Sono una lettrice vorace. Laureata con 110 e lode con la tesi in Metologia e storia della critica letteraria dal titolo “Sergio Solmi critico di Eugenio Montale “, abilitata all’insegnamento della lingua e letteratura italiana e latina presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, insegno Lettere presso il Liceo Scientifico “Giuseppe Brotzu” di Quartu Sant’Elena. Altre passioni: cucinare, dipingere con gli acquerelli, sia fisici che digitali.

L’infinito oltre il crinale

Di Marianna Inserra

“Sono venuto qui per sparire, in questo borgo abbandonato e deserto di cui sono l’unico abitante”.

Secondo le intenzioni dell’autore, nello scritto accompagnatorio destinato all’editore, “La lucina” (pubblicato nel 2013 e ristampato negli Oscar nel 2016) sarebbe il suo testamento letterario, sbucata “da una zona molto profonda della mia vita”. L’urgenza con cui è scaturita dalla sua penna, ne tradisce la sua “natura intima e segreta”. Come per un germoglio che ha voluto vita autonoma, Moresco ha coltivato questo spunto che teneva da parte, in mezzo agli appunti in vista della composizione degli Increati (2015).

Un uomo, di cui non conosciamo il nome, decide di ritirarsi in un borgo abbandonato, lontano dal consorzio umano. Quest’uomo è l’io narrante di un storia breve e molto particolare. 

Non abbiamo indicazioni della sua età, neppure cenni al suo passato, sappiamo soltanto di questo suo desiderio di sparire in mezzo alla natura, alla ricerca di risposte alle sue domande.

In questo suo eremo selvaggio, dove la natura afferma il tuo strapotere, il protagonista viene colpito dalla presenza di una lontana lucina che si accende ogni notte, oltre il crinale di fronte casa sua. Chi accende quella lucina? E perché?

Curioso come un bambino, l’uomo cerca risposte a questa sua domanda e fa degli incontri assolutamente surreali: un pastore albanese esperto di avvistamenti UFO e un bambino…morto, che abita in una casina di pietra, tutto solo, che  provvede a se stesso meglio di un adulto: lava, stira, cucina e va alla scuola serale. Un bambino senza nome, come il protagonista, senza un passato, solo e dimenticato dal mondo.

Incontri che hanno dell’assurdo, eppure nell’economia della narrazione si caricano di significati profondissimi e particolari che rendono unico questo breve romanzo. Un’avventura metafisica.

Un viaggio alla ricerca di se stessi in un tempo sospeso, in un luogo indefinito, dove la vita è rappresentata esclusivamente dalla vegetazione, dagli animali e dagli insetti.

Meravigliose riflessioni notturne e descrizioni taglienti come un bisturi:

“È solo di notte, nella luce lunare, che si capisce veramente cosa sono gli alberi, queste colonne di legno e di schiuma che si protendono verso lo spazio vuoto del cielo. Se non c’è la luna, bisogna andare a tentoni nel buio, sotto la sconvolgente volta celeste crivellata di miriadi di stelle disabitate e di altre bave di luce”.

 Sorprendiamo la voce narrante parlare -e si sorprende lei stessa – con gli insetti, con le piante, con gli alberi cui pone domande senza risposta:

“Perché c’è tutto questo sottobosco cattivo?” mi domando. “Che cerca di avviluppare e di cancellare e di soffocare gli alberi più grandi? Perché tutta questa misera e disperata ferocia che sfigura ogni cosa? Perché tutto questo brulicare di corpi che cercano di prosciugare gli altri corpi suggendoli con le loro mille e mille scatenate radici e le loro piccole, forsennate ventose, per dirottarne su di sé la potenza chimica, per creare nuovi fronti vegetali in grado di annientare tutto, di massacrare tutto? Dove posso andare per non vedere più questo scempio, questa irreparabile e cieca torsione che hanno chiamato vita?”

Ma è poi in mezzo alla natura che è possibile trovare le risposte? In presenza di un desolante e cupo materialismo senza Dio, dove la natura appare in tutto il suo crudele e meccanico trasformarsi, esclusivamente volto al ripetitivo ciclo della vita che segue alla morte. Una natura lucreziana e leopardiana, un dissolvimento senza speranza di materia, pasto per una nuova.

Cieco pessimismo senza riscatto. E senza una voce che dia risposta, se non un conforto.

In questa sorta di fiaba apparente, c’è un senso del dolore che sembra colpire solo l’uomo, la  natura,  “matrigna”, è indifferente a tutto quello che succede alla sua prole.

Il cane dalla zampa straziata, i germogli dei fiori pronti per sbocciare colpiti all’improvviso da una crudele grandinata che crolla dal cielo coi suoi chicchi ghiacciati che distruggono ogni speranza di fioritura primaverile, la grossa falena che lo sciacquone del water non riesce a risucchiare…

Un investimento di energia, di forza per la continuazione delle varie specie, annullato in pochi secondi da una piccola grande catastrofe. Questa è la natura.

“Perché vi richiamate così l’un l’altra, nel buio, nei pochi istanti in cui siete in un mondo che non vedete? Per continuare a riprodurvi? Ma perché? Perché altri esseri come voi possano continuare a riprodursi e a volare per poche settimane, per pochi istanti, in questo enorme buio che ci circonda?“

Interessante il binomio io narrante-bambino, sembra quasi che si scambino i ruoli: il primo è curioso, ha tante domande desiderose di risposte e il secondo, silenzioso, sempre uguale a se stesso, che si comporta come un adulto, smaliziato e disincantato.

Un senso di profonda pietà verso gli esseri viventi, verso i bambini abbandonati e morti anzitempo, verso il genere umano destinato a perire, un senso di sconfortante solitudine avvolge la storia.

Nella visione della fine del mondo proiettata dall’autore che parla attraverso il protagonista, la natura invaderà ogni cosa, intere città, con le loro strade e gli alti grattacieli, la terra sarà avvolta da un groviglio di verde inestricabile.

In barba ad ogni proiezione apocalittica sul cambiamento climatico.

La lucina Book Cover La lucina
Oscar Contemporanea
Antonio Moresco
Romanzo
Mondadori
2016
167 p., brossura