Laureato e specializzato in storia dell’arte all’università degli studi della Tuscia. Dopo aver discusso due tesi di laurea su Andrea Pazienza continua lo studio dell’artista realizzando il lavoro di riordino e di digitalizzazione dell’archivio e curandone la mostra “Segni Preliminari”. Cura la rubrica Fumo negli occhi. “Recensioni critiche” di graphic novel. Le recensioni vengono pubblicate su Move magazine sulla pagina Facebook Fumo negli occhi e su Fandangoeditore.it. Direttore artistico di una sezione del Festival Caffeina e assistente alla direzione artistica di Quartieri dell'Arte.

Quando chiacchierai con Galli mi disse che Fior lo aveva impressionato. Ho pensato al suo “L’intervista” per quel passo di lato che permette l’ambientazione in un futuro estetico prima ancora che plausibile (o meno). Un passo di lato che consente alla storia di intrecciare le dimensioni, le suggestioni e gli stili. Per farlo occorre creare un micro universo che stia in piedi, o perlomeno in equilibrio. Perché la miscela poetica è molto instabile e tende a separare i propri componenti. Come dire che il libro è una reazione chimica in equilibrio termodinamico i cui componenti per iniziare la trasformazione hanno avuto bisogno di un enzima somministratogli dall’autore. Anzi l’enzima è l’autore stesso. Nella camera del cuore si nasconde un elefante. Forse, più che la metafora, la chiave è il paradosso. Il lettore se coglie la sfumatura ha libero accesso ai meandri segreti di una seducente La medina (in fondo all’universo) che lo trasformeranno in un enzima. Catalizzatore di una nuova reazione. Siamo entrati paradossalmente nel cuore della storia (che Moebius voleva a forma di elefante) e vi abbiamo trovato un paradosso. Bene. Forse è il caso di semplificare e capire se Galli stia giustificando a se stesso il vuoto lasciatogli dalla sua Zelda. Un vuoto grande dentro il quale entra un elefante.
Coconino Press – Fandango si conferma editore attento che premia l’audacia dei poeti più visionari del fumetto contemporaneo.

3 domande all’autore
Puca Jeronimo Rojas Beccaglia -Ho esagerato nella semplificazione? Si tratta di affrontare un vuoto dentro il quale mettere un paradosso? Sbaglio a cercare del personale nella matrice della storia e nel volano della poetica?

Marco Galli -Questo libro nasce proprio dall’urgenza di affrontare il dolore della fine di una lunga storia d’amore, per me molto importante e per certi versi infinita. Certo è che le situazioni e i personaggi non c’entrano nulla con la realtà della mia vicenda, ma ho cercato di essere più sincero possibile e “fresco”. In questo lavoro non c’è stato nessun storyboard o sceneggiatura, sono andato a braccio, pagina per pagina, mettendoci poco più di 2 mesi. Arrivando a fare anche 5/6 pagine al giorno. Forse questo lo rende più instabile, come ricordavi, e meno omogeneo, ma la mia era un’esigenza fisica prima che mentale.

PJRB – La bussola sembra essere ancora Munoz & Sampayo, ho pensato a Moebius per come hai gestito i paradossi e per come hai intrecciato le dimensioni, a Manuele Fior per l’espediente narrativo dell’ambientazione ma soprattutto ho costantemente pensato a Jacques Tardi per il segno per l’impatto dirompente dei “Rossi” che mi ha ricordato il suo Stalag IIB? Hai un debole per Tardi?

MG – Parli di autori che amo molto e che ormai, anche per età, sono nel mio DNA. Manuele è un amico a cui voglio molto bene e per me uno dei migliori creatori di immagini in circolazione, però la sua poetica la vedo abbastanza lontana dalla mia. Un amica che ha letto il libro mi ha detto che le ha ricordato Fellini, ecco l’ispirazione arriva più da quel tipo di “fantascienza” o senso di anarchia della realtà. Poi, nel mio libro in verità, la nota fantasy mi serve a giustificare “il pianeta più lontano della galassia” che, in metafora, non è nient’altro che il nostro io profondo che molto spesso conosciamo pochissimo ed è, appunto, lontanissimo dalla nostra realtà corrente.

PJRB – Rispetto ad Oceania Boulevard mi sembra che tu stia “asciugando”. Aldilà del fatto che ogni storia ha il suo segno e la sua grafica, mi pare che in linea generale c’è meno elaborazione, più sintesi…. Se è così quali sono le ragioni?

MG – Forse il “modo” in cui è stato fatto. Come ti dicevo sopra, dovevo essere veloce per “eruttare” quello che avevo dentro e mi serviva un disegno minimale. Le prime pagine e alcune altre le ho fatte direttamente a pennarello, senza matite. Solo negli acquerelli mi sono concesso un po’ di “grazia”, perché era funzionale alla storia: è l’unico momento in cui Almo cede il suo io al mondo.

Nella camera del cuore si nasconde un elefante Book Cover Nella camera del cuore si nasconde un elefante
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Marco Galli
Fumetti - Fumetti
Coconino Press
2015
brossura
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