Intriso da sempre di musica, avendo trascorso l’infanzia (ahimè, inutilmente!) al fianco del padre che accompagnava al piano la madre cantante, al pari d’un novello Ambroise Bierce, lo scrittore topografo della Guerra di secessione americana, come archeologo ha rilevato (tacheometro, “dritta quella dannata stadia!” e logaritmi vari) mezza Africa Orientale, il Medio Oriente e il Centro America. Tra una stagione concertistica e l’altra organizzata come impresario (essendo sempre stato cacciato dai cori in cui cercava ostinatamente d’intrufolarsi), infine è approdato alla traduzione letteraria dei classici anglo-americani... sembrerebbe con risultati migliori che come baritono. Pare. Quello che invece è sicuro è che è davvero Il Cappellaio Matto.

La musica in Joyce II puntata

Di Il Cappellaio Matto

Dicevamo che, peraltro, anche con Nora, l’amante, la compagna e infine sua moglie, fece sfoggio delle proprie qualità canore. Nora Barnacle… Il 10 giugno 1904, mentre passeggiava per Nassau Street a Dublino, James appena ventiduenne scorge una giovane donna di vent’anni, alta, capelli castano chiari con riflessi ramati e dal passo fiero: in breve, ne rimane folgorato. Da quel momento, Nora diventerà una presenza costante nella vita dello scrittore e nell’ottobre dello stesso anno fuggirà con James sul continente.

Dunque, dicevamo che anche con Nora ebbe l’opportunità di fare sfoggio delle sue qualità canore, esattamente a un concerto pomeridiano del 22 agosto 1904, durante il quale cantò My love she was born in the north Countree e soprattutto The Coulin, un’antica aria tra le più belle e suggestive del repertorio tradizionale irlandese, “la ragazza dai capelli biondi”: clicca QUI per ascoltare

E cantò in modo incantevole anche Down by the Salley Gardens (Là nel giardino dei salici), dolcissima e malinconica canzone tratta da una poesia di William Butler Yeats: clicca QUI per ascoltare

Altro cavallo di battaglia di Joyce tenore era: Ye Banks and Braes: ballata del 1788, una triste storia di una ragazza scozzese abbandonata dal suo falso innamorato dopo essere stata sedotta: clicca QUI per ascoltare

Nora rimase incantata dalle qualità canore di James tanto che in lei si radicò la convinzione che il suo giovane amante e poi sposo dovesse insistere con la musica invece di star lì a perder tempo con la letteratura.

Partito per il continente con Nora nel 1904, nel 1905 Joyce si trasferì a Trieste in qualità d’insegnante d’inglese alla Berlitz School. A Trieste ricominciò a prendere lezioni di canto, dividendosi tra la musica e l’attività di scrittore.

Tornato nel 1909 in Irlanda per la prima volta dopo la fuga, si riconciliò con il padre. Pare che in occasione dell’incontro dopo tutti quegli anni, il genitore portò James a fare una passeggiata in campagna e che i due si fermarono a bere nel pub di un villaggio, dove, in un angolo, c’era un pianoforte, al quale il padre John si sedette e senza dire nulla cominciò a cantare: clicca QUI per ascoltare

“L’hai riconosciuta?” chiese al termine al figlio James, il quale senza esitare rispose: “Certamente, è l’aria cantata dal padre di Alfred nella Traviata”.

Insomma, quasi una richiesta di perdono in musica da parte del genitore torturato dal rimorso d’aver osteggiato così a lungo l’amore dei due giovani…

E anche la madre di Nora, durante il suo primo incontro con Joyce, cantò… Cantò The Lass of Aughrim, “la ragazza di Aughrim”, una ballata che anche Nora amava cantare. Una ballata irlandese molto antica, forse di origine scozzese, che viene anche citata in The Dead, l’ultimo racconto dei Dubliners, Gente di Dublino di James Joyce: clicca QUI per ascoltare

Trasferitosi a Zurigo, Joyce continuò a frequentare l’opera e i concerti, e a trascorrere la serata al ristorante Zum Roten Kreuz o al Café Terrasse dove, se non c’erano donne presenti, non disdegnava di cantare canzoni piccanti o addirittura oscene come Le vieux curé de Paris: clicca QUI per ascoltare

Da notare che tra i pochi compositori contemporanei amati da Joyce, oltre a George Antheil, c’era Othmar Schoeck, di cui aveva ascoltato Lebendig-Begraben, una suite di quattordici canzoni su testi di Gottfied Keller per voci maschili e orchestra, tanto amate che Joyce volle tradurle personalmente in inglese: clicca QUI per ascoltare

E musica fu infine anche ai suoi funerali. Morto a Zurigo il 13 gennaio del 1941, alla semplice cerimonia di sepoltura, alla quale parteciparono solo pochi familiari e amici, il tenore Max Meili cantò il brano “Addio terra, addio cielo” tratto dal secondo atto dell’Orfeo di Monteverdi.

«Tu se’ morta se’ morta mia vita… Addio terra addio cielo e Sole e Dio…»: clicca QUI per ascoltare

Abbiamo iniziato la prima parte di questa nota introduttiva facendo udire la voce di James Joyce, e vogliamo concludere facendo udire invece la voce del figlio Giorgio, cantante di professione, che interpreta l’unica composizione che si conosca del padre: Bid Adieu to Girlish Days. clicca QUI per ascoltare