Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Gli egoisti. La tensione etica di Bonaventura Tecchi

Di Geraldine Meyer

A Bonaventura Tecchi, sempre nella rubrica Alla ricerca del libro perduto, la nostra rivista aveva già dedicato l’articolo Tecchi, la Sicilia e le lettere (che vi invitiamo a leggere cliccandi QUI). Tornarci, parlando questa volta di Gli egoisti, dimostra quanto questo autore sia per noi meritevole di scoperta e riscoperta. Tornare a Tecchi vuol dire tornare a quel ‘900 da cui non si può e non si deve prescindere. Anche e soprattutto per comprendere quelle derive di vuoto in cui è troppo spesso approdata la letteratura successiva.

Gli egoisti, dunque. Ma di che libro si tratta? Un romanzo? Un saggio teologico e morale? Forse entrambe le cose si possono trovare in questo libro, pubblicato per la prima volta, da Bompiani, nel 1959 e con cui Tecchi vinse i premi Bancarella e Bagutta. Un testo in cui lo scrittore, nato a Bagnoregio nel 1896, riversa molte di quelle che furono le sue istanze cristiane e etiche. Anzi, forse proprio tra queste pagine, emerge più forte e viva la sua indagine letteraria e filosofica sul male e sul demoniaco. Due elementi focali in questo Gli egoisti. Che già dal titolo richiama a gran voce una precisa ricerca tematica.

Edizione Bompiani del 1959

“Metodico compositore di libri” lo definì Giacomo Debenedetti. E metodicità si avverte anche in questo testo in cui il lettore si troverà dinanzi ad alcune “ossessioni” dello scrittore quali la sensualità e la solitudine.

Gli egoisti è un libro in cui il tema trattato assume una dimensione, si potrebbe dire, corale che dona voce a un variegato e rappresentativo campione culturale e sociale di persone. Si apre con un pranzo, quasi a sembianza di un coro introduttivo, nella casa romana di uno dei protagonisti, il famoso dottor Paolo Contarini, cordiale e portato a comprendere, almeno così sembra, debolezze e cadute umane. Al pranzo, che diviene un desco intellettuale su temi, appunto, come male, anima, spirito, demoniaco, donne, partecipano diversi personaggi, tutti uomini e tutti scapoli. Vi è il professore di sanscrito Almirante, da subito presentato come quasi ossessionato dall’idea della donna come unico contatto con la vita. Vi è Giacomo D’Alessio, ricco industriale votato alla causa del “prestigio del denaro”. Poi Roberto Fauni, giovane e freddo professore di fisica, Marcello Rudòr, poeta e traduttore e due preti, un anziano monsignore e un giovane e silenzioso prete olandese. Metafore necessarie per il discorso talvolta accidentato della teologia stessa.

Un pranzo che è una sorta di preambolo e presentazione di quei personaggi che, proseguendo nel libro, andremo a conoscere in modo più approfondito e di cui comprenderemo lo specifico egoismo. Il professor Almirante, proprio dalla sua visione della donna, emergerà con una solitudine in cui l’egoismo sarà una sostanziale incapacità di uscire dal “vizio” e da un lucido e malinconico scetticismo. Tanto più forte quanto più cercherà di comprendere come possa, dal basso, arrivare la vita più alta. Il dottor Conterini si scoprirà a sconfinare in un egoismo gaudente proprio partendo da quella comprensione che dovrebbe essere il suo opposto.

Il denaro e il potere economico saranno il filtro attraverso cui tutto passa per l’egoismo di D’Alessio, l’intelletto freddo e schematico ciò che diviene unica chiave di lettura per l’egoismo del giovane Fauni. Mentre sarà quello tipico degli artisti l’egoismo incatenante che imbriglierà il letterato Rudòr.

Ma non si pensi a un romanzo a tesi, con i protagonisti ridotti a cliché intellettuali e portatori di assenze di dubbi. In realtà la forza di questo libro è proprio il percorso in cui molte saranno le crepe e le incertezze in cui si troveranno i vari personaggi. Quasi un divenire inevitabile scatenato proprio da quelle donne, centro di tutto e assenti nel pranzo di apertura. In una dinamica, anche narrativa, che partendo dal loro non esserci le rende, invece, assolutamente e costantemente presenti in tutto il resto del libro. Jeanne e Isabella, che diverranno le mogli di Fauni e D’Alessio, saranno quasi una sorta di catalizzatore, di scatenamento di quelle voragini in cui materia e spirito divengono una sola cosa. Tanto più unica quanto misteriosa di irrisolvibile mistero.

Gli egoisti rappresenta veramente una straordinaria ed elegantissima (per stile e profondità) speculazione sul mistero della vita, sulla sua stessa imperfezione che diventa però elemento fondante, creativo e costruttivo. Il demònico di Goethe si unisce a Sant’Agostino in un intreccio inevitabile tra “egoismo intellettuale” e alito incontenibile di vita. Ma in cui il rischio è un’ombra di isolamento di chi fa dell’intelletto un autistico rifugio.

Un libro molto complesso, a più strati. In cui temi “pesanti”, al confine con la teologia intesa come “parola che lega insieme” emergono dalla narrazione e descrizione di elementi di vita quotidiana. Con tutto il suo carico di senso e di impossibile schematismo.