Nato a Como, di origine salentina, Alessandro Vergari vive da diversi anni a Bari dopo essersi laureato in Filosofia all'Università Statale di Milano, con una tesi sul rapporto tra guerra e giustizia. Una geografia complicata? Forse. Alessandro scrive recensioni e articoli su diversi blog. Cinema, letteratura, musica e cucina (in qualità di consumatore finale) le sue principali passioni. Ama il sole e il mare. Sulla politica attualmente non si pronuncia. "Ho dato abbastanza", queste le sue dichiarazioni in materia.

Attenzione all’attenzione: Scansatevi dalla luce di James Williams.

Di Alessandro Vergari

James Williams inaugura il suo libro Scansatevi dalla luce. Libertà e resistenza nel digitale (effequ Edizioni) con una citazione di Aristotele: “è cosa riprovevole non potersi servire dei propri beni”. Il bene in questione è la nostra attenzione e le nuove tecnologie ce la stanno portando via.

Filosofo formatosi a Oxford, James Williams ha maturato le sue convinzioni dopo aver lavorato per alcuni anni come strategist di Google. Le sue argomentazioni sposano il rigore analitico tipico della scuola anglosassone a riflessioni culturali che attingono alla tradizione filosofica ‘continentale’, a partire da quella antica, greca in particolare. Lo scandaloso Diogene di Sinope è chiamato immediatamente in causa quale nume tutelare della libertà assoluta di critica e di azione davanti al potere. L’episodio che dona il titolo al libro di Williams si svolge a Corinto nel IV secolo a.C. ed è assai celebre. Il padre del cinismo classico, al solito nudo e discinto nella pubblica piazza, anticonvenzionale e incurante degli sguardi altrui, riceve l’imprevista visita di Alessandro Magno. L’uomo più potente del mondo, incuriosito dalla fama e dalle gesta bizzarre del filosofo, è desideroso di conoscerlo e si dichiara disposto ad esaudire qualunque suo desiderio. Diogene, anziché approfittare della situazione e puntare così ad un facile arricchimento, alla gloria o al prestigio, gli intima, con modi bruschi, di levarsi di torno. In quel momento la luce del sole è l’unico suo possesso, l’unico bene auspicabile e difendibile. E la regale presenza di Alessandro gli fa ombra.

“Nell’offerta di Alessandro a Diogene possiamo rilevare un certo ottimismo imperiale a noi vicino, nella misura in cui i nuovi poteri del nostro tempo, i nostri Alessandri digitali, sono come lui entrati nelle nostre vite e ci hanno offerto di soddisfare ogni genere di bisogno e desiderio. E senza dubbio lo hanno fatto in tanti modi diversi, e in altrettanti modi sono stati dalla nostra parte… Eppure, via via che questi nuovi poteri diventavano sempre più centrali nei nostri pensieri e nelle nostre azioni, abbiamo cominciato a capire che essi, come Alessandro con Diogene, in un certo senso ci facevano ombra, ci privavano di una specifica luce talmente preziosa e centrale per lo sviluppo dell’uomo che senza di essa tutti gli altri benefici portati dal digitale sarebbero poca cosa”. La luce in questione, come anticipato, è “la luce della nostra attenzione”, terreno di contesa e campo di battaglia tra potenze tecno-colonialistiche. L’attenzione, insiste Williams, è un bene fragile, una facoltà da preservare dalla violenza di molteplici e concentrici attacchi. Chi la controlla, assume la capacità di modellare le vite degli altri.

James Williams (Foto da LaStampa.it)

Williams rammenta un’esperienza diretta, non felice e comunque illuminante. Galeotto fu il mitico Tetris, un fortunatissimo gioco elettronico che tutti conosciamo, imprudentemente installato da un amico sulla calcolatrice Texas Instruments TI – 83 di James, acquistata, nel corso dell’ultimo anno di liceo, a supporto delle lezioni di analisi matematica. Gli incastri di Tetris incantano il giovane Williams e lo inducono a passarci molto, troppo tempo, con la conseguenza di trascurare tutto il resto. È l’inizio di una dipendenza. Lo studente non supera l’esame di analisi. Morale della favola: il percorso scolastico di un liceale dal rendimento fino ad allora impeccabile risulta ostacolato dalla tecnologia. La filosofia dei videogiochi e dei primi, rudimentali media elettronici recava già una sfida alla nostra capacità di autocontrollo, a quel prezioso connubio di volontà e concentrazione che ci permette, o meglio ci permetterebbe, di avanzare con sicurezza verso una meta prestabilita. Ora, con i dispositivi portatili ed il relativo corollario di applicazioni per la messaggistica istantanea e l’accesso immediato ai social network, le insidie portate al campo dell’attenzione sono innumerevoli. Internet, complice un design strutturale nemico dei nostri interessi, ha gonfiato all’infinito la promessa di distrazione, un tempo racchiusa in modesti supporti non connessi alla rete.

“Le tecnologie digitali”, scrive l’autore, “hanno trasformato la nostra esperienza del mondo in un flusso infinito di ricompense informative. Sono diventate il campo dentro il quale tutto compete per la nostra attenzione”. Falsi benefattori ci ricompensano con piccole dosi di veleno cibernetico, stimoli all’acquisto, momenti effimeri di autocompiacimento narcisistico; in cambio sacrifichiamo “tutti gli obiettivi che non abbiamo perseguito, le azioni che non abbiamo svolto, i possibili Io che avremmo potuto essere se avessimo fatto quelle cose. L’attenzione si paga in termini di futuri a cui si rinuncia”. L’abbondanza di informazione ci trascina nel mare sempre in tempesta delle distrazioni funzionali. Il sistema favorisce la dimenticanza di mete, finalità e traguardi rilevanti nell’immediato o a medio termine, a vantaggio di aspetti futili e trascurabili. Williams non è un moralista. La sua ossessione riguarda innanzitutto gli aspetti cognitivi del problema. Con la cognizione, d’altronde, anche la sfera dei valori va in sofferenza. Sviluppatori, designer e innovatori del settore tecnologico sorvolano sulle questioni etiche poste in essere dal loro stesso lavoro. I ladri di attenzione non si preoccupano affatto di esaltare l’irrilevanza. Le gare per avere più like, l’attitudine a scrivere sui social al fine di ricevere un’approvazione da emeriti sconosciuti, il bisogno di contabilizzare i riscontri positivi ad un post sono solo alcuni dei sintomi di una mutazione in atto. “Ogni giorno, il sistema operativo Android da solo manda più di 11 miliardi di notifiche al suo miliardo e passa di utenti”. Williams trova sponde nella psicologia, nella medicina e nelle neuroscienze.“Quando una persona è concentrata e viene interrotta ci vogliono in media ventitré minuti affinché ritrovi la concentrazione”. Il lettore non si imbatte mai, in  Scansatevi dalla luce, nei fulmini del pensiero passatista o antiscientifico. Al contrario, le argomentazioni discendono da studi afferenti a vari campi della conoscenza, compresi i settori di ricerca più avanzati.

La pubblicità svolge un ruolo decisivo nel modellamento delle attitudini e dei comportamenti. Pubblicità che, da eccezione alla regola della distribuzione di informazioni (basti pensare a un cartellone al lato della strada), si è tramutata in sovrascrittura continua di contenuti, in manipolazione attiva delle menti individuali e del senso comune. Una correzione di rotta è impresa difficile e necessaria. “La mia intuizione”, afferma Williams, “è che le risposte giuste implicheranno lo spostare la pubblicità lontano dall’attenzione verso l’intenzione. Vale a dire che nel migliore scenario la pubblicità non cerca di catturare  e sfruttare la nostra semplice attenzione, ma piuttosto di sostenere le nostre intenzioni, e cioè favorire il percepimento di quei compiti e di quegli obbiettivi che ci siamo dati da soli”. Le implicazioni politiche di questo ragionamento sono profondissime. In Scansatevi dalla luce è richiamata l’elezione diDonald Trump alla Casa Bianca, con riguardo specifico alla campagna elettorale del 2016. I tweetstorm del candidato repubblicano, le fake news diffuse con naturalezza dai blog amici, il ‘trollaggio’ specializzato nell’esasperazione degli umori popolari e nella distorsione della percezione comune, i messaggi pervasivi costruiti appositamente per le minoranze, la profilazione dei dati degli elettori degli Swing States (gli Stati in bilico, determinanti per la vittoria finale), il tutto sorretto da una spesa di due miliardi di dollari in copertura mediatica, sono eclatanti esempi delle tattiche di distrazione utilizzate “per cambiare il focus di un dibattito politico”.  La maggior parte degli opinionisti e dei commentatori, denuncia Williams, ha frainteso la strategia di Trump, avendo privilegiato, nell’analisi del discorso pubblico, la dimensione informativa anziché la sfera attenzionale. Allo stesso modo dei clickbait, contenuti bizzarri o ammiccanti generati solo per attirare il click dell’utente, la trappola pubblicitaria di Trump non punta ad informare bensì a indurre.“Il contenuto”, precisa Williams, “è casuale rispetto all’effetto”. L’attenzione, una volta conquistata, fatica a liberarsi dal giogo della persuasione, anzi si alimenta di un flusso di informazioni concorde con quanto già assimilato in precedenza.

Con l’ausilio di una triplice metafora, l’ex strategist di Google suggerisce ai lettori un “possibile procedimento euristico”, utile ad esplorare e a perimetrare lo spazio del problema: dovremmo essere capaci di fare ciò che vogliamo fare (la luce del riflettore), essere chi vogliamo essere (la luce delle stelle) e volere ciò che vogliamo volere (la luce del giorno). Tre fonti di luce corrispondenti a tre livelli di profondità cognitiva. Il messaggio è chiaro: i sistemi di persuasione intelligente minacciano di determinare la volontà del singolo e di disgregare l’intera comunità. Nella rete dell’economia dell’attenzione resta impigliato, addirittura, il principio di giustizia. L’uomo ‘animale politico’, una volta impazzita la bussola dell’attenzione, rischia di restare chiuso in una gabbia foderata di rancore. In assonanza con la nozione di Volontà generale sviluppata da Rousseau, Williams circoscrive con precisione i danni che la testa dell’organismo politico subisce dall’invasività dei meccanismi dell’era digitale. Deprecabile, e dalle conseguenze terribili, è il frequente ricorso della classe politica a tecniche di persuasione finalizzate a gettare benzina sul fuoco della rabbia personale e collettiva. “Purtroppo”, scrive Williams, “la demagogia è connaturata alla progettazione dell’economia dell’attenzione”. La rabbia di transizione alias indignazione, un sentimento intuito da Aristotele e riportato in auge da Martha Nussbaum, sarebbe funzionale, al massimo, all’apertura della fase successiva, ragionevole e costruttiva. La collera delle masse, in una situazione di infelicità non più tollerabile, potrebbe utilmente illuminare le ragioni del dolore e istradare gli oppressi lungo la strada del cambiamento. Nell’economia dell’attenzione la rabbia non è un semplice detonatore di potenzialità represse. All’opposto, risulta tematizzata, in sé e per sé, come fine esistenziale e meta desiderabile. Ne scaturisce l’esaltazione del ‘furor di popolo’. La compulsione giustizialista si avvita sul perno dell’emotivismo morale e si nutre di arbitrarietà.

“Non c’è paragone per questo monopolio della mente che le forze della persuasione industrializzata ora detengono – specialmente quando si parla di miliardi di menti: forse solo i fedeli cristiani che portano con sé la Bibbia ovunque vadano, o la memorizzazione di tutta l’epica omerica nella tradizione orale greca, o l’assegnazione di mantra buddisti da mormorare tutto il giorno, o le macchine propagandistiche dei regimi totalitari. Dobbiamo guardare alle religioni per trovare un paragone un minimo appropriato. Non siamo stati preparati né dalla natura né dalla consuetudine, a far caso e men che mai a lottare contro queste forze delle persuasione che modellano così in profondità la nostra attenzione,  le nostre azioni e le nostre vite.”

James Williams rifugge dal pessimismo. Qualsivoglia tentazione nostalgica e reazionaria è scartata. Allo stesso tempo, l’autore non crede alla narrazione deresponsabilizzante di una tecnologia non riformabile. Qui, il termine riformismo è da intendersi in un’accezione squisitamente pragmatica. Non si tratta, secondo Williams, di chinare la testa di fronte all’inesorabile avanzare del progresso.  tentando, tutt’al più, di smussarne le caratteristiche peggiori, nè di ammansire, per quanto possibile, gli spiriti selvaggi del digitale in un’ottica di resilienza o di compromesso al ribasso, quasi che l’uomo debba venire a patti con una forza soverchiante senza mai metterne in discussione i presupposti. Al contrario, Williams propone di ripensare radicalmente l’architettura tecnologica, di democratizzarla, di costringerla ad allinearsi con i nostri reali interessi, con i nostri desideri, scopi, progetti e ambizioni, con l’immagine più autentica e sincera che abbiamo di noi stessi. “Il nostro obiettivo”, scrive l’autore in uno dei capitoli conclusivi del libro, consiste nel “portare le tecnologie dell’attenzione dalla nostra parte”. Solo così l’uomo, da soggetto passivo, se non vittima, di dinamiche oscure e imponderabili, potrà assurgere a protagonista di quella “rivoluzione sociale costante”, incarnata appunto dalla tecnologia, una definizione coniata dal sociologo e teorico dei media Marshall McLuhan.

Che fare, quindi? Come sottolinea il curatore italiano del volume, Williams non offre ricette ma indicazioni generali. Immaginare un ‘giuramento del designer’ simile a quello di Ippocrate cui sono vincolati i medici, ristrutturare il linguaggio e i concetti del design persuasivo introducendo meccanismi di premialità economica a favore delle aziende ‘etiche’, reclamare responsabilità legislative, finora eluse per ignoranza o pavidità, esortando gli organi del potere ad applicare regolamenti e standard sulla trasparenza… Sempre il curatore definisce il testo, a ragione, rivoluzionario e sottolinea il taglio critico originale dato dall’autore, un’impronta politica sorretta da uno sguardo d’insieme: “l’analisi non scende nella complessità dei meccanismi dell’economia dell’attenzione digitale per mostrare che il potere si nasconde nei dettagli, ma, al contrario, allarga il campo, la visuale, le stesse nozioni operative”. La disamina rigorosa, accessibile anche ai non addetti ai lavori, punta a ravvivare un dibattito troppo spesso avvilito dal fatalismo apocalittico e dal tecno-ottimismo acefalo. Stand out of our light ha vinto la prima edizione del Nine Dots Prize, un premio istituito dalla Kadas Prize Foundation con il supporto dell’Università di Cambridge per promuovere le riflessioni più innovative riguardo ai problemi del mondo. Le nuove matricole dell’Università di Princeton, anno accademico 2019/2020, hanno ricevuto in regalo una copia del libro da parte del Rettore. Tra le pagine di Scansatevi dalla luce possiamo avvertire il soffio del futuro.

(James Williams, Scansatevi dalla luce. Libertà e resistenza nel digitale, effequ Edizioni, 2019 – traduzione, cura e consulenza di eFFe)

Scansatevi dalla luce Book Cover Scansatevi dalla luce
James Williams. Trad, cura e consulenza di eFFe
Saggistica
Effequ Edizioni
2019
201 pp, brossura