Lettrice appassionata, vive a Vercelli e ama il mare

Puttane assassine, raccolta di racconti di Roberto Bolaño

Di Claudia Janneth Baquero

…”…come se di colpo si fosse innamorato dell’immagine che gli offrivo, dandomi corda perché continuassi a raccontargli non solo cose di Jara ma cose degli amici di Jara e infine del mondo, un mondo che era troppo grande persino per Jara…”

Sono passati ormai quasi diciassette anni da quando è scomparso prematuramente Roberto Bolaño. “Puttane assassine” è stata la sua ultima silloge di racconti scelti. Sono tredici storie brevi, dedicate come sempre ai suoi cari figli Lautaro e Alexandra, storie legate dalla violenza e dalla poesia. “Perdonerai i miei eccessi…in fin dei conti siamo tutti e due lettori di poesia” dirà uno dei suoi personaggi ed è esattamente questo il riassunto del libro, una serie di eccessi descritti con finta leggerezza, con l’occhio distaccato di chi ha già visto tutto e che ormai vola sopra il dolore dei ricordi, un voyeur dei sentimenti.

Ci sono tanti “non detti” tra le sue righe. Mentre si legge, bisogna stare attenti ad ogni sua parola. Il “non ci sarà più” pronunciato da Bolaño risuona come una sentenza per il lettore distratto. Lui ci avverte che ci sarà un attimo, un piccolo istante che ci permetterà di cogliere la magia creata dalle sue parole che provengono da ricordi profondi, da sensazioni e pulsioni vere, non censurate né nascoste. Verità che, come illuminazioni simboliste, snapchat poetici, suggestioni, resteranno nella nostra mente per pochi secondi, come elaborati creati ad arte da un maestro dei sentimenti. Il dolore e l’angoscia che Bolaño descrive nei suoi racconti ci viene scaraventato addosso senza preavviso con storie cruente, dove siamo spettatori impotenti, incapaci di poter intervenire ma anche incapaci di staccare gli occhi dalla scena, ancorati fino alla fine, sapendo molte volte, fin dall’inizio, che un epilogo crudele sarà inevitabile.

Roberto Bolaño (Foto da wikipedia.it )

In questo libro, Bolaño ci porta a passeggio tra luoghi bui e puzzolenti, nelle periferie, tra Messico e Spagna, mostrandoci che la marginalità non conosce né frontiere né accenti. Quando cade la notte, l’oscurità copre tutto e tutti, inclusi noi, e un buio che doveva sottomettere e rinchiudere si rivela invece liberatorio per le anime della notte:…”Bolaño, fai attenzione, in questo quartiere vanno a passeggio solo i morti…”. quelli che come lui, come noi che lo accompagniamo, ormai non hanno più paura di morire oppure sono morti, oppure camminano come ubriachi sotto l’effetto stupefacente della poesia. Storie di barbarie, di tenerezza, di vendetta, tra rimpianti e sogni infranti, incontri e addii, tutta una serie di personaggi che ci vengono svelati e che possono sembrare comuni ma che poi si rivelano spaventosamente strani. Il “regno” di Cile appare sempre in sottofondo, come un quadro appeso al muro che ricorda un mondo perduto ma mai dimenticato, un sogno impossibile di ritorno dopo l’esilio a una patria che non esiste più, che vive soltanto nella memoria dell’esiliato. A illuminare le stanze dove si svolgono le storie ci troviamo quasi sempre le luci dei lampioni, perché la notte sembra di essere la compagnia perfetta per molti dei personaggi che vagano nella memoria di Bolaño, dei falliti che non riescono più a dormire torturati dal proprio passato e dai pensieri, anime in pena. L’oscurità nasconde i loro corpi martoriati, deformi o vecchi permettendogli di fluire in un divenire spasmodico, come i clienti di bordelli scadenti o di bar di periferia che si siedono a un bancone guardando la decadenza davanti a sé mentre innaffiano con alcol la propria disperazione.

Personaggi che sembrano di stare in eterna attesa di un mattino che arriverà per tutti, una luce di sole che magari redimerà le loro vita ma che molte volte finisce per essere soltanto la piccola luce di una sigaretta nel buio. Ed è proprio questo che si sente nelle parole di Bolaño quando lo accompagniamo a piedi “per un marciapiede mal illuminato“, sentiamo con le sue parole il tocco “freddo, la mano di una persona triste”,  un pensiero della morte per lui imminente ma troviamo anche il suo umorismo in mezzo alla tragedia, lo spirito della poesia. Nei suoi racconti ci troveremo davanti scene raccapriccianti di corpi legati o senza vita, in balia di strani appetiti, come se fossero soltanto oggetti, fonte di soddisfazione per i capricci e per i desideri di predatori urbani. Per chi ha amato i libri di Bolaño, questo in particolare è un compendio delle sue passioni e ossessioni: il calcio, la notte, il viaggio, la patria, il sesso, il dolore, la malattia, le strade notturne, i bar, i poeti francesi, l’identità, l’insonnia, la poesia. Si potrebbe dire che leggerlo sia una specie di agonia, una tortura consensuale alla quale ci sottomettiamo per amore, un legame con una voce che ci lega con parole, sensazioni e suggestioni per condurci verso un precipizio da dove posiamo intravedere meglio noi stessi sotto una nuova luce.

Non c’è bisogno di abbellire o camuffare lo squallore di una serata degenerata dall’alcol e dalla marginalità, perché  Bolaño con i suoi racconti, simili a viaggi allucinogeni, ci porta con sé e ci fa vedere, come hanno fatto anche i suoi cari poeti francesi, quell’attimo di bellezza e di verità che si nasconde nel buio dell’animo umano e che soltanto possiamo intravedere quando sfidiamo la follia, quando la luce della luna ci mostra la strada, quando scopriamo di condividere il mondo con delle puttane assassine.

Puttane assassine Book Cover Puttane assassine
Roberto Bolaño. Trad. di Ilde Carmignai
Racconti
Adelphi
2015
230 p., brossura