Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Il Po si racconta. In viaggio con Rea lungo l’argine maestro

Di Geraldine Meyer

Odeporica, letteratura di viaggio, narrazione dei luoghi. Un vasto oceano in cui non ci si può improvvisare marinai, una letteratura che ha illustri padri, quali Montaigne con il suo fondamentale Viaggio in Italia, o i vari testi dedicati al Grand Tour solo per citarne alcuni. Resoconti di viaggi nello spazio ma anche nel tempo, con le sue stratificazioni, i suoi portati di cultura e di tradizioni che si incarnano nei luoghi e nelle sensibilità degli uomini. Materia complessa in cui limitarsi alla verità fattuale di ciò che si vede è cosa troppo parziale e incompleta. Non può essere solo l’oggettività ad accompagnare il viaggiatore scrittore. La difficoltà è trovare un equilibrio tra ciò che l’occhio vede e ciò che le suggestioni (non solo paesaggistiche) evocano.

Partendo da qui ciò che si può dire di questo Il Po si racconta, di Ermanno Rea, sia uno degli esempi più belli e potenti di cosa significhi narrazione territoriale. Una potenza che arriva anche dal constatare come questo libro, pur scritto negli anni ’90 non abbia in alcun modo perso di forza e persino di attualità. Lo scrive lo stesso Rea in apertura quando ci avvisa che: “Questo libro fu scritto nella primavera-estate del 1990. […] è insomma un libro al quale non bisogna chiedere quello che non può dare: una rappresentazione puntigliosamente aggiornata delle varie situazioni di cui si occupa. Gli uomini nascono e muoiono in continuazione. […] Tenergli dietro è impossibile. Diverso invece il caso della cornice dei loro febbrili mutamenti: i luoghi, le pietre, i paesaggi, le vicende economiche e sociali, le attese collettive, le delusioni collettive. Su tutto questo, il tempo che passa riesce con molta più difficoltà a lasciare segni visibili.”

Ecco perché questo libro andrebbe letto anche oggi. Perché il viaggio che Rea fece lungo l’argine maestro del Po è qualcosa che racconta di tutto il nostro paese e di cui il Grande Fiume è paradigma, cerniera e frontiera. È il resoconto non solo di un viaggio e degli incontri, paesaggistici, umani e storici che lo hanno accompagnato, ma anche il resoconto dello sfregio, dell’incuria, delle ombre politiche che in Italia hanno (e continuano) devastato una grossa fetta di territorio. Che è storia, cultura, tradizione e specificità.

Un viaggio dal Delta a ritroso, da Comacchio a Goro, Mantova, Cremona, Ferrara e altri luoghi sconosciuti. Sempre seguendo l’argine e il Po che appare e scompare. Tra testimonianze di improvvise ricchezze legate all’anguilla e alle vongole, racconti di inquinamento e occasioni perdute, il Po diviene il filo rosso, la via d’acqua ma anche la via culturale per parlare di tutto il nostro paese. Un libro dunque che, certo, può definirsi di viaggio ma che è ancor più un libro politico. Proprio perché Rea tiene insieme la complessità inevitabile e ineludibile non solo del viaggio in generale ma, in particolar modo, di un viaggio lungo il fiume per eccellenza. Quella creatura da cui tutto dipendeva e tutto, in un certo senso, dipende anche ora quando si parla di agricoltura, viticultura, gastronomia, pesca, urbanistica, trasporti e mala politica, mala gestione territoriale e quindi civile.

Ed ecco perché questo libro è uno dei mattoni portanti per capire non solo l’importanza del “Grande Padre malato” ma anche noi tutti come comunità (o assenza di comunità) nazionale. Lungo il suo corso ci sono le meraviglie e le contraddizioni italiche, la magnificenza di paesaggi deserti di uomini che confinano e attraversano la zona più antropizzata e industrializzata del nostro paese. Il Po si racconta è, anche per questo, un libro senza tempo. Come scrive, e questa è la vera chiave di lettura, Rea: “[…] se rifacessi domani lo stesso viaggio lungo il Po compiuto all’alba degli anni novanta, non ne sortirebbe un libro diverso da questo: stesso entusiasmo per gli splendori dell’argine maestro, stesse meraviglie per tante situazioni al limite del credibile, stessa indignazione per le perverse eredità lasciate da un ceto politico e amministrativo spesso rotto a tutte le collusioni, che ha permesso, quando non addirittura incoraggiato, scempi di inaudita violenza.”

Cosa è cambiato, in fondo, dagli anni ’90 ad oggi?

Il Po si racconta. Uomini, donne, paesi, città di una Padania sconosciuta Book Cover Il Po si racconta. Uomini, donne, paesi, città di una Padania sconosciuta
Universale Economica
Ermanno Rea
Viaggi
Feltrinelli
2017
312 p., brossura