Gae Saccoccio ha alle spalle studi di filosofia all'Università di Perugia. E' un filosofo del vino, esploratore del cibo e organizzatore di eventi presso Rimessa Roscioli a Roma. Ha un bellissimo blog, di carattere enogastronomico e letterario che è www.naturadelecose.com E scrive anche benissimo

Stephen King, On Writing. Autobiografia di un mestiere. Sperling & Kupfer 
Però sono contento di aver scoperto la tivù relativamente tardi. Soffermandosi a rifletterci sopra, sono parte di un gruppo abbastanza esclusivo: l’ultimo pugno di romanzieri americani che ha imparato a leggere e scrivere prima di una dieta quotidiana a base di stronzate video.Stephen King

Pensare ad un autore di fama universale come Stephen King, mette i brividi. Brividi non tanto per le tematiche horror e i thriller psicologici mozzafiato di cui è l’artefice prolifico, vedi CarrieMiseryThe ShiningL’Ombra dello ScorpioneLa Zona MortaCujoLa Metà OscuraIt… solo per ricordare alcuni tra i titoli più celebri del romanziere americano, molto noto e amato dal pubblico anche per le riduzioni cinematografiche tratte dai suoi romanzi. Piuttosto vengono i brividi se si pensa ai numeri vertiginosi di copie vendute, di lettori sparsi in ogni angolo del pianeta conosciuto: centinaia e centinaia di milioni che fanno la popolarità di uno scrittore che tuttavia non cede un passo alla odiosa, grossolana volgarità bestselling di tanta letteratura d’intrattenimento. Lui King è un rabdomante che setaccia storie irreali eppure traboccanti di realtà. Il romanziere audace che squarciando la patina d’ipocrisia del Sogno Americano, riesuma i Mostri, le Angosce, le Paure inconsce che fermentano dentro ognuno di noi. Re del Brivido in ogni senso, King nel 2000 se ne esce con questo libro liberale e sincero come pochi, un libro sul mestiere e sulle tecniche di raccontare storie su carta. Lo scrittore era appena reduce da un bruttissimo incidente – mentre passeggiava per strada fu travolto da una macchina in cui l’autista, un tipo assai bislacco come si scoprirà poi in seguito, era concentrato più sul rottweiler che si agitava nel retro dell’auto, che sulla strada. Un grave incidente da cui King esce vivo per miracolo e di cui narra nell’ultima parte di On Writing con la solita intensità d’intreccio e suspence dove la fiction è sempre ambiguamente sovrapposta alla realtà o al contrario è la realtà a intrecciarsi con toni inquietanti alla finzione: <<(…) mi rendo conto di aver rischiato di essere ucciso da un personaggio uscito da un mio romanzo.>> In questa specie di memoir autobiografico l’autore del Maine apre con generosità la porta della sua fucina letteraria ai milioni di fans e FD (Fedeli Lettori), curiosi fino al morboso d’indagare sui retroscena biografici, i ricordi d’infanzia del loro beniamino. King ripensando alla sua adolescenza di grafomane maniaco-ossessivo quando spediva i primi racconti di fantascienza a editori e riviste sparsi per tutta l’America accumulando rifiuti su rifiuti, ci tiene a sottolineare: <<Chi se ne fregava della dolcezza, chi se ne fregava dell’ottimismo, chi se ne fregava di Biancaneve e i fottuti sette nani. A tredici anni volevo mostri che si mangiavano intere città, cadaveri radioattivi che riemergevano dall’oceano a divorare surfisti e ragazze in reggiseno nero che sembravano uscite dal riformatorio.>> Nel primo capitolo intitolato Curriculum Vitae, di una bellezza struggente è la rievocazione della madre amata una delle donne più emancipate d’America. Nellie Ruth Pillsbury King, ragazza madre che deve sfangarsela quotidianamente con due figli a carico, sbattuta tra lavoretti precari, sradicata da un posto all’altro del New England e del Midwest. È sempre la madre a spronarlo a scrivere una storia tutta sua quando Stephen aveva a malapena 6 anni e scopiazzava storielle dai fumetti. Magnetizzare l’attenzione e i sorrisi materni, questo è stato forse il più luminoso stimolo dell’infanzia che l’abbia incoraggiato ad andare oltre l’imitazione a favore della creazione. Osservare, immaginare, vivere. L’arte di scrivere, meglio, l’altissimo sentimento di artigianalità della scrittura quale forma organizzata di pensiero secondo King si potrebbe condensare a questi tre soli verbi all’infinito. L’osservazione del mondo che ci sta attorno, per scrivere e raccontare storie di quel che la gente fa realmente. L’immaginazione di mondi su mondi che ci prolificano dentro. Mondi o storie che hanno bisogno solo della nostra voce – le voci dei personaggi e ogni personaggio è un mondo, un’esperienza, una storia – per concretizzarsi infine da visione o sogno sotterraneo ad abissale realtà. E poi la vita vera, la vita che non deve essere di sostegno all’arte, ma viceversa è l’arte a sostenere e realizzare la nostra esistenza. Scrittori si diventa scrivendo e leggendo tanto. <<(…) la vostra missione di scrittori consiste nell’individuare la verità all’interno del labirinto di menzogne della vostra storia (…) la vostra missione è raccontare ciò che vedete (…)>>. Si diventa scrittori con il lavoro duro. La fatica di scrivere e riscrivere senza posa a furia di omettere parole inutili e sbarazzarsi del superfluo. È sempre più facile uccidere i beniamini altrui che i propri. L’applicazione continua, concentrati sul foglio bianco, chini alla scrivania con la porta chiusa in fase della prima stesura solitaria; con la porta aperta in una seconda fase, disposti ad accogliere critiche e letture altrui su quanto si è rivisto e riscritto. Aprirsi a qualche lettore amico, qualcuno che crede in noi ed è partecipe alla nostra sfera intima. Scrittori si diventa insomma a costo di essere onesti con se stessi e di conseguenza onesti fino in fondo nei riguardi del Fedele Lettore. Le linee guida del libro sono esplicitate con estrema chiarezza nella Seconda prefazione quando King puntualizza: <<Questo è un libro breve perché la maggior parte dei manuali di scrittura creativa sono pieni di stronzate. I romanzieri, compreso il sottoscritto, non hanno un’idea precisa di quel che fanno, del perché funzioni quando butta bene o perché non accada se butta male. Mi sono detto che un testo più corto del solito avrebbe contenuto di conseguenza meno cazzate.>> Ciliegina sulla torta, a suggellare l’insistente richiamo dello scrittore che suggerisce di scrivere tanto e di leggere tanto, una lista di almeno 180 titoli di libri che gli sono piaciuti o che gli hanno insegnato qualcosa. Letture che spaziano da John Banville di Dove è sempre notte a Margaret Atwood di L’ultimo degli uomini, Roberto Bolaño di 2666, Neil Gaiman di American Gods, Jonathan Franzen, Le Correzioni, John Le Carré, Amici assoluti. E ancora Leonard Elmore, Jonathan Lethem, George Pelecanos, Annie Proulx, Philip Roth, Lev Tolstoj, Richard Yates, Evelyn Waugh, J.K. Rowling, Harper Lee e tanti altri scrittori e scrittrici che dimostrano l’apertura mentale ai vari generi della letteratura popolare e colta, l’ampio spettro di gusti di Stephen King lettore affamato d’onestà, di realtà e di verità pur nella prassi rigorosamente artigianale della finzione narrativa.

Gae Saccoccio

Gae Saccoccio

On writing. Autobiografia di un mestiere Book Cover On writing. Autobiografia di un mestiere
Stephen King. Traduzione di T. Dobner
Saggistica
Sperling & Kupfer
2001
320