Cose belle a Lubriano

Ha preso il via, ieri, domenica 21 ottobre, il Wilcock Festival a Lubriano. Nella stupenda cornice del Palazzo Monaldeschi (di proprietà della Fondazione Misasi) l’emozione del teatro ha fatto battere molti cuori in questo delizioso paese in provincia di Viterbo, affacciato sulla suggestiva Valle dei calanchi. Ma andiamo con ordine. Perché Lubriano quando si parla di Wilcock? Perché, forse non tutti lo sanno, il grande scrittore, poeta, critico e traduttore argentino visse proprio a Lubriano gli ultimi anni della sua vita, fino alla morte avvenuta nel 1978. C’è dunque un profondo legame tra questo scrittore e questo luogo da lui molto amato. Anche per questo nasce il festival a lui dedicato. Un festival molto voluto da Velentino Gasparri, che di Lubriano è il sindaco. E non è un caso che il nome completo di questo che oltre che un festival è un vero e proprio progetto a lungo termine, si chiami Wilcock Festival – Lubriano e la Valle dei Calanchi. Non è un caso perché, per molti mesi, il borgo sarà protagonista proprio come lo scrittore. La manifestazione, organizzata dal Comune con il sostegno della Regione Lazio, vede lo scrittore Giorgio Nisini come direttore scientifico a capo di un comitato formato da Manuel Anselmi, il drammaturgo Gian Maria Cervo, Roberto Deidier e Matteo Lefèvre.
Quella di ieri è stata la giornata inaugurale di un festival che si concluderà solo il 17 aprile del 2019 e che vedrà molti eventi e interventi tra cui quelli del poeta Elio Pecora, della scrittrice Dacia Maraini e la giornata di studi a Wilcock dedicata che vedrà la partecipazione di studiosi come Valerio Magrelli, Giorgio Patrizi, Andrea Gialloreto e Roberto Deidier. Probabilmente da qui al 17 aprile si aggiungeranno altri eventi e altri ospiti. Come spiega Giorgio Nisini a teatrionline.com “Stiamo ancora lavorando per perfezionare gli eventi – spiega Giorgio Nisini – Non è escluso che verranno aggiunti altri ospiti. Tra gli eventi anche Scrittore in residenza. Ogni anno il Wilcock Festival organizzerà una residenza d’artista per uno scrittore che soggiornerà per una settimana a Lubriano dove avrà modo di lavorare a un progetto ispirato al suggestivo territorio dei Calanchi. Per questa prima edizione sarà ospite lo scrittore spagnolo Ricardo Menéndez Salomón che, durante la giornata del convegno, sarà intervistato da Matteo Lefévre. Con Scrittore in residenza vogliamo sottolineare il cosmopolitismo di Wilcock. Ci saranno approfondimenti, studi e pubblicazioni. Ci tengo a sottolineare anche l’intento aggregativo del Festival. L’obiettivo è far conoscere Wilcock, ma anche far vivere Wilcock, mettere in scena le sue opere, invitare il pubblico alla lettura, creare occasioni d’incontro attorno a un progetto letterario e teatrale. L’invito è esteso anche a chiunque voglia partecipare attivamente al progetto”
Ma torniamo a ieri e all’evento che ha dato il via al Festival. Si è trattato di un reading de La strage di Parigi di Marlowe. E anche qui qualcuno si chiederà cosa abbia a che fare Marlowe con Wilcock. Molto semplice. Wilcock fu un grande e attentissimo traduttore di Marlowe. Tanto che, in Italia, il Teatro Completo fu pubblicato da Adelphi proprio con la curatela dello scrittore argentino. Il reading a cui abbiamo assistito ieri è andato in scena con la regia e la cura del drammaturgo Gian Maria Cervo con la collaborazione de I Quartieri dell’Arte. Una messa in scena emozionante e suggestiva, attuale e potente. Anche per la presenza in scena di bravissimi e coloratissimi (di vesti e di pelle) attori e attrici che hanno saputo emozionare anche solo attraverso la parola. Scelta non casuale quella di questo testo, tra i più lacunosi di Marlowe, che racconta la strage degli ugonotti avvenuta per mano cattolica la notte tra il 23 e il 24 agosto del 1572 a Parigi. Lo stesso Wilcock scrisse, a proposito di questo testo: “una specie di presentazione giornalistica di avvenimenti di politica estera.”
Quello a cui abbiamo assistito, soprattutto per la bravura degli attori e per l’estrema essenzialità della messa in scena (gli attori, seduti dietro un lungo tavolo, leggevano le loro battute, drammatizzando la sola voce e cambiando di ruolo con un semplice cambio di cartello che indicava il nome del personaggio di volta in volta interpretato) è stato un emozionante e toccante monito contro tutte le forme di intolleranza e odio. In un clima cosmopolita come cosmopolita era lo stesso Wilcock. A conclusione un emozionato Maurizio Misasi, generoso e perfetto padrone di casa, ha si può dire chiuso il cerchio ricordandoci di come non ci si possa e non ci si debba dimenticare che tutti veniamo dall’Africa non privandoci del racconto di una reliquia di San Francesco di Paola le cui spoglie furono distrutte dagli ugonotti proprio in risposta alla strage di Parigi.
Se è vero che chi ben comincia è a metà dell’opera possiamo dire che questo Wilcock Festival sarà qualcosa di speciale
Per informazioni sul festival potete consultare il sito www.wilcockfestival.it