Sono nato a Orvieto il 21 agosto 1985. Laureato in filologia moderna all'università della Tuscia. Sono giornalista pubblicista. Le mie passioni sono musica, letteratura e cinema. Amo le contaminazioni e la ricerca di nuovi stili da adattare a questa assurda modernità. Ho scritto anche un libro: Inverni. La città che muore, Sette Città editore

La cameretta, racconto di Carlo Quondam, autore del libro Inverni. La città che muore. Edizioni Sette Città

Il posto più confortevole del mondo.
La camaretta.
La bambina giocava con i suoi cavallini di plastica. Li faceva correre e volare. Poi li abbandonava sul grande tappeto colorato che ricopriva quasi tutto il pavimento. Lei, la madre, se ne stava rilassata su quella poltrona che aveva la forma della comodità. I raggi di sole penetravano la finestra e illuminavano la pagina della rivista che stava sfogliando.
A intervalli irregolari le due si scambiavano teneri sguardi amorevoli.
Che brava bambina, che tenerezza.

Al mattino la donna si svegliò con ancora il calore del sogno sul corpo e nel cuore. Il sole filtrava dalla persiana socchiusa. I primi giorni di Primavera si facevano largo tra i rimasugli di un rigido Inverno.
Alzò la coperta e venne rapita da un brivido di freddo.
E’ il corpo che incontra la realtà.
Guardò la bambina che ancora dormiva nel lettino accostato al suo letto.
E’ il cuore che mantiene il calore del sogno.
Mentre faceva colazione cercava di pensare al sogno. Lo ricordava bene in ogni dettaglio ma non riusciva a capire se, in passato, aveva già sognato la cameretta.
La bambina ancora non aveva la sua stanza, quella che avrebbe dovuto ospitarla era ancora un ripostiglio disordinato. Eppure sentiva quell’ambiente talmente familiare che le sembrava impossibile averlo vissuto una sola volta.
Inutile pensarci su. Con i sogni non si ragiona. Vanno contro ogni razionale teoria spaziotemporale. Molto più che immagini proiettate nel cervello.
Qualcosa che si nutre di vita e che va contro la vita stessa.

Qualche giorno dopo, arriva lo stesso sogno. Poi arriva ancora e ancora più di frequente.

Stesso amorevole calore, stesse sensazioni e la piccola consapevolezza che si trattava di un sogno ricorrente.

Quella mattina il sole cominciava a prendere le misure con il compito che avrebbe dovuto svolgere durante l’Estate che sarebbe entrata a giorni.
La madre portò la bambina al parco. La guardava mentre scivolava sulla giostrina. Così piccola e già così sveglia. Correva ininterrottamente, si confrontava con gli altri bimbi, non si lamentava mai e non si fermava mai.
Un paio di volte al minuto lo sguardo delle due trovava complicità tra altri bambini e altri genitori.
La madre aveva comprato una rivista che sfogliava senza interesse. Così, un po’ per curiosità e un po’ per non essere importunata dalle altre mamme.
Nell’indice vide una foto che rimandava ad un articolo che aveva già letto. Scocciata e convinta di aver preso un giornale datato, guardò la data in copertina.
La rivista era uscita il giorno stesso. Impossibile.
La notizia riguardava la discussione parlamentare sul biotestamento, avvenuta il giorno prima. Non era ancora arrivata a quella pagina ma già sapeva com’era fatta. Impaginazione, titolo, sottotitolo e articolo.
Lo aprì. Tutto era come sapeva che fosse. Come… ricordava.
Non riusciva a capacitarsi. A causa di un violento temporale, che aveva anche danneggiato le antenne di TV e internet, era rimasta in casa per due giorni. Di conseguenza non poteva sapere niente di cosa fosse successo fuori.
Pensò alla notizia sulla rivista, la osservò accuratamente cercando di ricordare.
Cominciò a sentire il calore del suo sogno.
No. Non poteva aver sognato il futuro.
Si inquietò. Sentì un forte disagio. La forte suggestione la portò ad alzarsi di scatto in cerca della bambina. Si era distratta per troppo tempo. Non la vide. La chiamò. Niente. Urlò ripetutamente il suo nome con tutta l’energia che aveva in corpo. Tutti i presenti si voltarono verso di lei. L’intero parco sembrava congelato.
La bambina uscì dalla piccola casetta colorata. La donna la vide, poi si rese conto di aver esagerato. Le corse incontro per abbracciarla forte. Tutti la guardarono sbalorditi. Non era successo niente lì intorno. Nessuno riusciva a capire la reazione della donna.

Tornarono a casa e la donna raccontò tutto al marito.

Ricordi il sogno? Quello che faccio spesso. Te ne avevo parlato. Sai cosa è successo…

Parlò dell’articolo sulla rivista e del fatto che già sapeva tutto. Lui non le diete troppo spago.

I sogni sono così. Noi siamo facilmente impressionabili. Stai tranquilla non è successo niente di strano.

Passò il tempo. Il sogno tornava, puntuale, quasi ogni notte.
La donna aveva imparato a guardarsi intorno cercando di ricordare i dettagli della cameretta. Ogni sera, prima di addormentarsi, si prometteva di essere vigile nel sogno. Come se fosse possibile.
Durante il giorno viveva continui deja vu. A volte aveva l’impressione di vivere una vita già vissuta trovando piccole veggenza nei dettagli della quotidianità.
Niente di rilevante. Ma quanto bastava per sentirsi inquieta.
Non che questo cambiasse il suo atteggiamento nella vita e con la bambina che amava ogni giorno di più.

Passarono i giorni, le settimane e i mesi. Il sogno si deformò lentamente fino a cambiare.

Percorreva il corridoio per andare verso la cameretta. Vide il marito che veniva dalla parte opposta. Veniva dalla cameretta.
Lei aprì la porta. Urlò. La stanza era completamente vuota.

L’urlo aveva rotto il silenzio della notte.
Lui si svegliò.

Calmati. Era solo un brutto sogno.

Lei era terrorizzata. Svegliò anche la bambina.

Ho avuto paura. Non entrare in cameretta. Non dovevi entrare. Promettimi che non entrerai…

Lui non capiva quello che diceva e quello che faceva. Lei accarezzò la bambina fino a farla dormire di nuovo. Poi cercò di rilassasi.

Era solo un brutto sogno ma la donna continuava a blaterare, implorare e lamentarsi in una sorta di dormiveglia. Lui cercava solo di calmarla.

Si addormentarono insieme, abbracciati.
Lei fece un sonno senza sogni.

Lui si ritrovò in un bosco. Non era mai stato a caccia in vita sua, di colpo sii ritrovò a scrutare il minimo movimento di un cervo. In tenuta mimetica e con un grosso fucile in mano. L’animale alzò la testa ornata da enormi corna. Nello stesso istante sparò. Lo stese con un colpo letale. Si sentì fiero. L’uomo si avvicinò per osservare la preda.
La nebbia mattutina si levò svelando una vecchia casa semidistrutta e quasi completamente ricoperta dalla vegetazione. Si inoltrò mettendo i piedi in quello che una volta doveva essere l’ingresso. Entrò e notò che la natura selvaggia si stava riprendendo ciò che le era stato tolto.
Sentì dei rumori.
Senza pensarci due volte e forte dell’arma che stava impugnando, aprì una porta cadente.
Non poteva credere ai suoi occhi.
In mezzo al bosco, all’interno di una casa distrutta e fradicia, una cameretta.
Calda e confortevole.
Se la gioia avesse avuto una forma e un respiro allora sarebbe stata quella bambina che giocava su quel tappeto colorato che ricopriva quasi tutto il pavimento.
L’uomo posò il fucile. Entrò. La prese in braccio e cominciò a cullarla. Sentì un calore e sensazioni mai provate prima. Guardò la piccola creatura. La commozione nel suo sguardo stava per diventare una smorfia di tristezza.

Era mattina inoltrata quando si svegliò di soprassalto.
Lei lo aveva scosso con forza.
Era di nuovo agitata. Non riusciva a parlare, si strozzavano le parole in bocca.

Calmati. Cosa c’è? Perché mi hai svegliato?

Disse lui.

Dov’è la bambina? Non c’è più. Guarda, non c’è più.

Lui rimase di stucco. Guardò sua moglie. Si guardò intorno e disse:

Quale bambina?

La cameretta Book Cover La cameretta
Carlo Quondam
Racconto
2017
tabaccheriaql.wordpress.com