Vladimir D’Amora è nato a Napoli nel 1974. In poesia ha pubblicato Pornogrammia , Edizioni Galleria Mazzoli, 2015 (finalista Premio Fiumicino 2015), Neapolitana Membra , Arcipelago Itaca, 2016 (Premio Itaca 2016) Anima giocattolo (finalista Premio Trivio 2016)

FRANCIS BACON E IL CONTATTO DELL’ORRORE

Di Vladimir D’Amora

A Parigi, ora, una esposizione mostra di Bacon anche un suo Eschilo  

1. Guarderemmo. Vedremmo.Osserveremmo.
Ora ci stiamo leggendo… Quindi invitando… E chiediamoci, anche, cosa possa significare, meglio: come funzioni, qui, una certa significazione e significatività – il signare qui giocandosi in una certa complessione di certe interiorità e appropriatezze, e di certe esternità ed esteriorità… – il trovarsi di fronte certamente a un che di visuale, di figurativo e, anzi, pittoricamente anche post-figurativo, ossia di fronte a inneschi autoriali, a clic che, interrompendo, di una auctoritas, la abilitazione stessa a interrompere certe autoritarietà e priorità, appunto mostrandone una, sempre arrischiata sul limite di una forma, forza di deriva: ogni derivazione cosí esponendosi quasi in un congelamento esso stesso sfrangiato, se non arrangiato… – ma, quindi, di fronte a un caso, a una casualità che pure li organizzi, dei dati, delle dature del riferimento: come una pittura, quella dell’irlandese Francis Bacon, funzioni non altrimenti, che lasciando o, forse, ancora facendo…, coincidere una certa lettura, ri-scrittura di riferimenti extra-pittorici, ossia letterari ossia filosofici, e una certa ritrattazione, ironica quasi, del calcolo del peso di effetto del figurato sullo, anzi, nel vedere di un riguardante tanto quasi cadutoci, nell’incidente, nel contatto di fruizione, di uso della donazione autoriale-pittorica, da ritrovarsi sempre in una sfasatura quasi inconcepibile: perché quasi ingaggiante un conflitto nell’intenzione: lo spettatore anche, oramai gettato a godere ben altrimenti, del quadro del ricreatore di stimoli, di inneschi, di scandali: ossia di Bacon.
Perché, quando Bacon convoca sulla tela del suo studio, e nel suo studio sperimentante (non può, a questo punto di complicazione verbale delle complessioni mediali qui in gioco, parlarsi di laboratorio sperimentale…) l’eschilee erinni, tali che nulla di orrorifico vogliano-produrre: come se né volessero-dire né sappiano-produrre…, e il riguardante, e il lettore Bacon Francis di classici-tradotti…, si trovino, l’uno, a essere richiamato, analogicamente, dal terribile dipinto al terribile che ogni guerra debba suscitare e aver prodotto,  l’altro, a rappresentare null’altro, che profondità la cui orribilità sia sempre da contraddire, allegandovi un avvertenza d’uso, la quale si appunti a una analogia tra orrore e tragico… – che cosa sta accadendo? Che cosa è accaduto a una pittura cosí problematicamente, ossia per via di intoppi e sviamento: de-figurazioni: sfigurate esse stesse ingerenze e ingestioni di pietre, vittime, nudità: irriconoscibilità e incongruenze: coincidenze come non caotiche confusioni relazionali: nel rapporto sia verticale e solitario, anzi, analogicamente  isolato…, sia orizzontale e analogicamente… equi-voco: di auctor e… consumatore?
Che ne è, insomma, di Eschilo ri-scritto? E dell’orrore violento? In un tale regime anarchico di complessioni mai prese per mano, per essere condotte al loro compimento meno estetisticamente e/o anesteticamente, che: con-an-estesia?

2. Chiedere, cioè, di un esito post-storico, ossia di un effetto implicato da complicazioni e complessioni e coincidenza insomma traduttive: laddove, cioè entro la traducibilità, il darsi a vedere di certe idee e ideazioni forza la sua stessa gabbia semantica e una certa imposizione di provocazioni inaggirabili la sua stessa evidenza semiotica violenta… – è chiedere non soltanto, non eticamente, di resti: relazionali, contrattuali, contattili… Ma anzitutto è chiedere come funzioni l’operazione stessa di quella operazione che la traduzione, anzi, la traduttiva traducibilità stessa è… E’, cioè: oramai…: oggi: non ieri: non nell’Atene dei maratonomachi…, chiedere chi – se ne resti con una mano non solo mozzata, ma anche a doversela schermare…: ossia se ne stia, in fondo da sempre a sempre, non indennizzato: risarcito… – laddove e quando: ossia ora e qui: essendo ogni relazione (resa possibile da) l’evacuare della sua articolatorietà stessa: un e ogni rapporto resti raggirato proprio da quella finzione-che-finga la sua alterabilità stessa: che rapporti siano possibili perché i contraenti possano fingerla, la loro identità, sulla base della loro rivendicazione di asimmetria e differenza, ossia che ogni relazione giochi alla purezza sua colmando solo di possibile, di uno zero di schermo, lo iato che la generi: è una vittimarietà tanto violenta e orribile, da dover appunto essere – abbandonata solo a un compimento storico… Mentre una erinni – è soltanto una grazia.

3. Naturalmente, lo stiamo solo dicendo. Come se lo stessimo figurando. O digitando.

@Vladimir D’Amora. Vietata la riproduzione senza l’autorizzazione dell’autore

In copertina foto della mostra su Bacon al Centre Pompidou a Parigi, presa da artibrune.com