Rosella Lisoni nasce a Marta, in provincia di Viterbo. Laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne e Contemporanee presso L'Università degli Studi della Tuscia con una tesi sul cinema di Pasolini, autore su cui sta scrivendo un saggio di prossima pubblicazione con la casa editrice viterbese Sette Città. Lavora nella segreteria di direzione DIBAF presso l'Università della Tuscia. Per molti anni ha scritto recensioni cinematografiche sulla rivista Cinema60

Hammamet il filmGianni Amelio (2020)

Di Rosella Lisoni

Malfattore, malvivente, truffatore o uomo di grande statura politica e morale, di grande ingegno? Sicuramente un uomo solo e disperato, provato dalla malattia e dall’ “esilio” volontario e’ il Craxi che ci descrive Gianni Amelio. Un uomo vittima di se stesso, che decide di lasciarsi morire come un codardo.Bella la fotografia e sublime la musica di Nicola Piovani, eccelente la recitazione di Favino che stavolta supera se stesso e ci restituisce l ‘immagine di Craxi identica a quella reale.

Pierfrancesco Favino nei panni di Bettino Craxi

Nessun giudizio morale o etico trapela nel film, soltanto il ritratto di un uomo fragile, timoroso, di grande ingegno e con tratti di grande umanità. “Farò di tutto per aiutarla, parlerò con qualcuno che conta” – dice con grande dolcezza al marito della povera donna tunisina febbricitante al letto e gravemente malata. “Non si preoccupi” – risponde l’uomo- “sono sempre i poveri a pagare per primi”

Un film intimista, che scava nell’animo del politico ferito, che entra nella sua casa, nella sua intimità, nei suoi affetti più veri. I mobili, i tappeti, i letti, la cucina di casa, i suoi ritratti, la passione per il cibo, tutto ci parla ci lui, ma in una dimensione intima, personale, quasi fiabesca. Solo un accenno al Congresso socialista in apertura del film, in cui il politico parla davanti ad una folla in delirio e l’immagine viene mostrata ingigantita su uno schermo triangolare, nulla di più. I silenzi, le pause, le attese, i primi piani sulla faccia dell’ uomo malato ci raccontano che la sofferenza è sempre in agguato.

Non c’è il sole ad Hammamet, non c’è il mare che trionfa, anche il tempo è grigio, l’aria è pesante, c’è odore di morte, nelle strade, in casa, nell’ospedale. A nulla serve l’amore della figlia, Anita nel film, quasi a celebrare le eroiche gesta della moglie di Garibaldi, più volte citato nel film. Non serve l’arrivo dell’ amante a lungo desiderata. Nemmeno la vicinanza di Fausto, il figlio di Vittorio, l’amico di partito morto suicida. Il dolore uccide, le ferite dell’ anima logorano la salute. Soltanto nel sogno trova pace Craxi, rivede la sua amata Milano e l’amato padre che lo attende. Ma per poco, perché anche nel sogno è deriso e umiliato.E’ il sogno soltanto che lo riconduce alla vita, che lo rende libero, che lo riappacifica col mondo, quasi fosse il sogno l’ unica strada percorribile per rimanere in vita e che dona al film una dimensione shakespeariana, kafkiana.