Nato a Viterbo il 25 ottobre 1991, laureato in  lettere (Università della Tuscia) e appassionato di musica (jazz, prog, elettronica).

Si forma il cyberpunk con i Suicide e i film, ma per fortuna nel 1972 c’è stato qualcuno che si è reso insuperabile da tutto il resto. Sto parlando del biondino Schulze, che insieme all’altro biondo Gottsching, ha fatto calare la manna dal cielo a tutti i ragazzi tedeschi e non.
L’inizio è stato scoppiettante, uno shock, un’espulsione creativa che superava alcuni scialbi, già all’epoca, prodotti inglesi e americani. Abbandonati i progetti iniziali di Tangerine Dream e Ash Ra Tempel, Klaus dà alle stampe “Irrlicht“, primo lavoro monumentale contenente quel fluxus surreale “Ebene“.
Ma queste opere non possiedono soltanto brani, ma una vera e propria concezione al riguardo del fare musica, la quale doveva intervenire nel sociale, sui giovani e sui loro pensieri “filosofici”. Queste sono delle opere artistiche, come un Rothko, Mirò o Ernst.
I Beatles hanno aiutato e agevolato molte menti nell’effettuare album e generi, ma spingersi fino a dove è arrivato già nel 1972 Schulze rende riduttivo parlare di influenze o amori musicali possibili di Klaus. Si sarà potuto gasare nel sentire “Some Velvet Morning” dei Vanilla Fudge anni prima, come molti dell’epoca, ma quando è toccato a lui comporre un disco ha certamente superato certe idee illustri precedenti.
Meditare sulle idee è pregevole come aspetto. Ma qui nello stesso anno Schulze ha prodotto sia “Irrlicht” che “Cyborg“! Gli riusciva cosi facile suonare? Qua c’è il voler suonare, come prima cosa, e poi, visto che la classe non è acqua, la possibilità di lasciare il segno.
L’incipit “Synphara” è contraddistinta dai voli pindarici dell’elettronica, mentre il mood, non desolato e disperato come “Irrlicht”, si tinge di occulte visioni. L’orchestra da camera con numerosi violoncelli, violini e flauti appoggia il muro sonoro di Klaus. “Conphara” non lascia scampo alla riflessione ma è un turbinio mentale che si scaglia su di noi. Altro che l’incedere della minimal odierna..qui si anticipa i rave, per tranquillizzare qualche muso storto dopo l’aver letto “orchestra da camera”..
Non c’è di più bello del rock e dell’elettronica quando sposano altri lidi; infatti il pop scialbo delle radio è frivolo perchè non è coniato con il rock o con quelle belle basi drum and bass anni 90 (“Per Un’ Ora D’ Amore” dei Matia rivista con i Subsonica per capire..). L’inasprimento graduale dei toni è arricchito lentamente da tutti gli elementi, che liberano le composizioni dalla staticità. Da sottolineare è il non voler creare atmosfere o variazioni di sentimenti, bensì il proporre l’asetticità di una struttura di pochi accordi e portarla avanti, contando sullo shock nevrotico dell’ascoltatore.
Chromengel” è il lato più oscuro e pauroso, con i cinguettii dei sintetizzatori che estraniano letteralmente l’orecchio; perchè non si sta sentendo la musica, si sta vivendo in un mondo.
L’impatto emotivo è forte e con il finale “Neuronengesang” si può decidere se “accendere la luce” o persistere in questo susseguirsi di nuvole e solitudine. Ci si eclissa pensando e sperando che arrivi qualcosa che spezzi la tensione, ma ci si abbona all’emigrare in lande divinamente sconosciute. Ora ci rimane solo che leggere le note, basta lessico.

Cyborg Book Cover Cyborg
Klaus Schulze
Krautrock
1973