Rosella Lisoni nasce a Marta, in provincia di Viterbo. Laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne e Contemporanee presso L'Università degli Studi della Tuscia con una tesi sul cinema di Pasolini, autore su cui sta scrivendo un saggio di prossima pubblicazione con la casa editrice viterbese Sette Città. Lavora nella segreteria di direzione DIBAF presso l'Università della Tuscia. Per molti anni ha scritto recensioni cinematografiche sulla rivista Cinema60

Aurora

Di Rosella Lisoni

Quella mattina Aurora non riusciva proprio a concentrarsi.
Eppure mancavano soltanto poche pagine alla conclusione della stesura del suo saggio, ma qualcosa la turbava, o meglio la distraeva. Forse una boccata d’aria l’avrebbe aiutata a concentrarsi e a terminare il suo lavoro. Certo la situazione non era delle migliori, il virus selvaggio mieteva vittime, i numeri parlavano chiaro, ma Aurora avvertiva come non mai un desiderio d’evasione. Indossò la tuta, mise ai piedi le sue vecchie scarpe da ginnastica e uscì. Un pò d’aria fresca le avrebbe fatto sicuramente bene. Il sentiero era vicinissimo a casa, neanche 50 metri, nessun problema, se l’avessero fermata.

Si inoltrò lungo la pista ciclabile che costeggiava la sua casa e conduceva alla montagna e s’incamminò senza meta, l’importante in fondo era fare una bella passeggiata. Lungo il cammino molti rovi e ciottoli ovunque, l’aria era fresca, la primavera stava sbocciando, “si, era stata una bella idea quella di uscire” pensò Aurora. D’un tratto un sentiero ombreggiato, con in fondo un cancello e alle spalle la Villa. Si ricordò subito dei racconti di sua  madre, della famiglia nobiliare che abitava in Villa, del ruolo che essa aveva ricoperto. In alto lo stemma, l’allocco con tre stelle che poggia i piedi sulle tre colline. “Entro?'” pensò per attimo Aurara, ” varco la soglia del cancello semi chiuso o me ne torno a casa, sicura dietro la mia scrivania?”.

Dopo il primo attimo d’esitazione Aurora aprì il cancello, percorse il lungo viale che conduceva alla Villa e, aprendo una porta semi chiusa, entrò. Trovandosi di fronte tanta bellezza, arazzi, mobili antichi, soffitti a cassettoni, ripensò alla sua vita, meglio alle sue vite. Non era stato facile per lei diventare adulta. Sua madre era stata una donna fragile, insicura totalmente dipendente dal marito. Suo padre duro, narcisista ma estremamente intelligente. Era a lui che Aurora si era ispirata per andare avanti nelle mille difficoltà che la vita le aveva presentato.

Ora sua madre era accudita in una casa di cura, bella, accogliente, immersa nella natura. Il padre era morto da poco, ma era  sempre vivo nei suoi ricordi. Aurora aveva studiato molto, era bravissima a scuola. Non soltanto una laurea in Biologia, ma anche una laurea in Lettere. La letteratura, la sua passione, la scrittura, il giornalismo. Si era accontentata di un lavoro alle poste, non la soddisfaceva molto, ma all’inizio si era rivelato utile. “I soldi servono sempre” aveva pensato. “Poi chissà arriverà il lavoro sognato ” si ripeteva. Aurora aveva avuto due mariti, diversi ma simili nel modo di porsi al mondo.

Ma soprattutto aveva avuto 4 figli stupendi, due dal primo marito due dal secondo, “I miei capolavori” come ripeteva spesso. Aveva amato entrambi i mariti, anche se in modo differente, ma forse lei non era mai stata amata da loro. Col primo marito aveva vissuto in una Villa che le ricordava molto quella in cui per caso si era imbattuta ora. “Sarà soltanto una coincidenza?” pensò Aurora, “o dovevo recarmi qui, oggi?” I  mobili, l’odore di vecchio sparso ovunque la turbavano un pò. Ripensò alla vita di tanto tempo fa, quando lei e Eugenio vivevano insieme. Non era felice Aurora, non era quella la sua vita. Era come prigioniera, viveva all’ombra di Eugenio. Lui duro, prepotente, molto ricco, ma un perdigiorno e nient’altro. Lei romantica, sognatrice, una gran lavoratrice, istancabile. Troppo diversi in fondo, non potevano stare insieme.

Eugenio l’aveva avvisata una sera “pensi di essere felice con me” le disse.”Si” rispose Aurora senza esitare, in fondo era innamorta di Eugenio e non aveva scampo. Il tempo però sbiadisce tutto si sa. E Aurora dovette arrendersi all’evidenza.”E’ finita”, disse una sera Auriora ad Eugenio, “voglio lasciarti”.
Eugenio non le credette, in fondo lei era sempre devota e l’amava tanto. Se ne andò fuggendo Aurora lasciandosi alle spalle tutti i brutti ricordi, ma portando con sé Lucia e Elena, erano piccole, e avevano bisogno di lei. Ma ricominciò.

Passarono gli anni e incontrò Orlando. Era bello, forte, intelligente e Aurora non esitò ad accoglierlo. “Tu sei felice” gli chiese, “si”rispose Orlando. Tanti anni insieme ad Orlando, senza mai accorgersi delle sue fragilità, dei suoi fantasmi. La malattia sopraggiunse, fu violenta, dolorosa. Le urla di Orlando,la sua rabbia, la follia. Aurora sola ebbe paura, si sentiva in pericolo con lui, temeva per la sua vita. Non era più lui l’uomo che aveva voluto sposare . “Devi morire, non puoi continuare a vivere, mentre io muoio ogni giorno” le ripeteva Orlando con rabbia.”E’ finita” disse Aurora “non è più vita questa, non mi distruggerai”.

Il divorzio, gli avvocati, la sofferenza, le minacce sempre più pressanti di Orlando.  “Stavolta è veramente dura” pensò Aurora, “Il dolore è insopportabile e la paura aumenta di giorno in giorno”. “Finalmente i carabinieri a casa” pensò ad alta voce Aurora, “lo allontanano, sono salva, siamo salvi”. Ancora una volta Aurora si trovò a scegliere e scelse di restate sola e ricominciare. In fondo aveva Gabriele, Simone, Lucia e Elena. I suoi uomini non potevano fermarla, i sentimenti non potevano tradirla. Lei era viva, poteva farcela. Aurora era uno spirito libero, fragile all’apparenza ma fortissima, determinata, indomita. La forza d’animo l’aveva scoperta col tempo, la vita l’aveva fortificata e ora lì ,sola nella Villa vuota aveva finalmente capito il senso dell’intera sua esistenza.

Non arrendersi, andare oltre, oltre il dolore, oltre le paure, oltre le proprie insicurezze. Si guardò intorno e scappò via, era freddo li e il sole stava calando. Ritornò sul sentiero, continuò il cammino e entrò nella sua casa. Fuori c’era paura, il nemico nascosto non si arrendeva, la tensione era alta, il virus continua a fare vittime. Si doveva stare in casa, era quella la cura. Ma ora c’era altro, il suo lavoro da ultimare, il suo sogno da realizzare. La pagina del suo saggio era ancora vuota, il saggio doveva essere ultimato, l’editore aveva fretta, bisognava far uscire il libro al più presto, i tempi erano stretti, il vuoto della solitudine non le faceva più paura, ora. La vita  continuava a scorrere, lenta e inesorabile, ma mai uguale a ieri. Aurora in quell’attimo pensò: “Certo ho avuto una grande opportunità, posso scrivere ora, posso essere finalmente io, libera e felice. “Si alzò, bevve una  tazza di te e sussurrò “In fondo fuori è primavera”.

L’immagine di copertina è La passeggiata di Marc Chagal