Carmine Maffei (Avellino, 1981). Musicista, autore e compositore, fonda la rock band Inseedia con cui pubblica Oltre il Muro (2005) e Secrets From The Room (2007 - Nomadism Records). Nel 2008 dà vita al suo attuale progetto musicale, gli Ordita Trama. Nel 2010 esce il disco "Ordita Trama" e nel 2017 Basta Soltanto Resistere, oltre al singolo L'Ignoto Ideale (Label Music). Appassionato da sempre di letteratura, ama leggere e collezionare libri, soprattutto romanzi. Attratto da tutto ciò che significa "cultura", ha un debole indiscusso per gli scrittori. Vive a Solofra (AV) con la moglie e due bimbi. Lavora nel settore conciario. Collabora con L'Ottavo dal novembre 2017.

In occasione del Premio Letterario Giuseppe Dessì, a Villacidro, in Sardegna, lo scorso 23 settembre 2017, poco prima dell’assegnazione dei premi, di fronte alle telecamere di una televisione locale viene intervistata una giovane donna dallo stile molto particolare.
Avvicinatasi dapprima con circospezione alla giornalista, questa donna, appena qualche istante dopo una prima domanda, seppur rispondendo con garbo e semplicità, dimostra un incredibile carisma, accentuato, oltre che per il suo portamento delicato, dalla curiosità che ostenta con una circostanza davvero notevole, ornata con una forte dose di combinazioni che vengono esplicate come se si stesse raccontando una storia d’invenzione, quando in realtà si evincerebbe il contrario.
Nonostante un sole cocente di fine estate, questa donna veste quasi completamente di nero , dello stesso colore sono i suoi lunghi capelli lisci che appena le nascondono il viso, mentre indossa un paio di occhiali da sole dalla grossa montatura, nera anch’essa, che prontamente toglie, per educazione e rispetto, scoprendo due occhi grandi dal taglio orientale accentuati da un rimmel marcato, forse troppo, ma che non guasta. L’unico accenno di colore è nel rossetto.
Quando le si chiedono le aspettative del Premio che la vede finalista nella sezione narrativa lei risponde: “ E’ come un cerchio che si chiude. Pensare che la mia carriera di scrittrice sia iniziata proprio qui in Sardegna, mi sembra incredibile. Il mio primo libro non era un romanzo ma un saggio storico che nessuno aveva intenzione di pubblicare. Poi, sempre qui, ho trovato un piccolo editore che ha accettato”.
Quel libro era ’68 napoletano – Lotte studentesche e conflitti sociali tra conservatorismo e utopie (2008 , Angelica).
La scrittrice è Carmen Pellegrino.
1968, anno delle lotte di classe, iniziate innanzitutto con le rivolte nelle Università un po’ in tutto l’Occidente, dal cui contesto, invogliato dall’entusiasmo giovane e istintivo di un’incombenza socio culturale di questi ultimi, il ceto operaio si mette a confronto con gli opposti schieramenti politici e capitalistici, sorti inizialmente contro l’ingiusta guerra in Vietnam, e poi man mano progrediti verso l’idea comune di abbattere sistemi gerarchici arcaici che rimandano ancora a un’idea espansionistica di un sistema a scopo benefico soltanto nei confronti delle classi abbienti.
Un collettivo e trasparente movimento si sinistra, quindi, dove gli ideali marxisti-leninisti prendono di nuovo il sopravvento nelle spontanee scaltrezze di un vasto numero di studenti e operai che vedono rinascere ideali e utopie, le quali prendono forza e veridicità attraverso un’espansione di comune pensiero.
Intanto uno sguardo al mondo, in quel fatidico ’68, almeno nei suoi accadimenti più salienti, dovremmo darlo.
Il 30 gennaio, ad esempio, in Vietnam, lo schieramento del Nord, comunista, lancia un’improvvisa offensiva al Sud, che invece è appoggiato dagli USA; il 4 aprile viene assassinato il leader per i diritti degli afroamericani Martin Luther King, mentre il 5 giugno è la volta di Bob Kennedy, che viene freddato appena concluso un dibattito.
A Berlino, le già accese tensioni che dividono una città in due si associano alle rivolte, nei cui scontri viene sparato il giovane intellettuale Rudi Dutschke che sconterà un’agonia di undici anni prima di morire; a Parigi, il 13 maggio, inizia il “Maggio Francese”, una delle rivolte più imponenti scaturite dallo sciopero generale indotto dai sindacati; tra il 20 e il 21 agosto le truppe sovietiche invadono la Cecoslovacchia, mettendo fine alla “Primavera di Praga”; il 2 ottobre a Città del Messico vengono uccisi brutalmente duecento studenti e in seguito a ciò, alle Olimpiadi svoltesi proprio lì, sul podio dei vincitori due atleti afroamericani prima ricevono le medaglie, poi per protesta alzano pugni chiusi verso il cielo.
In Italia, che come un po’ ovunque, ha iniziato le proteste ancor prima del ’68, tutto forse comincia nel concreto con l’assalto e l’occupazione di Palazzo Campana, sede universitaria di Torino, nel novembre del 1967, da parte degli studenti, o addirittura prima, con la morte dello studente Paolo Rossi, nel ‘66, inflitta a seguito di un tafferuglio contro una sezione studentesca di uno schieramento fascista.
Ci sono, ad esempio gli scontri del 1 marzo a Roma, di fronte alla facoltà di Architettura, in cui gli studenti si oppongono alla polizia e in cui i due contesti pagheranno con centinaia di feriti.
Pasolini, in seguito all’evento pubblicherà sull’Espresso la tanto discussa poesia “Il PCI ai giovani!”, in cui dichiara che gli studenti hanno combattuto contro i figli del proletariato, quindi loro simili, e più tardi ribadirà che l’intero movimento studentesco, in tutto l’Occidente, non è altro che la presa di posizione di una nuova forma di capitalismo che aspetta le si possa cedere il posto da parte delle passate generazioni, quindi quella della società di stampo patriarcale in cui non si rappresentano.
Infine il triste epilogo a dicembre ad Avola, in Sicilia, in cui due operai perdono la vita, uccisi dalla polizia, in seguito ad uno sciopero.
In uno scritto che un militante dell’epoca, Massimo Cacciari, ha rilasciato a Paolo Flores D’Arcais per la sua Micro Mega dedicata a quell’anno si legge:
…la data che ne segna l’inizio è il 1962 con la grande manifestazione di Piazza Statuto a Torino, la quale denuncia lo scollamento tra un largo settore della base operaia della Fiat (…) Si assiste in quegli anni, un po’ in tutti i paesi capitalistici, in tutto lì Occidente, a una ridistribuzione profonda del reddito, ma soprattutto del potere, processo che raggiunge il suo apice nella metà degli anni Sessanta e che scombussola il quadro politico e quello sociale.
Ma torniamo a Napoli, intanto.
Nella bella introduzione di ’68 napoletano di Carmen Pellegrino, curata dal grande storico Giovanni De Luna si legge, invece:
Soprattutto il movimento napoletano condivide con quello delle altre città una dimensione politica fortemente inclusiva, che ne rappresenta forse il tratto più significativo e innovativo. (…) Era una Napoli, per dirla alla Gloria Chianese, profondamente gerarchica con divisioni di classe ben sedimentate.
Carmen Pellegrino, che ancor prima di essere una narratrice è anch’essa una storica, ha svolto con questo saggio una minuziosa ricerca nel contesto napoletano, in tutto ciò che ha rappresentato quell’anno, come i precedenti e quelli immediatamente successivi, soffermandosi innanzitutto, per far comprendere la drammaticità in cui versava il Sud, soprattutto quello profondo, sulle divisioni di classe ancora troppo evidenti, che fortemente marcavano la profonda spaccatura, dove tra il margine dei privilegi nei palazzi dei signori borghesi e quello della povertà racchiuso in baracche fatiscenti risaltava una voragine ancora troppo grande, troppo profonda.
Quindi, anche e soprattutto a Napoli, fu proprio il movimento studentesco di quegli anni a cambiare le condizioni in cui versavano le famiglie più povere, almeno dando una spinta alle istituzioni che invece viaggiavano nelle indecisioni politiche ( di quell’anno soprattutto, con il governo “balneare” di Leone).
I vertici istituzionali, quindi, non avrebbero accusato la netta separazione di classe, se non si fosse movimentata la massa di una nuova generazione di studenti che dichiaravano già persa la battaglia che si combatteva tra i vecchi stereotipi patriarcali, padroni a casa ma schiavi nelle fabbriche, e la consapevolezza di un diritto alla cultura con un contesto universitario più giusto e accessibile che di lì a poco avrebbe formato la nuova classe dirigente, intesa come quella dei lavoratori, nel senso univoco della parola, che però avrebbe assimilato dottrine che mai si sarebbero immaginate in un’Italia scossa ancora dal fascismo.
Lo studio di Pellegrino sul movimento studentesco, che abbraccia nell’essenziale il triennio tra il ’67 e il ’69, valuta l’importanza della presa di posizione dei giovani napoletani (studenti fuori sede e non) di quegli anni, i quali scendono dagli scranni di spettatori e valorizzano ciò che davvero risalterebbe il loro impatto sociale, a partire da una rivalutazione del sistema studentesco. Da qui la battaglia, combattuta addirittura con la perdita di giovani vite, contro l’abrogazione di sistemi legislativi che risultavano arcaici rispetto a una visione più espansiva delle emergenti classi sociali, partendo appunto dagli studenti. Citando l’autrice: “Si ribellarono e ruppero con gli impacci di tradizioni inventate e poi viziate dall’opportunismo, dal familismo,dal conformismo…” .
Il movimento fonda le sue radici nell’ambito universitario e si proietta con il suo naturale senso di giustizia garantita equamente, a partire dalle classi più deboli, verso territori ove fino ad allora si erano sempre evitati attacchi diretti, per esempio, all’autoritarismo nelle fabbriche, per il diritto a degli alloggi popolari come priorità per i senzatetto, fino alla scossa di quei sistemi finalizzati a proteggere l’imperialismo dell’Italia che fu e che era ancora. Così partendo da un nucleo ristretto di studenti caparbi nel valorizzare i propri diritti, si arriva a espandere l’aspetto dimostrativo verso altri ambiti, come la magistratura, la classe operaia, la rivalutazione dei meno abbienti, addirittura la rivalutazione dei diritti in materia psichiatrica con la rimodernazione del contesto ai pazienti del Materdomini di Nocera Superiore, dove il Prof. Sergio Piro apporta le modifiche sia nel campo del personale che in quello dei pazienti.
Poi con la legge Basaglia del ’78 tali considerazioni ebbero la giusta ricompensa con la definitiva chiusura dei manicomi, e la nascita del diritto alle cure per il malato psichiatrico.
Spiega Carmen Pellegrino: Probabilmente consiste in questo la forza più autentica del Sessantotto, l’aver determinato slanci e fermenti di ribellione anche in luoghi che tradizionalmente se ne tenevano al riparo, riuscendo a creare tensioni ideologiche e passioni civili laddove localismi e pastoie familistiche avevano largamente anestetizzato la società.
Ma cosa resta oggi del Sessantotto? E di quello napoletano, in cui anche i cosiddetti scugnizzi si unirono alle lotte degli studenti per rimarcare la propria identità futura e sociale?
Forse tutto, ma forse niente.
Niente che possa essere ricordato, nel trambusto e nelle distrazioni materialistiche che strizzano un occhio all’agognato potere che riemerge nella riemersa e voluta ignoranza, la quale genera odii e rancori ingiustificati, e dalla cui innocenza prende forma la manna che scende ad alimentare enormi sistemi camorristici.
Ci illumina Giovanni De Luna nell’introduzione di questo importante saggio storico a dieci anni dalla pubblicazione:
…quartieri- Stato, una costellazione di feudi autonomi, segregati dal resto. A Scampia, a Secondigliano domina una minoranza violenta che ostacola l’integrazione, chiudendosi al contesto urbano per tutelare l’apartheid criminale.
(…) Gli scugnizzi che manifestavano per il Vietnam ora pascolano tutto il giorno intorno agli adulti spiandone le mosse per imparare il mestiere, per prepararsi a diventare ggente e miezz’avia. Il ’68 è davvero finito.

Il 23 settembre 2017, alla cerimonia per il Premio Letterario Giuseppe Dessì, Carmen Pellegrino ottiene il più alto merito nella sezione narrativa col romanzo Se mi tornassi questa sera accanto.
Qualsiasi fosse stato il risultato, per festeggiare abbandona in maniera straordinaria il consueto nero e indossa un vestito leggero, colorato ma sobrio, con fantasie autunnali.
Sorride Carmen, e mostrando al pubblico la preziosa targhetta che stringe tra le mani, è davvero consapevole che il cerchio che è iniziato in Sardegna e che si è concluso proprio lì si sia davvero chiuso.
Sa benissimo, e lo sa chi lo ha letto, che gli argomenti trattati nell’ultimo romanzo, come in quello precedente, sono gli stessi che interessano ’68 napoletano, ma intesi in una storia narrata, una storia di fantasia, dove però le analogie personali e sociali dei contesti storici figurano nella realtà del Sud, dove non sempre ha preso forma una vera e propria coscienza potenziale, intesa a sbaragliare confini che non devono e non possono più esistere.
Carmine Maffei

'68 napoletano. Lotte studentesche e conflitti sociali tra conservatorismo e utopie Book Cover '68 napoletano. Lotte studentesche e conflitti sociali tra conservatorismo e utopie
Carmen Pellegrino
Saggistica
Angelica editore
2008
208