Rosella Lisoni nasce a Marta, in provincia di Viterbo. Laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne e Contemporanee presso L'Università degli Studi della Tuscia con una tesi sul cinema di Pasolini, autore su cui sta scrivendo un saggio di prossima pubblicazione con la casa editrice viterbese Sette Città. Lavora nella segreteria di direzione DIBAF presso l'Università della Tuscia. Per molti anni ha scritto recensioni cinematografiche sulla rivista Cinema60

I guai

Di Rosella Lisoni

Spaventata ma anche incuriosita Aurora non riusciva a smettere di pensare alla casa di Igor, all’incontro con lui, alla sua vita che in fondo scorreva  a pochi metri dalla propria. Spesso il suo gatto si infilava nel giardino di Igor e lei frettolosamente andava a riprenderselo, a volte invece Igor suonava al campanello di casa con il gatto in braccio. Non di rado si ritrovava a riflettere su quella strana casa, dove tanta gente andava e veniva e dove lei era sempre bene accolta. Igor molto gentile, ben vestito, educato, tradiva però un alone di mistero. Tutto era troppo perfetto, irreale quasi. Una sera, di ritorno dal lavoro, trovò Gemma, la sua gatta, nel giardino di Igor e si affrettò a riprenderla, mentre Igor, intento a cucinare, le corse in contro per dirle che “la gatta non si è sentita bene, ha vomitato, tremava dal freddo, poi mi sono accorto che aveva una gamba sanguinante, forse un litigio con altri gatti”. “A casa la curerò, ho un antibiotico dato ai miei ragazzi che male non le farà, poi domani contatterò il veterinario” rispose in gran fretta Aurora “grazie Igor, scappo che è molto tardi e devo preparare la cena”. “Aurora bevi qualcosa con me, un bicchiere di vino, un aperitivo, sempre di fretta vai, ops ho usato il tu, perdono, mi è venuto naturale” “Tranquillo Igor, va bene, puoi darmi del tu, ti ringrazio, ma devo proprio scappare”.

A casa Aurora cucinò una cena frugale e iniziò a curare Gemma, che sfinita si addormentò sul divano. Il giorno successivo al lavoro ripensò a Igor, iniziò a fantasticare sul suo conto: “Forse è soltanto gentile o forse nasconde qualcosa e teme una mia reazione”. Aurora era solita aggrovigliarsi nei sui pensieri e rimuginare, amava rincorrerle sue fantasie, farsi trascinare lontano dai ricordi e, come le capitava spesso, la sua mente andò ad Orlando. Si ricordò del loro primo incontro, di come all’inizio con lui era tutto facile, tutto bello, senza intoppi. Sembrava l’uomo giusto al momento giusto, il regalo che la vita ti concede quando più ne hai bisogno: dolce, sensibile, comprensivo, bello e affascinante, “dov’è l’inganno” si ripeteva Aurora, “cosa si cela dietro la sua calma e suo sorriso bonario”. Pian piano si era convinta che lui era proprio un buono, una persona gentile e autentica, anche se quella strana sensazione iniziale si rivelò in seguito essere vera.

Con gli anni Orlando diventò sempre più nervoso e scostante, quasi insensibile a lei, preso dai suoi problemi di salute si allontanò da Aurora, mentre lei, non riuscendo a farsene una ragione, ne soffriva molto. Aurora in gioventù era stata molto corteggiata, bella e vitale riusciva facilmente ad incantare gli uomini, che adoravano la sua spontaneità e forza d’animo, il suo entusiasmo, la sua  passione per ogni nuovo progetto. Lei aveva occhi soltanto per il suo Orlando che al contrario non pensava che a sè. I figli, il lavoro, la casa, tenevano Aurora sempre impegnata. Il tempo scorreva e lei, presa dalla routine quotidiana, non si accorgeva che la vita  stava scivolando via. La solita routine, senza passione, senza slancio, un giorno dopo l’altro, sempre di corsa, sempre di fretta.

Fu il giorno del suo compleanno che capì che qualcosa era davvero cambiato, che erano arrivati al punto di non ritorno. Abituati da sempre a festeggiarlo con i figli tutti insieme nel ristorante preferito di Aurora, quella sera Orlando accusò un forte mal di testa e preferì restare a casa lasciando Aurora a festeggiarsi con i suoi 4 figli. “Comprati il regalo che vuoi, senza tante lamentele e vai a festeggiare con loro, io resto a casa, non sono in forma stasera” le disse Orlando. “D’accordo” disse Aurora, senza tradire nessuna espressione triste. Aurora andò e finse di essere felice per non turbare l’armonia e per non rovinare la serata ai figli, ma intuì che qualcosa si era spezzato. La tristezza e l’angoscia erano sopraggiunte e la sera prima di addormentarsi scoppiò in un pianto sconsolato. “Non voglio più vivere così, non riesco più ad accettare la situazione, la vita è altro, in fondo è da anni che non sono più felice, che non sorrido più” pensò tra sè e sè. Erano la tenerezza, la dolcezza, la complicità che le mancavano, anche nei loro fugaci rapporti sessuali non c’era più amore, non c’era passione, né coinvolgimento. Era triste anche far l’amore con Orlando, era fonte di fatica. Il sesso tra loro era qualcosa di scontato, un dover quasi, al quale Aurora non poteva sottrarsi, ma il piacere era svanito, non esisteva più. Pian piano cominciò a sottrarsi agli “attacchi” di Orlando e lui diventò sempre più rabbioso e duro con lei. “Che fai ti sottrai, mi sfuggi?” “Sono stanca, sfinita”, gli ripeteva Aurora,” voglio soltanto riposare”.

Pian piano si allontanarono l’uno dall’altra e divenendo due estranei. All’inizio pensò di non poterne fare a meno e si accontentò anche delle briciole, era legata a lui e nulla le avrebbe mai fatto cambiare idea. La malattia la fece desistere, gli urli di Orlando, la sua violenza verbale e fisica la ferirono, le continue umiliazioni e sopraffazioni divennero insopportabili. Minacce, ricatti, comportamenti squilibrati, la portarono a decidere in fretta ” E’ finita Orlando, non è più vita questa, non voglio più stare neanche un giorno insieme a te”. Il suo amore si trasformò in rabbia, la rabbia le diede la forza di reagire e abbandonare Orlando alla sua follia. Furono giorni duri e pieni di dolore, Orlando divenne il suo incubo, uno stalker, non le diede tregua. La rincorreva, la minacciava di morte, le bucava le ruote della macchina, le telefonava a tutte le ore del giorno e della notte spaventandola e umiliandola. Ebbe paura, non era più tutelata e si sentì fragile, a nulla servì la corsa dai carabinieri per denunciare il comportamento pericoloso di Orlando, finché una sera, al temine di una violenta lite, giunsero in casa dei poliziotti allertati dai vicini. Orlando quella sera non lasciò la casa, sebbene inviato ad allontanarsi  dalle forze dell’ordine.

Il giorno successivo cadde a terra e si ruppe le costole, non fu più autosufficiente e ebbe bisogno di assistenza continua. Fu necessario un ricovero in ospedale, da allora uscì per sempre dalla sua vita. “Sono libera ora, sono in pace” pronunciò Aurora tra sé e sè. Aurora era disperata, avvilita, ma furono i suoi figli a darle la forza di reagire e non mollare mai. Impiegò del tempo per ricostruire la sua vita, per ritrovare il suo equilibrio, per ritrova se stessa. Non fu facile, ci furono giorni bui, tristezza e delusione per la fine di una storia d’amore in cui aveva creduto appieno, ma la forza della vita giorno dopo giorno ebbe la meglio sulla disperazione. Aurora in fondo era un combattente, una donna in cammino e anche se nulla per lei era era stato facile, sapeva che poteva farcela, in fondo chi ha subito un danno ha imparato a non mollare mai. Le ferite dell’anima le conosceva soltanto lei e a nessuno vennero mostrate. In fondo pensava “sono stata fortunata, la vita mi ha regalato tanti guai, tante brutte sorprese e proprio per questo ho imparato a cavarmela”. Ora però che il passato era alle spalle non voleva cacciarsi di nuovo nei guai con Igor, non voleva turbare il suo equilibrio raggiunto con tanta fatica. Igor non doveva entrare nella sua vita, lei non poteva permetterglielo, ma forse lui era già prepotentemente entrato nella sua vita. Spettava soltanto ad Aurora chiudergli la porta in faccia o lasciarlo passare.  Aurora ancora una volta non impedì ad Igor di starle lontano.

In copertina l’autrice (Foto da facebook)

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