse simile a quella che oscurerà l’ultimo dì del mondo. I medesimi precursori  delle  sventure  della  terra, araldi  che precedono sempre i destini, preludi fatali dei terribili avvenimenti che ci pendono sopra, tali presagi si sono tutti veduti nella terra e nel cielo per avvertire il nostro popolo.2

Inoltre se anche la razionalità tecnica o burocratica, caricata di quella fervida fiducia che si ripone in un culto infallibile, dimostrasse la sua fallibilità, il suo essere temporanea e così i suoi valori, considerati come universali, finali, “escatologici” per certi versi, invece si dimostrassero storici e positivi, connaturati all’umanità e alle sue intrinseche contraddizioni, allora vorrebbe dire che tutto è fede, e quindi tutto ermeneutica, interpretazione, aperta alle derive di ciò che storicamente diviene e proprio per questo creativa, non unitaria o unificabile, se non per astrazione o formalismo, bensì in realtà molteplice, imprevedibile effetto di una volontà umana troppo umana, quindi inconscia, talvolta anche violenta o incontrollabile, ossia l’opposto di ciò che si presume essere la fede contemporanea in ciò che è tecnico, razionale, automatico, burocratico.

Sembro, signora? no, sono; ignoro i finti sembianti. Non è solamente il nero colore di questo mantello, buona madre, queste gramaglie indossate per costume di solenne duolo, questi caldi sospiri d’alitar singhiozzante, questo rivo di lacrime, questa fronte squallida e abbattuta, e tante altre apparenze che possono manifestare il mio dolore; apparenze che ognuno può simulare; ma è qui, dentro di me, ch’esso s’asconde, nè il resto è altro che forma e pompa.3

Anche il migliore dei mondi possibili custodisce in sé un lato oscuro, rimosso, spettrale, e non potrebbe essere altrimenti. Più si ricerca l’unità ideale astratta e più cresce e si amplifica la frammentazione reale. Inoltre paradossalmente è proprio la presenza silente di questo rimosso violento e terrificante, che amplifica la fede nella stabilità dell’ordine visibile, nell’avvenire progressivo e totalizzante che questo solo sembra garantire, supponendo così che tra la manifestazione del mondo ordinato e la rimossa violenza, o il remoto terrore, non ci sia nessuna connessione diretta o indiretta, come se fossero in realtà due universi distinti e non comunicanti, che procedono paralleli sfiorandosi di tanto in tanto, sempre violentemente data l’opposta natura che li caratterizza, ma senza compenetrarsi né generarsi in qualche modo a vicenda, come se scegliendo l’uno si allontanasse di conseguenza l’altro.

Oh perchè questa massa di terra troppo indurita non può ella ammollirsi per dolore, e fondersi in flutti di lagrime? o perchè l’Eterno vibra egli le sue folgori contro coloro che si tolgono la vita? Dio! Dio! come vane, incresciose e pallide mi sembrano tutte le gioie di questo mondo; come io le disprezzo e quanto ne vo fastidito! Un campo è questo incolto che non si cuopre che di amari frutti di natura aspra e selvaggia… A tanto si è giunti…! due mesi dopo la sua morte!… No, non ancora due mesi!!!…4

Si può dire che l’appiattimento delle visioni critiche sul mondo contemporaneo e l’assenza indotta di umanesimo spirituale, sia quindi congeniale ad un mondo unificante, materialistico, tecnico e anti- dialettico, che riesce a tollerare compiutamente solo se stesso, di conseguenza nessuna opposizione effettiva, o perfino nessuna dialettica radicale interna a sé, né quindi libera espressione dell’umanità in definitiva, che possa essere considerata razionale, legittima, affidabile, generatrice di senso, costruttrice di mondo. In questo senso ciò che si oppone o differisce deve avere sempre e comunque la maschera del caos, della violenza, dell’assurdità, della follia, della morte, ossia i volti nascosti e rimossi di questo stesso mondo contemporaneo.

Se si presenta a me sotto l’aspetto del mio augusto padre, gli parlerò, dovesse l’inferno, spalancando le sue voragini, impormi silenzio. Vi scongiuro tutti, se finora avete conservato il segreto su questa apparizione, conservatelo ancora, e checchè possa avvenire questa notte, confidatelo al vostro pensiero ma non alla vostra lingua; da ciò conoscerò la vostra amicizia per me. Addio tutti; fra undici ore e mezzanotte vi raggiungerò al castello.5

Ogni fenomeno sociale è il risultato di molti fattori, ossia primariamente del contesto in cui è inserito e da cui è prodotto, della propria società e dei suoi “valori”, palesi o occultati. Questa sembrerebbe una cosa evidente o perlomeno il primo approccio per una critica dell’esistente. Tuttavia sempre più spesso ogni qualvolta accade un fatto violento, legato a un fenomeno sociale più complesso, articolato, l’interpretazione dell’opinione pubblica o dei media, ma anche spesso della cosiddetta intellighenzia, volontariamente o meno, tende a negare qualsiasi nesso causale tra i “valori” o le dinamiche, esteriori o interiori, della società contemporanea e il tragico accadimento, a volte riducendo persino il tutto ad una cronaca di arcaiche pulsioni in atto. C’è sempre un fattore esterno, temporalmente o culturalmente, che arriva a dare ragione di ciò che è accaduto, trovando così le sole responsabilità del danno subito dalla collettività in questo intruso ideale.

Angeli e Ministri di grazia, difendeteci! Sii tu uno spirito benefico o uno spettro infernale, esalino intorno a te profumi celesti o vapori d’inferno; siano i disegni tuoi malvagi o pii, tu vieni sotto forma sì sacra per me, ch’io vo’ parlarti!… Amleto ti chiamerò, re, padre, monarca danese. Oh rispondimi! non far che il mio cuore si franga d’impazienza. Dimmi perchè le venerande tue ossa, sepolte nella terra, squarciarono il loro funebre lenzuolo? Perchè la tomba, dove pacificamente ti vedemmo deposto, sollevò il peso de’ suoi marmi massicci per rigettarti nel turbine di questo mondo? Qual può essere l’oggetto di siffatto prodigio, che tu, corpo trapassato, di nuovo rivestito di ferro, rivegga ancora il
pallido raggio della luna doppiando l’orrore della notte? E noi, trastulli di natura, perchè siam noi per te commossi da sì orrenda agitazione, e contristati da pensieri che avanzano la latitudine delle nostre anime? Di’, perchè ciò? a quale oggetto? Che dobbiam fare?6

In questo modo la società contemporanea nel suo complesso attua sempre, per svariate ragioni, un processo a-critico di auto-assoluzione e quindi allo stesso tempo di occultamento di sé. Le mostruosità sono sempre generate da altro, questa società e certi suoi “valori” incarnano, nell’inevitabile e fisiologica ingiustizia, comunque il migliore dei mondi possibili, se non altro il più ragionevole, efficiente, controllabile, progressista, senza macchia e senza paura. Se accade qualcosa che potrebbe minare questa vera e propria fede irrazionale in questa prospettiva deve necessariamente essere causato da un qualcosa che agisce in contro-tendenza ai “valori” contemporanei, esterno, remoto, alieno. Magari invece è proprio questo stesso processo che aliena la società dal rispecchiarsi fedelmente in se stessa. È questa società narcisista che non osa specchiarsi nelle mostruosità che partorisce, che quindi ha portato in grembo e che in qualche modo rappresentano una parte di sé da relegare inevitabilmente nel rimosso; tutto un mondo attuale di pulsioni, emozioni, sentimenti, idee, allontanate come estranee o etichettate come diverse, quando invece sono figlie di questo tempo e non potrebbero essere altrimenti.

Che! s’ei vi trascina verso il mare, signore, o sulla cima spaventosa della montagna che sporge sui flutti, e là, prendendo qualch’altra forma orribile, vi priva della ragione, e immerge gli spiriti vostri nel caos? Pensateci; il luogo solo, senza altra cagione, ispira il delirio della disperazione in una testa, la di cui vista, attraversando tanti stadii, s’inabissa nelle profondità del mare che mugge al disotto.7

Xenofobia, femminicidio, bullismo, omofobia, etc. sono tutti fenomeni di violenza, fisica o psicologica, che, pur generandosi nel contesto del mondo contemporaneo, tuttavia se ne descrive volgarmente la patogenesi riesumando categorie proprie a mondi inattuali. Per esempio la xenofobia di una parte della popolazione indigena europea è spesso stigmatizzata, non come la reazione pulsionale rispetto a fenomeni epocali di migrazione di massa derivati direttamente o indirettamente dagli effetti della globalizzazione tecno- capitalistica e neanche come la reazione alla mancanza di un tessuto di coesione sociale che amplifica la competitività già esistente tra i gruppi interni alla società di approdo delle migrazioni, ma a volte, estrapolando addirittura il termine razzismo, che echeggia richiamando il colonialismo ottocentesco quanto le sue perverse evoluzioni novecentesche, quindi riesumando anche linguisticamente un passato, oramai remoto, dalle nebbia della storia, non meno dell’antropologia culturale, come un’anomalia genetica o uno psico-reato che si presume innestato nelle menti dei contemporanei ancora assuefatti ad un mondo culturale, politico ed economico, che ha in sé l’unica obiezione, abbastanza pertinente, di non esistere più, se non in una dimensione nostalgica, fanta-storica e fanta-politica, resa “reale” solamente dalla sua mediatizzazione.

Io sono l’anima di tuo padre, condannata per un tempo fisso ad errar la notte, e ad essere imprigionata il giorno fra fiamme, finchè le impure colpe, che lordarono i miei dì nella vita mortale, consumate non siano e deterse dal fuoco. Oh! se vietato non mi fosse di rivelarti i segreti del luogo della mia prigione, potrei farti un racconto, di cui ogni parola sconvolgerebbe la tua anima, agghiaccierebbe il tuo giovine sangue, farebbe scintillar gli occhi tuoi come due stelle; e la tua chioma, che que’ nodi tengono costretta, si separerebbe rendendo ogni tuo capello irto al pari di uno spino! Ma quegli eterni misteri non son fatti per orecchie di carne e sangue! — Ascolta, ascolta, oh ascolta!… Se mai tu amasti il tuo tenero padre…8

Oppure anche sul triste fenomeno del femminicidio, piuttosto che prendere in esame la relazione possibile tra l’individualismo e il suo inevitabile senso del possesso, transitorio, usa e getta, coerente con una cultura dello scarto sempre più onnipresente nella mentalità contemporanea, o anche valutare le implicazioni con la precarietà esistenziale che è qualcosa di così profondo e intimo da minare perfino la costruzione di una solidale identità collettiva, o anche il relativismo che significa libertà etica da un lato, ma anche frammentazione sociale in gruppi, tribù, individui, atomi dall’altro, per non parlare infine e ancora della competitività assunta a modello globale di relazione, non solo economica, ma anche affettiva, tra i sessi e tra gli individui, si ridona invece vita al Frankenstein del maschilismo della società pre-consumistica e al senso di proprietà sulla donna della società patriarcale, che in qualche modo vivrebbero latenti nelle pulsioni arcaiche dell’uomo, o meglio nella loro universale e ideologica astrazione, e si risveglierebbero, di tanto in tanto e troppo spesso purtroppo, nella società contemporanea per opporsi ai suoi sempre costruttivi “valori” emancipativi.

Sì, quell’incestuoso, quel mostro adultero, col prestigio infernale del suo spirito, e con doni traditori (oh spirito e doni nefandi che avete così potenza di sedurre!) seppe cattivarsi alla sua infame passione il cuore della mia adorata regina, di cui tutti i sembianti esterni mostravano la virtù. Ah Amleto, in quale abisso ella cadde allora, da me, il cui puro amore era sempre stato fedele al voto profferito nell’ora dell’imeneo, fino all’iniquo, le cui doti erano nulle accanto le mie! Però in quella guisa che la virtù non soccomberebbe mai, quand’anche la lascivia venisse a tentarla con forme celesti; così la libidine, accoppiata foss’ella a un angelo splendente di bellezza, profanerebbe la sua divina dimora e si cuoprirebbe di obbrobrio. Ma e’ mi pare sentir già l’aria del mattino… abbreviamo il colloquio. Addormentato nel mio giardino (era mio costume giornaliero), fra pacifico sonno tuo zio mi sorprese, munito d’una fiala di veleno ch’ei mi versò in un orecchio. Quel liquore è sì nemico dell’uomo, che, sottile come l’argento vivo, corre e s’insinua per tutti i canali, per tutte le vene del corpo, e con attiva operosità condensa  e  agghiaccia  il  sangue  più  puro  e  più
scorrevole. Fu così ch’egli assiderò il mio; così ch’io venni dormendo spogliato dalla mano di un fratello della vita, della corona, della mia sposa; e tolto dal mondo nella pienezza de’ miei peccati, senza la grazia del Cielo; senza gli ultimi soccorsi della religione; senza le preghiere implorate dalla squilla dei moribondi; senza conto reso al Giudice Supremo; e al di Lui cospetto io mi trovai con tutti i miei falli cumulati sulla mia testa! Oh orribile, orribile, fieramente orribile! — Se il sentimento della natura in te vive, non patirlo: il real letto della Danimarca non divenga quello dell’impurità e dell’incesto. Ma in qualunque modo tu voglia a ciò addivenire, non lordare il tuo cuore, non ordir nulla contro la madre tua!… Abbandonala al Cielo; lascia alle pungenti spine, che s’ascondono nel di lei seno, la cura di punirla…! addio. Il lucido verme m’annunzia che il mattino è vicino, e lo splendor de’ suoi fuochi comincia a impallidire. Addio, addio, addio! ricordati di me.9

Allo stesso modo per quanto riguarda altri fenomeni, omofobia, bullismo, etc. si assiste sempre a questo modus operandi, che tende a interpretare il manifestarsi della violenza, verbale o fisica, all’interno di questa società, anestetizzata ma non pacificata, come un qualcosa che necessariamente proviene da lontano, che non potrebbe essere minimamente prodotta nel qui ed ora, e oltretutto si nega che la pace, la libertà, la ragionevolezza di cui il presente è solo portatore, possa produrre in qualsiasi modo un rimosso di violenza e sentimenti distruttivi, che covano all’interno del non-detto collettivo. Il male è lo straniero o il diverso, solo in un modo più raffinato, sottile, artificiale, virtuale oserei dire, ossia la diversità di “valori” e società del passato, o anche lontane culturalmente. È un’acuta e indiretta apologia della società attuale associare la genesi di fenomeni sorti nella struttura del mondo contemporaneo a sovrastrutture derivate da mondi inattuali. Naturalmente opporsi a questa semplificazione demonizzante vorrebbe dire comprendere, incominciare a mettere in crisi intellettualmente, una società che è già in crisi economicamente per affermarsi e radicalizzarsi in questi suoi citati “valori”, che fanno da legante ideale al suo modello politico, sociale ed economico, quindi vorrebbe dire guardare il lato oscuro della luna, il terrore del dubbio che relativizza e deflagra nell’incertezza l’unica società che deve essere considerata auspicabile, per cui deve valer la pena fare sacrifici, chiudendo così il baratro delle possibilità ideali, magari della critica, delle alternative etiche e soprattutto spirituali, anche solo ipotetiche, forse impossibili, preferibilmente impensabili.

Oh voi tutte, legioni dei cieli! Oh terra!… Chi accoppierò vosco?… L’inferno?… Anima mia, raffrenati… — E voi, muscoli del mio corpo, non invecchiate in questo istante; francheggiatemi e sostenete il mio peso sopra la terra. Ricordarmi di te! Sì, ombra adorata, finchè esisterà memoria in questo reo mondo. — Ricordarmi di te! Sì, e dal deposito della mia mente cancellerò tutte quelle frivole e insensate ricordanze, tutte le sentenze de’ libri, tutti i vestigi e le impressioni del passato, che la gioventù e la meditazione vi aveano scolpite; e il tuo comando solo sopravvivrà nel registro de’ miei pensieri, puro e intemerato d’ogni altra vile mistura. Sì, il Cielo ne attesto! Oh donna colpevole! Scellerato, ipocrita e perverso scellerato! Le mie carte… Ben è ch’io vi scriva, che un uomo può piaggiare, sorridere, ed essere un malandrino. Almeno un tal uomo (scrivendo) può trovarsi in Danimarca… Buon zio, tu stai qui. Ora la mia parola sarà «addio, ricordati di me». L’ho giurato.10

Preferibile invece, per spiegare una società Amletica all’inverso, cioè che si finge sana, ragionevole e pacifica, quando invece è intimamente violenta, competitiva, individualista, nel senso che costruisce la sua idea di efficienza, ragionevolezza, purezza, anche su pulsioni inconfessabili e rimosse, legittimate come vizi privati per pubbliche virtù, competitività e individualismo per esempio, trovare il solo movente di questi spiragli visibili della invisibile follia nello spettro di un Padre, o di molti Padri, oramai defunti, uccisi, dal nuovo re oltretutto. Ci si aspetta sempre che sia uno spettro del passato il colpevole della follia nel presente, quando invece il colpevole, la storia di shakespeariana memoria insegna, siede sempre sul trono. Ah, povero Yorick, povero occidente contemporaneo, teschio del suo storicismo negato.

1 Amleto (Atto primo), William Shakespeare

2 Amleto (Atto primo), William Shakespeare

3 Amleto (Atto primo), William Shakespeare

4 Amleto (Atto primo), William Shakespeare

5 Amleto (Atto primo), William Shakespeare

6 Amleto (Atto primo), William Shakespeare

7 Amleto (Atto primo), William Shakespeare

8 Amleto (Atto primo), William Shakespeare

9 Amleto (Atto primo), William Shakespeare

10 Amleto (Atto primo), William Shakespeare