Adriana Sabato, giornalista, risiede a Belvedere Marittimo. Dopo il liceo classico si è laureata in DAMS Musica all'Università degli Studi di Bologna. Dal 1995 al 2014 ha scritto su La Provincia cosentina e il Quotidiano della Calabria. Gestisce il blog Non solo Belvedere. Ha pubblicato nel mese di marzo 2015 il saggio La musicalità della Divina Commedia, nel 2016 Tre racconti e nel 2017 il saggio Nuove frontiere percettive nel pianoforte di Chopin.

IL SENSO DELL’ASCOLTO

Di Adriana Sabato

Cos’è l’ascolto musicale? Un’indagine? Un’analisi? Dipende.

I Maestri di musica insegnano il solfeggio, insegnano come si debba affrontare la tecnica di uno strumento musicale, la storia della musica, l’analisi. Ma insegnano anche l’educazione musicale. L’educazione musicale è educazione all’ascolto perché per ascoltare una composizione oppure un concerto è necessario fare silenzio. A meno che la musica non sia semplicemente un fastidioso sottofondo che riempie quei vuoti esistenziali dei quali abbiamo paradossalmente bisogno. Ad alcune persone il silenzio spaventa. Ma ogni riflessione sarebbe impossibile senza silenzio, ogni forma di conoscenza di se stessi, del proprio io più profondo e più nascosto resterebbe chiuso, imprigionato in una gabbia sempre più soffocante, senza il silenzio.

Il senso dell’udito va rivalutato.

…“Dobbiamo imparare ad ascoltare. È un’abitudine che sembriamo aver perduto.  Dobbiamo rendere  l’orecchio sensibile  al  meraviglioso mondo di suoni che ci circonda”. (1)

Abbiamo dimenticato quanta importanza abbia il suono primordiale: quel suono cioè che ascoltammo quando, nel ventre materno, l’unico legame con il mondo esterno era rappresentato dall’udito.

Il feto, infatti, si sente tranquillo perché ascolta il battito del cuore di sua madre.

Si sente tranquillo perché ascolta i movimenti delle sue viscere e del liquido in cui è immerso. Sua madre è tranquilla quando ascolta, attraverso il suono e grazie al suono, il cuore pulsante di suo figlio. E quando vede, tradotto dal suono, il suo visino, le sue braccine, le sue piccole gambe, il suo sesso, allora, solo allora, è felice. 

 Silenzio: un paradosso in una società chiassosa quanto la nostra. La nostra società è logorroica. Il pensiero si spegne ascoltando le parole e si frammenta in rivoli di dimenticanze proprio perché sommerso da fiumi di parole.

La televisione con i suoi modelli di bellezza estetica ha diffuso ed esaltato la civiltà dell’immagine perfetta a tutti i costi (!) in maniera tanto esasperata da diseducare all’abitudine di ascolto. Ma la realtà che ci circonda non è fatta solo di oggetti, è fatta anche di suoni. E imparare a riflettere attraverso il silenzio non aiuta solo a conoscere la propria interiorità ma anche ad entrare in empatia con gli altri.

 Come un’orchestra: “è il perfetto modello di società…individui che hanno differenti personalità, che suonano strumenti diversi…concorrono insieme a raggiungere il risultato finale, il Bene Comune. E c’è posto anche per i protagonismi, i guizzi acuti del flauto o del clarinetto… e tutti si adattano al e si piegano alle esigenze dell’altro, in nome di un’armonia collettiva”. (2)

Alla luce di queste considerazioni si può affermare che la musica non è solo tecnica, non è solo imparare a suonare uno strumento, non è solo eseguire un brano in maniera brillante e non è solo capacità di analisi formale o storiografica. È indagine ed analisi di felicità nascoste ma evidenti.

(1) Schafer, R. M., Educazione al suono – 100 esercizi per ascoltare e produrre il suono, Ricordi, Milano 1998. Traduzione di Claudio Lagomarsini. Titolo originale: A Sound Education – 100 Exercises in Listening and Sound–Making, 1992, pag. 6

(2) Muti, Riccardo, L’ infinito tra le note. Il mio viaggio nella musica. Solferino, Milano 2019, pag.51

L’immagine di copertina è Composition VIII di Wassily Kandinsky