Laura Vargiu è nata a Iglesias, nel sud della Sardegna. Laureata in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Cagliari con una tesi in Storia e istituzioni del mondo musulmano, è presente con poesie e racconti in diverse raccolte antologiche nazionali. Vincitrice del Premio Letterario “La Mole” di Torino nel 2013 e autrice di alcune pubblicazioni di poesia e prosa, tra cui “Il cane Comunista e altri racconti” (L'ArgoLibro Editore), fa parte della redazione della rivista di poesia e critica letteraria “Nuova Euterpe” e della giuria di alcuni concorsi letterari.

L’addio

Di Laura Vargiu

A mia nonna Angelina (1913 – 2008)

e al lungo viaggio della sua vita

Racconto tratto dal libro Viaggi, racconti mediterranei

Il momento è quasi giunto: tra poco lascerai per sempre la tua casa. Non è più la stessa da quando, appena poche ore fa, i tuoi piccoli occhi verdi si sono chiusi al mondo. Per oltre settant’anni ci hai abitato, gioito, sofferto, riposto frammenti di una vita che, ormai, ti appariva non più tua. Il silenzio del tempo, si sa, sbiadisce i ricordi, riducendoli a fotogrammi sconnessi di un lungo sogno vissuto da altri. Eppure della tua esistenza sei stata protagonista come pochi lo sono della propria; lo saresti stata ancora, se solo non ti fossi arresa a questa malattia strana chiamata vecchiaia che alle umane stagioni, a poco a poco, ruba colori, sapori, sorrisi.

Quelli del servizio funebre finiscono il lavoro e una cassa di legno lucido t’inghiotte; già aspetta, laggiù, la chiesetta del quartiere, approdo finale da cui chiedesti d’intraprendere l’ultimo viaggio: uno dei tanti che la vita impone, il meno faticoso per chi va, il più inaccettabile per chi resta. Non è forse la vita un incessante andare, pure quando non ci si allontana mai, una concatenazione di viaggi, propri e altrui, un susseguirsi di arrivi e partenze?

Sono venuti tutti per l’addio, anche coloro che, presi dai loro impegni frenetici, non andavano più a farti visita; la tua vita semplice, invece, aveva sempre tempo per tutti quanti. Arrivasti qui a vent’anni da un luogo di mare e miniere, con mani da cernitrice irruvidite dal carbone e un baule colmo di vestiti e sogni d’una fanciullezza rubata dal lavoro. Quel baule donò l’abito di seta gialla che ti cinse il giorno delle nozze. Faceva il capraio, il tuo sposo: due giorni in paese e dieci sui monti, lungo i ripidi sentieri percorsi dalle sue bestie. Il tuo pensiero lo raggiungeva sotto cieli stellati di solitudine tra i profumi e i bisbigli intensi della natura più aspra. Da tempo egli t’attende nel silenzio di cipressi e fiori recisi, dove riposa pure il ricordo del primo figlio morto ancor bambino. Dei figli che seguirono, l’unico perduto è stato quello che la terra ammaliatrice del continente non ha voluto restituirti. E mentre i torti impietosi degli anni ti solcavano il viso, i tuoi racconti, gioielli preziosi nello scrigno destinato ai nipoti, hanno continuato a profumare di salsedine e rimpianti.

Il lungo viaggio della tua vita si conclude, ma le impronte profonde dei tuoi passi leggeri restano qui, impresse in chi hai amato e ti ha amata tanto, oggi e nei giorni che verranno.