Gae Saccoccio ha alle spalle studi di filosofia all'Università di Perugia. E' un filosofo del vino, esploratore del cibo e organizzatore di eventi presso Rimessa Roscioli a Roma. Ha un bellissimo blog, di carattere enogastronomico e letterario che è www.naturadelecose.com E scrive anche benissimo


Gianfranco Dioguardi, La scienza come invenzione Alessandro Volta, Sellerio Editore Palermo, 2000

Si può leggere un libretto di storia della scienza come fosse un romanzo d’avventure? Si può eccome. Anzi, si deve! È esattamente il caso di questo La scienza come invenzione del Dioguardi edito da Sellerio alcuni anni fa, nella loro collana più preziosa e appartata quanto a rarità editoriali dei titoli in catalogo: Il divano. Si tratta d’un abbozzo di profilo biografico molto ben congegnato dall’autore, sul grande scienziato comasco Alessandro Volta (1745-1827) noto a tutti fin dai sussidiari delle scuole primarie – esisteranno ancora i sussidiari? – per l’invenzione celeberrima della pila e per le appassionanti diatribe al fulmicotone con Luigi Galvani (1737-1798) cui è dedicato un capitoletto specifico, “intorno al problema della scelta fra un’elettricità di contatto fra conduttori e un’elettricità animale.” Alessandro Volta, avventuriero del pensiero sperimentale innamorato della concretezza empirica. Sempre a  proposito di sussidiari, chi si ricorda più invece delle diecimila lire emesse dal 1984 al 1988? Erano le banconote della quarta serie con su inciso proprio il ritratto d’Alessandro Volta fatto da Giovanni Garavaglia, assieme alla riproduzione del prototipo di pila custodita nel Tempio Voltiano di Como. Se non siamo però d’accordo sul romanzo d’avventure mi verrebbe allora da dire che questo di cui si ragiona è un romanzo d’amore il cui cuore di fitte trame, invenzioni, personaggi e scoperte collaterali sono l’elettricità, l’elettrodinamica, i campi magnetici, il progresso della scienza, l’evoluzione parallela della conoscenza quindi della coscienza umana. Progressioni interiori di un grande protagonista del secolo dei Lumi che nel Settecento – secolo di passaggio dal Seicento newtoniano e innovatore, all’Ottocento sistematico – ha contribuito tra i primi nella più provinciale Italia, nonostante gli Spallanzani, i Verri, i Beccaria, “alla comprensione dei fenomeni elettrici”. Quindi quella scienza come invenzione del titolo è un mėnage di inventiva empirica. Collezione di fatti. Riscontro di prove. Costruzione manuale di strumenti utili alla misurazione degli esperimenti  – “le esperienze” – prima immaginati in teoria e poi provati/riprovati al banco galileano della ricerca metodologica sul campo ovvero vagliati al setaccio della concretezza fattuale. Immaginazione scientifica con un’inclinazione eminentemente pragmatica, questo è stato, in breve, il fuoco vitale della avventurosa perciò amorosa parabola di Alessandro Volta in quanto scienziato solitario. Volta, lo sperimentatore autonomo che introduce la comunità degli esseri umani a “nuovi modi di capire i fenomeni del mondo esterno”. Lo scienziato realista che consegna a noi posteri un insegnamento fondamentale cioè quello di saper modificare le nostre convinzioni scientifiche, e non solo quelle, sempre sulla misura dei risultati dei propri esperimenti pratici. Una frase estratta dal primo capitoletto, mi pare illuminare bene il percorso conoscitivo di Volta così quale è narrato in questo bel libro del Dioguardi. È una citazione da David Bohm, grande fisico teorico del Novecento: “La storia dello sviluppo della scienza indica che ci sono due modalità di processo scientifico: attraverso la scoperta di fatti nuovi che determinano nuovi concetti e teorie, oppure mediante la spiegazione di fatti esistenti con concetti e teorie nuovi, il che determina nuovi tipi di esperimenti e quindi la scoperta di fatti nuovi.” È alla luce a posteriori di questa evoluzione cumulativa del metodo sperimentale che possiamo raccogliere poi i semi del progresso tecnico e delle scoperte scientifiche come accennate nel libro che oltre a ricordare le spiegazioni dei fenomeni e le ricerche di Volta sul metano (l’aria infiammabile nativa delle paludi) o sulla grandine (Dissertazione sulla grandine), le connette ad altri eminenti scienziati dell’epoca dominata dal “furore di apprendere”. Paolo Frisi, Giovanni Battista Beccaria, il già citato Luigi Galvani (ispiratore della neuorobiologia); Antoine Laurent Lavoisier (alla cui Rivoluzione chimica è dedicato un capitoletto molto coinvolgente); Benjamin Franklin, l’arcinoto paladino della “materia elettrica” (di cui è stato affermato che “quando conobbe l’elettricità, si trattava soltanto di una curiosità; quando la lasciò, si trattava di una scienza”); ancora Lazzaro Spallanzani, il geniale abate naturalista che tra le tantissime ricerche effettuate in ogni ambito dello scibile, a sessantacinque anni è il primo ad occuparsi del fenomeno di emissione e captazione localizzato nell’udito dei pipistrelli. Non solo l’elettrologia, branca della fisica, è stato l’ambito specifico d’interesse del nostro scienziato comasco ma anche la chimica, i gas, la geologia, la metereologia furono altrettanti, sterminati campi d’indagine sui quali Volta si è cimentato per non smentire quel tipico “fureur d’apprendre” illuminista – si parlava di romanzo d’amore giusto? – che con l’invenzione della pila “generatore di forza elettromotrice o corrente elettrica continua prodotta dalla trasformazione di energia chimica”, l’ha spinto fin quasi alle soglie dell’elettrochimica e dell’elettrodinamica.Tornando ora al cuore d’ambra* del libro cioè a quella magia dell’elettricità che annovera un fior-fiore di scienziati devoti alla sua causa che si sono passati il testimone da un paradigma all’altro – Gilbert, Ampère, Cavendisch, Faradey, Maxwell, Hertz – fino a raggiungere gli sviluppi più sofisticati della teoria atomica, l’autore facendo luce su Volta che conduce una sperimentazione continua dunque esercita una critica applicata ai fatti, rende naturalmente omaggio alla nascita di questo portento miracoloso della Materia. La “materia elettrica” che dall’invenzione della pila – l’Organe électrique artificial – ha reso possibile il telegrafo, l’illuminazione elettrica, la radio, la televisione, gli elettrodomestici, il computer, l’energia domestica del sedentario comfort accendi/spegni di cui non possiamo più neppure lontanamente immaginare di poter fare all’improvviso a meno senza sprofondare in visioni post-apocalittiche, sola andata senza ritorno, alle caverne a illuminarci e scaldarci col fuoco. Ipotizzando di saperlo accendere un fuoco e soprattutto saperlo custodire come nelle civiltà arcaiche – vedi Omero, l’Odissea nella traduzione magnifica di Emilio Villa – dove la cura possessiva delle braci, la custodia violenta della fiamma sacra per difendersi e nutrirsi, erano ragione di vita o di morte.

“Ai confini delle campagne,

dove non c’è gente vicina, si usa nascondere

il tizzone con fuoco sotto una cenere di frassino

per proteggere così la scintilla cui accendere,

e non andare altrove, magari lontano, a cercarne.

Anche Odisseo così, avviluppato dentro le foglie.” 

[Odissea, Canto V, traduz. Emilio Villa]

*La parola “elettricità” deriva dal greco electron che significa “ambra” correlata alle proprietà delle particelle subatomiche.

gae saccoccio


La scienza come invenzione. Alessandro Volta Book Cover La scienza come invenzione. Alessandro Volta
Gianfranco Dioguardi
Storia della scienza
Sellerio
2000
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