Sono una sconosciuta che dipinge e racconta. Laureata alla Accademia di Belle Arti a Bologna con una tesi su Klimt e scelto restauro. Nata tra Bologna e Ferrara dove vivo, quattro mostre personali con dipinti di animali i soggetti preferiti, cinque restauri importanti, arrotondo lavorando di sera in un pub. Disegno le facce dei clienti e scrivo in racconti le loro vite, racconti pubblicati in VersoDove, rivista letteraria bolognese. Ferraraitalia quotidiano online

Altri racconti di pub

Di Stefania Bergamini

I piedini

Entrano alle 22, lui alto, molto alto, forse 1.90, capelli ricci, occhiali, felpa blu e jeans. Lei piccolina molto bella, pure lei occhiali, capelli neri a coda, giacchetto jeans, leggings neri e zainetto Mi chiedono un tavolo, si siedono, leggono la carta, si abbassano la mascherina, lui inizia parlare fitto. Lei zitta guarda la carta. Lui continua, gesticola, parla e le mostra il cellulare. Lei lo guarda, guarda il cellulare, ritorna alla carta e zitta. Vado al tavolo, si alzano la mascherina e ordinano due bicchieri di rosso e 4 toast prosciutto e formaggio, mi allontano e mi giro, si sono abbassati la mascherina e lui continua a parlare concitato mostrandole sempre il cellulare, lei zitta con le mani in grembo, lo guarda poi si alza la mascherina e va in bagno con aria indispettita, torna, porto il cibo, il vino e loro “grazie”, educati e in ordine, mangiano in silenzio, al caffè lui rI-inizia a parlare e parlare, lei zitta con le braccia appoggiate al tavolo, guarda il tavolo. Vengono a pagare, ognuno per sé poi, sulla porta lui la ferma e gesticola e ricomincia a parlare e parlare. Lei lo guarda, si alza sulla punta dei piedini e gli ammolla uno schiaffone che non è uno schiaffone ma l’imperatore degli schiaffoni, il Cesare degli schiaffoni, il Dio degli schiaffoni, una potenza assurda per una così minuta che gli fa voltare la faccia e volare mascherina e occhiali sul tavolo vicino. Lui resta immobile, gli occhi spalancati, poi riprende la mascherina, si infila gli occhiali, le va vicino, di fianco, le mette il braccio sulle spalle e guarda indietro impressionato che tutti hanno visto, lei sguardo avanti sempre zitta e tranquilla con tutti i piedini educati. Escono nella notte E io ho voluto loro molto bene per quel film chiarissimo che nemmeno Tati.


Rose Mary

La signora “Rose Mary con molto origano”, non c’è più. Tutte le sere, 20 e 30 precise, entrava in pub. Alle 20 e 30 precise, tutte le sere, non ricordo abbia saltato un solo appuntamento. Puntuale, con le sue gonne strette e camicette abbinate, capelli rossi, ricci, tirati in alto. E non rosso artificiale, naturale, lo vedi il rosso naturale, inconfondibile, la faccia pallida con poche lentiggini, nascoste dal trucco. Di fretta entrava e ordinava Rose Mary con molto origano, si tratta di stuzzichino molto richiesto: pomodoro, mozzarella, pancetta e origano. Lo ordinava insieme a una birra ghiacciata, poi si metteva in fondo alla sala, vicino al finestrone, quello con le tende verdi, faceva un paio di telefonate, restava una mezz’ora e se ne andava salutando tutti, gentile, buonasera a domani. Tutte le sere, precisa, alle 20 e 30. Mi facevo storie su di lei, usciva di casa e si vestiva esattamente come avrebbe voluto vestirsi, la camicia quella rossa abbinata alla gonna nera o il vestito aderente e forse aveva una madre in qualche ospedale con tutti gli esami del sangue sballati. Un po’ di volte l’ho vista piangere, assurdo, masticando il suo Rose Mary con molto origano, piangeva in silenzio. Poi è sparita, per una settimana non si è vista, tenevo d’occhio la porta tutte le sere, alle 20 e 30, per vederla entrare, forse nessun altro si era accorto della sua assenza e solo a me mancava. Oggi ho saputo che si è impiccata alla tenda del suo bagno, così, una ragazza che lavora al bar, ha detto proprio così, mi ha appoggiato la mano sul braccio, sai si è impiccata alla tenda del suo bagno. Alla tenda del bagno. La depressione ben nascosta da tutti quei sorrisi, da quella bellezza voluta, curata Se ne è andata a quel modo, meravigliosi capelli rossi e tutta quella solitudine.


Il problema

Il problema nasceva da lì, da lì e basta, dal suo silenzio, il signor “Negroni fammelo forte”, se ne sta davvero seduto un attimo a testa bassa con il suo Negroni come se in qualche modo la vita lo avesse annientato, offeso, se ne sta lì con quell’aria da disfatta come fosse colpa nostra o del Negroni o del parcheggio fuori o della confusione nel pub o delle sedie o dei tovagliolini unti o della musica, se ne sta lì con una costanza meticolosa nei gesti maniacali, liscia il bordo del bicchiere, lo appoggia, beve, liscia e così via per tutto il tempo sempre in silenzio, un comportamento sfinente, un lungo gesto ininterrotto, un concentrato di angoscia e solo in quell’attimo è tremendo e crudele, poi si alza in fretta paga esce nel buio. Ogni tanto mi dice che molti pezzi della sua vita non sono accaduti, li ha fermati prima del loro accadere e sto scrivendo qui tutte le cose che non voglio dimenticare, una specie di lista. Entra alle 22 e se ne va a mezzanotte. Lui non ha una identità precisa. Per me è il signor “Negron fammelo forte”, il suo cocktail preferito.


Filosofia

– Buonasera è libero il mio tavolo? – certo, si accomodi professore. Franco è un nostro vecchio cliente. Lui è un prof di lettere filosofia già in pensione. Franco, prima del covid, entrava, accennava sempre un piccolo inchino e mi prendeva la mano in un modo antico di sfiorare con un bacio da vero dandy gentiluomo poi, nelle pause dentro a bicchieri di vino rosso che mi offriva, parlava della sua personale filosofia di vita oltre a quella dei grandi suoi amati autori. Si muove appoggiandosi a un bastone con pomello avorio e chissà dove lo ha trovato così bello. Ora quando entra prudente con la mascherina, mostra il green pass, niente accenno di bacio, ma sempre il piccolo inchino, la mano la porta alla fronte e mi lancia il saluto Siede al solito tavolo, quello piccolo sotto al finestrone con le statue, mette a posto la piega dei pantaloni (perché lui ha la piega nei pantaloni), sempre gessati e scarpe bellissime, tiene alzata rigorosamente la mascherina fino a che non ha detto a me il suo ordine poi la toglie, la piega bene, la mette in tasca e guarda il mondo di gente attorno a lui, come ha sempre fatto, scrivendo, su foglietti di un block notes antico con le molle, i pensieri che mi lascia sul tavolo insieme a una mancia buona. E non sono mai faccende sentimentali o di rimorchio da baci perugina ma pensieri di straforo, leggeri e geniali tipo: “L’aperitivo blu con scorza di arancia mi ricorda un vino rosso fruttato che ho assaggiato anni fa in un albergo vicino a Siena, il vino che non scorderò mai.” Oppure ” Stasera quella sua maglia nera e sottile è una folata di vento che arriva da una strada di Parigi. ” Oppure ” Le luci qui fuori sono gialle e tiepide come ricordo nelle strade di Buenos Aires dentro a un bar vedo Borges che assaggia un liquore.” Cose così Poi la volta dopo – le è piaciuto il mio ultimo pensiero? – sì, molto bello – bene, si sieda qui un po’ le racconto di quel giorno a Berlino… Gli tremano le mani. Non ha mai un cellulare, quando aspetta accavalla le gambe e resta in quella posa elegante, pigra. – Che dispettoso questo covid tra le tante seccature non mi fa più vedere intero il suo viso – Bè grazie professore ma bisogna attenersi alle regole poi l’ha visto tante volte… Certo, ma vede, ogni sera il suo viso cambiava e io capivo dalle sue espressioni l’umore di quel momento se era seccata o contenta Io lo capivo sa? Mi ricorda i miei viaggi in Russia… avevano un atteggiamento altero e distaccato mai complimentoso esattamente come il suo come se facessero un favore ai clienti nel chiedere cosa desiderassero Ho sempre amato quel modo e lei me lo ha sempre ricordato – Non credo sia un complimento prof. E rido – Lo è invece E ride sotto alla mascherina Gli tremano le mani, molto, senza volerlo i miei occhi cadono sui gesti insicuri e attenti a non sbagliare – è Parkinson ma basta esserne consapevoli e fare attenzione a non fare disastri, a non farsi compatire, noi vecchi e la nostra incrollabile dignità, le malattie bastarde te la tolgono Mi siedo accanto a lui – mi racconti di Berlino.

L’immagine di copertina è I nottambuli, di Edward Hopper