Jacopo Pignatiello si è laureato in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Letterature comparate. È attualmente insegnante di ruolo di discipline storiche e letterarie presso gli istituti scolastici superiori. Ha contribuito al volume Le attese (Ad est dell’equatore, 2015) con un articolo su L’uomo dal fiore in bocca e La camera in attesa di L. Pirandello. Ha curato la scheda riguardante l’opera Mimesis di E. Auerbach, inclusa nella raccolta di studi sul tema della borghesia inseriti nel volume Borghesia. Approssimazioni (Diogene, 2017). Questi due contributi sono stati portati a termine sotto la guida del coordinamento scientifico del gruppo di ricerca di area umanistica Opificio (Università degli Studi di Napoli “Federico II”). Ha affrontato degli studi di interesse storico sulla città di Somma Vesuviana pubblicati sul periodico «Summae Civitas».

Di Jacopo Pignatiello

Nel regno delle fatalità e delle coincidenze:
Cronaca di una morte annunciata

Pubblicazione

   Cronaca di una morte annunciata fu pubblicato nell’aprile del 1981, ponendo termine allo sciopero narrativo che Gabriel García Márquez aveva istaurato come forma di protesta nei confronti del governo di Pinochet. La narrazione valse a Márquez – il quale l’anno successivo avrebbe vinto il Premio Nobel – un pressoché immediato successo.


Tra fiction e realtà

   Marquez modellò Cronaca di una morte annunciata plasmando la materia della sua narrazione da un fatto di cronaca locale avvenuto a Sucre la mattina del 22 gennaio 1951. Episodio che suscitò su di lui una forte impressione, in quanto la vicenda toccò lo scrittore in maniera diretta: sia perché, oltre al fatto che Marquez viveva in quella città con la sua famiglia da oltre un decennio, in  quegli anni Gabriel  esercitava la professione di reporter e quindi poté indagare egli stesso sul caso; ma anche in quanto le varie persone coinvolte erano legate a lui da rapporti di parentela e amicizia (cosa abituale in una tipica cittadina sudamericana come Sucre, dove in genere quasi tutti gli abitanti si conoscono tra di loro).

La cronaca racconta dell’omicidio di Cayetano Gentile, studente ventiquattrenne di origine italiana di bell’aspetto ed in facoltose condizioni economiche, amico stretto di Gabo e molto noto in città. L’omicidio fu dovuto a “ragioni d’onore” e fu eseguito da José Joaquín Chica, anche se, stando ai fatti, al delitto avrebbe dovuto partecipare anche il fratello di José, Víctor Manuel, che nel  momento decisivo rinunciò di partecipare all’azione. Nella Cronaca, invece, Santiago Nasar viene pugnalato più volte da entrambi i fratelli, ma le differenze tra fiction e realtà, anche se in questo romanzo non sono molte, non si limitano a questa. I due fratelli agirono per riparare all’onore della loro sorella Margarita Chica, ex fidanzata di Cayetano, verso il quale serbava un forte rancore. Margarita avrebbe dovuto sposare Miguel Palencia, ma poco prima delle nozze una lettera anonima svelò che la promessa sposa non era più vergine. La ragazza accusò a sua volta Cayetano di esserne il responsabile.

Cayetano era generalmente benvoluto in città, persino dai suoi assassini, i quali, come emerse dalle indagini, furono costretti ad agire sotto la spinta dei costumi dell’epoca e delle tacite leggi della loro società.

Gli aggressori aspettarono l’arrivo della vittima in un bar presso la sua abitazione, nell’attesa che passasse di lì. Cayetano, una volta giunto, accortosi del pericolo, si mise in fuga cercando di rifugiarsi in casa, ma per una tragica fatalità, la madre, dopo aver capito quanto stesse accadendo, tradita dalla certezza che il figlio fosse già riuscito a scappare dentro casa, con un gesto disperato chiuse il portone di ingresso, illudendosi che così impedisse ai suoi assalitori di inseguirlo; non accorgendosi che, così facendo,v aveva lasciato il figlio all’esterno dell’abitazione, privandolo di ogni via di fuga e, di conseguenza, condannandolo involontariamente alla morte: Cayetano morì in seguito alle sedici coltellate inflittegli da José Joaquín.

Come abbiamo detto, Gabo, che all’epoca lavorava presso la testata El Heraldo di Barranquilla, svolse delle indagini sull’accaduto. Sua madre però gli impedì di scrivere il racconto almeno fino a quando la madre di Cayetano, donna Julieta Cimento[1], fosse ancora in vita. Proprio perché, com’è comprensibile, anche se aveva agito nel tentativo di salvare il figlio, nell’esserne anche lei involontariamente responsabile, si sentiva tormentata da un atroce senso di colpa[2].

   Apparsa quindi trent’anni dopo l’accaduto, Cronaca di una morte annunciata si pone come la decostruzione di un delitto annunciato:

   Fu così che Cayetano Gentile divenne Santiago Nasara, Margarita Chica prese il nome di Ángela Vicario e Miguel Palencia quello di Bayardo San Román, ma in Cronaca di una morte annunciata la descrizione, l’ambientazione e le motivazioni del delitto sono molto simili a quelle reali, tranne che in qualche particolare.[3]

Sotto la superficie abitata da una folla apatica, addormentata in una perenne fiesta, scorrono due tensioni di fondo: da un lato, la più palpabile, quella di scoprire i fatti accaduti, dall’altro quella delle casualità incatenate[4] e degli interrogativi inquietanti destinati a restare insoluti.   

L’unico in grado di riunire le varie schegge sparse è il narratore, che a distanza di anni cerca di ricostruire ed interpretare gli eventi, ponendosi come soggetto interpretante fuori e dentro la storia narrata.

Il meccanismo delle coincidenze, infatti, appare chiaro soltanto a posteriori.


Pluralità di generi
Cronaca di una morte annunciata è un romanzo che si pone a cavallo di più forme letterarie: tra il romanzo poliziesco, il reportage, la tragedia e il racconto. Va detto che, com’è scontato, già di per sé il romanzo è un

genere che può racchiudere più generi[5], ma nella Cronaca questo principio appare decisamente marcato (anche se ovviamente non costituisce un  unicum) e si carica di una forte valenza semantica.

L’importanza del genere poliziesco e del reportage appare chiara dallo stesso andamento narrativo: il testo si configura come un’inchiesta giornalistica su un episodio di cronaca, mentre l’importanza data ad ogni elemento ed i meccanismi coincidenziali richiamano il romanzo poliziesco, genere che proprio per questo motivo ha sempre affascinato Márquez. 

Oltre che dalla drammaticità della narrazione, l’influenza del genere della tragedia può essere motivata nella misura in cui la madre di Nasar, nell’impedire al figlio di rifugiarsi in casa sbarrando la porta prima che potesse entrare, risulta coinvolta, se pur innocentemente, nel suo omicidio.

L’ampiezza del romanzo, tale da consentire di far convergere ed innescare vari elementi coincidenziali, evoca invece le forme del racconto.


«Una serie di sfortunati eventi»
   Il romanzo si apre all’insegna dell’onirico: alle 5 e 30 del mattino[6] Santiago Nasar confida  alla madre Plácida Linero, la quale ha fama di essere una brava interprete dei sogni, di aver sognato nel corso della notte «di attraversare un bosco di higuorones sotto una pioggerella tenera» e che «per un attimo fu felice dentro il sogno, ma al risveglio si sentì inzaccherato da capo a piedi di cacca d’uccelli»[7]. La notte del sogno sarebbe stata quella che avrebbe preceduto il suo ultimo risveglio. La madre sarà costretta ad

ammettere, dopo la sua morte, che né lei, né il figlio erano riusciti a cogliere il presagio di sventura insito in quel sogno, né in quelli fatti nei giorni addietro, che hanno tutti un elemento in comune, sospettato in seguito di essere quello negativo: la presenza degli alberi.

A coincidere con la tragedia che sarebbe da lì a poco avvenuta è anche il tempo gonfio e piovoso, ricordato dalla maggioranza degli abitanti come «funereo».

   Siccome Santiago ha intenzione di assistere al passaggio del vescovo, si è vestito in abito da cerimonia. Considerando che stia andando a morire, il meticoloso soffermarsi sugli indumenti di Santiago in più punti del testo fa riecheggiare alcune pagine del Werter goethiano[8]. Inoltre, il narratore sottolinea che i pantaloni di lino bianco che il protagonista indossa, sono «uguali a quelli che s’era messo il giorno prima delle nozze»[9]: le stesse nozze che hanno generato la sua morte. Anche Clotilde Armenta, padrona di una latteria, la quale sa che i gemelli Vicario hanno intenzione di ucciderlo, alla vista di Nasar «nel chiarore dell’alba», che sembra  «vestito d’alluminio», ha l’impressione che paresse «già un fantasma»[10].

È insomma come se Santiago si fosse vestito per andare al suo funerale.    Quando Santiago entra in cucina per fare colazione vede la cuoca Victoria Guzmán nell’atto di «squartare tre conigli per il pranzo, circondata da cani ansimanti». Victoria Guzmán era stata avvertita della minaccia che grava su Nasar, ma poiché ha dei motivi di risentimento nei suoi confronti decide di non metterlo in guardia. Ciò nonostante, a distanza di anni confida al suo intervistatore di esserle rimasto spaventosamente impresso l’orrore dello

sguardo di Nasar davanti alle viscere degli animali sventrati e ciò che le aveva riferito in proposito: «non essere bestiale […] . Pensa se fosse un essere umano»[11]. Dopo essere stato brutalmente accoltellato, anche le viscere di Santiago scivolano via dal suo corpo, mentre lui – in uno dei passi più macabri di tutta la narrazione (insieme a quello dell’autopsia) –  lotta disperatamente per impedire che ciò avvenga.

Il soffermarsi sull’empatia di Santiago («abituato ad ammazzare animali inermi») verso le sorti di quegli animali, unito all’atteggiamento dei cani che nei confronti del corpo martoriato di Nasar assumeranno un comportamento all’incirca simile a quello in presenza dei conigli uccisi, è quindi tra gli elementi coincidenziali più significativi del testo.

   Uno dei punti cruciali della narrazione è l’inconsueto utilizzo della porta principale da parte di Nasar,  abituato a entrare e uscire da quella posteriore. Al suo ritorno, «gli uomini che lo avrebbero ucciso» lo avrebbero aspettato lì[12].

In merito a questo episodio segue l’illuminante puntualizzazione del cronista: «nessuno riusciva a spiegarsi tante coincidenze funeste»[13].

   Un’altra delle coincidenze maggiormente «funeste» è racchiusa nell’ episodio della lettera: uno sconosciuto ha lasciato sotto la porta una busta contenente l’avviso del pericolo a cui Santiago Nasar è immanentemente esposto, insieme alle motivazioni del delitto e al luogo in cui sarebbe avvenuto. Ma disgraziatamente questa lettera viene notata soltanto dopo che l’assassinio è stato ormai compiuto.

   Come abbiamo già accennato, i gemelli Vicario si sentono costretti ad uccidere Santiago Nasar per lavare l’onore della sorella, sposa respinta, e, di conseguenza, quello della loro famiglia. Il giorno prima, infatti, c’era stato il matrimonio tra Ángela Vicario e Bayardo san Román, personaggio enigmatico dai molti toni in ombra.

Anche l’incontro tra i due era avvenuto per una pura casualità: mentre Bayardo stava «facendo la siesta» nella pensione in cui alloggiava, improvvisamente si era svegliato e aveva scorto passare per strada Ángela Vicario accompagnata dalla  madre. Apparentemente per capriccio, quasi per gioco, dopo averla vista Bayardo prese all’istante la decisione di sposarla.

Agli sfarzosissimi festeggiamenti aveva partecipato tutta la città, Nasar compreso. Ma durante la prima notte di nozze Bayardo aveva scoperto che sua moglie Ángela non era vergine e quindi, ripudiandola, l’aveva riaccompagnata a casa da sua madre. La ragazza, dopo le percosse della madre e dietro le intimidazioni dei fratelli, fu costretta a fare il nome del responsabile, e, mentendo (forse per coprire il vero colpevole), ne pronunciò uno. Il perché di quella scelta, che sembra dettata dal puro caso, è tra i più grandi misteri irrisolti del romanzo[14]:

   Quando Nasar esce di casa, dunque,  Pedro e Pablo Vicario, armati, lo stanno già aspettando appostati nel negozio di Clotilde Armenta per ucciderlo. Occorre precisare che in questo punto incontriamo una casualità

anomala alla logica coincidenziale del racconto: la proprietaria del negozio supplica i due fratelli di rimandare il tutto soltanto dopo che fosse passato il vescovo, in segno di rispetto; i gemelli Vicario che, come abbiamo accennato, sono disperatamente in cerca di qualsiasi pretesto che possa impedire il loro “dovere”, non se lo fanno dire due volte. Questa coincidenza presenta allora degli strani caratteri positivi, ma considerando quanto segue, appare chiaro che i suoi risultati non sono affatto determinanti, e anzi non sembra altro che una coincidenza inserita soltanto per innescare un meccanismo di altre coincidenze, dagli esiti tutt’altro che positivi. La sua durata è effimera, come nota, pur riconoscendone l’originalità nella storia, lo stesso narratore: «era stata un’uscita provvidenziale, ma con effetti momentanei»[15].

   Alle 6 e 25 Santiago incontra Cristo Bedoya e il futuro cronista della sua morte, Marquez, con sua sorella Margot, suoi amici. Siccome si accorge di aver dimenticato l’orologio e ha anche intenzione di cambiarsi i vestiti (per andare a cavallo), Nasar dichiara ai presenti di voler ritornare a casa, rimandando l’appuntamento per la colazione a casa Márquez di un quarto d’ora. Inspiegabilmente Margot insiste ostinatamente affinché il suo ospite si rechi subito da lei, dando come giustificazione che la colazione è già pronta. La stranezza di quella insistenza resta impressa a Cristo Bedoya, il quale in seguito confida al fratello di Margot:  

   «Era una strana insistenza […] . Tanto strana, che a volte ho pensato che Margot già sapesse che lo avrebbero ucciso e volesse nasconderlo a casa tua».[16]    Alle 3 e 20 del mattino i due Vicario si erano già recati al mercato per affilare i coltelli, non nascondendone ai vari presenti il motivo; ma i più che si trovavano al momento sul posto non li presero in grande considerazione,

considerando le loro chiacchiere da ubriachi. Faustino Santos è l’unico a manifestare preoccupazione per le affermazioni dei fratelli e quindi avvisa l’agente di polizia Leandro Pornoy, il quale, dopo aver incontrato i Vicario circa un’ora dopo nel locale di Clotilde Armenta[17], informa a sua volta il colonnello Lázaro Aponte. L’alcalde, accertatosi delle intenzioni dei gemelli, si limita a sequestrargli i coltelli, ma i due ovviamente poco dopo se ne procurano degli altri. Clotilde Armenta esprime al colonnello la sua disapprovazione per la leggerezza mostrata, e alla riluttanza di lui, convinto di aver ormai sventato ogni pericolo, chiedendogli di arrestare i due fratelli, replica:

   «È per liberare quei due poveri ragazzi dall’orribile obbligo che gli è caduto tra capo e collo»[18].

Ciò nonostante, le preghiere e le ragioni di Clotilde Armenta vengono ignorate. I gemelli Vicario espongono le loro intenzioni a quasi tutti quelli che incrociano. Così, mentre Nasar segue il tragitto verso casa (ossia verso la morte) accompagnato dall’amico Cristo Bedoya – a parte che per la madre di Márquez, che in genere riesce misteriosamente a sapere sempre tutto prima di tutti in città – la notizia che sia in pericolo circola velocemente in paese[19], e molti di quelli che incontra per strada sono già  a conoscenza della minaccia che incombe su di lui, senza che comunque nessuno, per

motivi diversi, tenti di metterlo in guardia[20]. Chi lo fa, o cerchi di farlo, interviene troppo tardi.

 Il destino intanto inizia a reclamare la sua preda: varie persone che hanno incontrato Nasar durante il suo tragitto, riferiranno che aveva un aspetto orrendo, tale da sembrare già un cadavere.

   Yamail Shaium, arabo come Santiago Nasar e vecchio amico di suo padre, appena viene a sapere dell’accaduto si precipita per informarlo, ma siccome è incerto sulla fondatezza della notizia, per evitargli uno spavento inutile preferisce parlare prima con Cristo Bedoya e lo chiama in disparte; il quale però, nell’allontanarsi da Nasar, lo perde completamente di vista. Informato da Yamail, Cristo Bedoya scatta immediatamente alla ricerca dell’amico interrogando i vari passanti su dove fosse; non trovandolo pensa che si sia già recato a casa e pertanto corre lì per raggiungerlo. Siccome capisce che non è in casa, Bedoya, armatosi con la pistola (che poi scoprirà scarica) trovata nella stanza di Nasar, ripiomba in strada alla sua ricerca. Dopo avere incontrato varie persone, gemelli Vicario compresi, commette «il suo unico errore fatale»[21]: andare a casa Márquez. Infatti suppone che Santiago si sia deciso all’ultimo momento di andare a fare subito colazione da Margot. Per strada gli capita un imprevisto che gli ruba qualche minuto: essendo uno studente di medicina, la cachaca Prospera Arango lo supplica di soccorrere il padre agonizzante. Rimandando le restanti cure in un secondo momento, Bedoya si rimette in corsa alla ricerca di Márquez (anche se la pistola mal inserita nella cintura lo rallenta).  Alla fine giunge troppo tardi e soprattutto invano, perché Nasar non è lì: la madre di Márquez, Luisa Santiaga, in lacrime lo informa che l’hanno ucciso.

   Mentre Cristo Bedoya era furiosamente impegnato nella sua ricerca, Santiago Nasar era entrato in casa di Flora Miguel, la sua fidanzata. L’amico non aveva pensato che fosse lì perché credeva all’idea comune che i Miguel dormissero fino a mezzogiorno per ordine del padre Nahir, mentre in realtà era soltanto la casa a restare chiusa fino a quell’ora e la famiglia si alzava di buon’ora.
Flora Miguel era stata informata che i gemelli Vicario volessero uccidere Nasar, ma considerando che fin dalle sei del mattino la notizia era alla mercé di tutti, era giunta alla conclusione che sarebbe

inconcepibile che dovessero ammazzare Santiago Nasar, e […] le venne in mente che lo avrebbero fatto sposare a forza con Ángela Vicario perché le restituisse l’onore. Ebbe una crisi di umiliazione[22].

Per questo motivo, appena vide Nasar passare vicino casa sua, gli chiese di entrare. Tuttavia, seppur il suo fidanzato era acceduto dalla porta principale, nessuno lo aveva notato entrare in casa Miguel. Al margine di uno dei fogli sparsi dell’istruttoria, il giudice istruttore scrive «con inchiostro rosso: “la fatalità ci rende invisibili”»[23].

   Posto davanti alla collera della fidanzata e alle parole di suo padre, Nasar, con sgomento e costernazione, viene a conoscenza di quanto stesse accadendo[24]. Nahir Miguel gli offre protezione in casa sua, o, quantomeno, di scendere armato con il suo fucile. Mesto e confuso, Nasar invece ignora le due alternative e sorprendentemente esce da casa senza premunirsi con alcuna difesa. Una volta fuori, Nasar, terrorizzato, trova la folla – indiscussa protagonista del romanzo – preparatasi alla tragedia: «la gente si era sistemata nella piazza come nei giorni di sfilata»[25]. Vedendolo arrivare, varie persone gli urlano cosa fare e dove scappare, accrescendo la sua confusione[26]. Mentre sta prendendo il percorso verso la  porta della cucina di casa sua, malauguratamente si ricorda che la porta principale è aperta e devia in quella direzione… proprio verso il luogo in cui si trovano i gemelli Vicario, appostati nel negozio di Clotilde Armenta.  

Clotilde Armenta provando vanamente a trattenere uno dei gemelli gli urla di scappare; Nasar, alla vista dei due fratelli, inizia la sua corsa verso la porta principale.

Quasi in contemporanea la madre di Nasar era stata informata di tutto, ma venne tratta in inganno  dalla figlia di Victoria Guzmán, Divina Flor, alla quale era apparsa un’allucinazione in cui  aveva visto Nasar salire in camera sua.

Mentre allora  il figlio sta proseguendo la sua corsa verso casa, dalla sua visuale Plácida Linero scorge i gemelli Vicario che corrono in direzione della porta principale e, con pronta reazione, si affretta a sbarrare la porta per mettere il figlio a riparo, convinta, appunto, che fosse già rientrato[27]: condannandolo così anche lei  al suo fatale destino.    Dopo le molte barbare coltellate inflittegli, Santiago Nasar, «reggendosi con le mani le viscere penzolanti»[28], percorre barcollando (ma con in volto «la prestanza di sempre») il giro dell’abitazione per poter entrare in casa dall’ingresso della cucina, trovando addirittura la forza di rialzarsi dopo una caduta. Paradossalmente Nasar fa di tutto  per entrare in casa proprio attraverso quell’accesso che, se lo avesse usato prima senza che una serie di sfortunate coincidenze glielo avessero impedito, gli avrebbe salvato la vita. Nel ribadire così la propria volontà contro ciò che non gli ha lasciato alcuna possibilità di scelta, è come se Nasar durante i suoi ultimi respiri decidesse di lanciare una estrema – se pur inconcludente – protesta contro un fato[29] che gli è stato tanto avverso.

«Poi entrò in casa  dalla porta posteriore, che stava aperta dalle sei, e crollò ventre a terra in cucina»[30].

Note

[1] Julieta Cimento era, come dichiara lo stesso Marquez in Vivere per raccontarla, «sua comare e madrina di battesimo di Hernando», suo fratello.

[2] Cfr. G. Marquez, Opere narrative, voll. 2, a cura di Bruno Arpaia, Milano, Mondadori, 2004, pp. 1458-1460.

[3] Ivi, p. 1459.

[4] Nel corso del romanzo è lo stesso giudice istruttore a porre più volte problematicamente  l’accento sul meccanismo delle casualità.

[5] Cfr. G. Mazzoni, Teoria del romanzo, Il Mulino, Bologna, 2011, pp. 26-32.

[6] Dal risveglio alla morte trascorrono poco più di novanta minuti.

[7] G. Marquez, op. cit., p. 375.

[8] Cfr. la voce «Abito» in R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso.

[9] Ivi, p 376.

[10] Ivi, p. 383.

[11] Ivi, p. 380

[12] Da più punti si evince chiaramente che i gemelli Vicario, costretti dalle insindacabili  leggi d’onore del loro contesto di appartenenza,  cercano in tutti i modi di fare indirettamente il possibile per poter evitare di ammazzare la loro vittima.

[13] Ibidem. Corsivo mio.

[14] «La mia impressione personale è che morì senza capire la propria morte» (ivi, p. 447).

[15] Ivi, p. 408.

[16] Ivi, p. 384.

[17] Ivi, pp. 386-387.

[18] I due gemelli durante tutta la vicenda che precede l’omicidio ingurgitano una quantità smisurata di alcool, tale da rischiare di mandare in coma etilico anche un gran bevitore. Stranamente invece – come sottolinea la stessa Clotilde Armenta – l’alcool non li mette “fuori uso”, lasciandoli soltanto vagamente storditi.

[19] Ivi, p. 415.

[20] «Eravamo in pochi a non sapere che i gemelli Vicario stavano aspettando Santiago Nasar per ucciderlo, e se ne conosceva inoltre il motivo con i relativi dettagli al completo» (ivi, p. 416).

[21] «La gente si disperdeva verso la piazza camminando nella loro stessa direzione. Era una folla fitta, ma […] i due amici camminavano al centro di questa folla, dentro uno spazio vuoto, perché la gente sapeva che Santiago Nasar andava verso la morte, e non s’azzardava a toccarlo» (p. 448).

[22] Ivi, p. 454.

[23] Ivi, p. 455.

[24] Ivi, p. 456.

[25] In seguito Nahir Miguel dichiarerà : «fin dal primo momento compresi che non aveva la minima idea di quello che gli stavo dicendo» (ivi, p. 457)

[26] Ibidem.

[27] «Nasar fece vari giri avanti e indietro, abbacinato da tante voci tutte insieme» (Ivi, p. 458).

[28] La madre ignora persino le urla del figlio e i suoi pugni sulla  porta, credendo che fossero quelle dei gemelli, rispondendo addirittura con degli insulti.

[29] Ivi, p. 461.

[30] Ho usato il termine «fato» nell’accezione “virgiliana” del termine. In Cronaca di una morte annunciata, infatti, il caso, anche se agisce tramite una concatenazione di coincidenze, non manifesta una pura contingenza, bensì una chiara volontà preordinata. Proprio come quella a cui sono soggetti tutti i personaggi dell’Eneide, dei compresi («Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris / Italiam fato profugus Laviniaque venit/ litora […]» Eneide I vv. 1-3).   

[31] Ivi, p. 462