Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Le due morti del dittatore Salazar

Di Geraldine Meyer

Un uomo grigio, solitario, allergico alla condivisione del suo tempo e del suo spazio, dedito, con la cieca metodicità del seminarista, all’arte di scomparire. Almeno a livello di immagine. Sembra strano, forse, pensare che questo ritratto appartenga ad uno dei più feroci, subdoli e ambigui dittatori europei. Stiamo infatti parlando di Antonio Salazar, e il suo delirante “fascismo mediterraneo”. E ne parliamo attraverso il bellissimo L’incredibile storia di Antònio Salazar, il dittatore che morì due volte, di Marco Ferrari, edito da Laterza Editore nella sempre più ricca e vitale collana Storie di questo mondo.

Un uomo che con la repressione sottile, con la polizia segreta, con alleanze da “piede in due scarpe” passò indenne la Seconda Guerra Mondiale, governando dagli anni ’30 agli anni ’70 in un Portogallo che, nella sua testa, era qualcosa di molto simile alla realizzazione di un discorso quasi messianico, voluto da Dio: il Portogallo e il suo impero.

Con una rete di spie, che lavoravano anche nei bordelli, vietando il fado (che divenne anche una forma di resistenza politica) costruendo prigioni in isole remote in cui più facile era applicare metodi criminali, Salazar resse per quarant’anni un impero che si estendeva dalla Guinea al Mozambico, da Macao a Timor Est, erede e portatore di quella malsana idea di lusitanità a tutto superiore, autistica e sorda. Retta da complici servilismi e un sistema corporativo che, ovviamente, soffocò lavoratori e sindacati.

Un uomo grigio, venuto dal Portogallo rurale e duro e che aveva, come orizzonte, l’angusto limite culturale di questo modello.

In questo L’incredibile storia di Antònio Salazar, il dittatore che morì due volte, Marco Ferrari ci porta per mano in una storia scritta con il ritmo e la sensualità, la lucidità e l’assurdo di alcune pagine di Pessoa e di Tabucchi. Per raccontarci, anche e soprattutto, la farsa di una defenestrazione avvenuta ancor prima della Rivoluzione dei Garofani nel 1974.

Era il 1968 quando Salazar, sedutosi pesantemente sulla sua poltrona, per un movimento goffo, cadde e battè la testa. Da quel momento inizia qualcosa che ricorda molto la finzione messa in scena da parenti e amici nel film Goodbye Lenin in cui una donna entra in coma durante gli anni della DDR e si risveglia quando questa non esiste più.

I danni cerebrali della caduta portarono ricoveri e operazioni, blocchi renali e momenti di totale oblio. Da cui l’uomo grigio si riprese sempre, sorprendentemente, fino al finale. Ma la sua situazione sanitaria indusse l’allora Presidente della Repubblica a sostituire il padre, padrone nonché Primo Ministro. Fin qui tutto normale. La trama da storica diventa quasi letteraria per lo spettacolo della finzione messo in atto: nei momenti di lucidità nessuno ebbe il coraggio di dire a Salazar che, in realtà, era stato defenestrato. L’uomo grigio e malato non contava più nulla ma la sua coorte, anche quelli sinceramente stanchi di lui, inscenarono finti dispacci, finte riunioni, finanche finte copie di giornale stampate apposta per lui e finte interviste televisive.

Uno spettacolo surreale, comico e tragico al contempo, che racconta dei tentacoli di un potere vittima di sé stesso e di una cultura e un paese addormentato, mentre tutto attorno a esso cambiava. Del resto lo stesso Salazar soleva dire, in risposta a chi si arrendeva alle giuste pressioni e riconosceva l’autonomia ad altri territori coloniali: “Siamo un popolo dolente che non sopporta facilmente grandi iniezioni di idee nuove.”

Ciò che esce da questo libro è la figura di un uomo invisibile, come scrive Ferrari: “L’invisibilità di cui Salazar era dotato divenne la sua chiave di governo, non solo di uno Stato ma di un impero. Non aveva bisogno di conquistare paesi e territori, lui li aveva già ed erano abbondanti.”

Pagine davvero che tengono attaccato il lettore anche non appassionato di storia o di politica, anche per l’alternanza di avvenimenti, appunto storici e anche drammatici (come quelli legati al famigerato carcere di Cascais) e pagine legate all’aspetto più privato della vita del dittatore, pagine di geopolitica e pagine che raccontano magistralmente gli equilibrismi di un paese arcaico e pieno di contraddizioni.

L'incredibile storia di Antònio Salazar, il dittatore che morì due volte Book Cover L'incredibile storia di Antònio Salazar, il dittatore che morì due volte
Marco Ferrari
Storia
Laterza
2020
197 p., brossura