Laureato e specializzato in storia dell’arte all’università degli studi della Tuscia. Dopo aver discusso due tesi di laurea su Andrea Pazienza continua lo studio dell’artista realizzando il lavoro di riordino e di digitalizzazione dell’archivio e curandone la mostra “Segni Preliminari”. Cura la rubrica Fumo negli occhi. “Recensioni critiche” di graphic novel. Le recensioni vengono pubblicate su Move magazine sulla pagina Facebook Fumo negli occhi e su Fandangoeditore.it. Direttore artistico di una sezione del Festival Caffeina e assistente alla direzione artistica di Quartieri dell'Arte.

A viterbo c’è un bar (il 2 Righe) dove nelle mensole sono stipati libri. Fra questi ho scovato la collana di fumetti della “Prospero’s Books” di “Tunuè editori dell’immaginario”. Gente che da Latina spacca le nuvole a metà. Le circostanze della vita mi hanno dato il tempo per leggerli quasi tutti, una dozzina, in 3 sere. Non che siano tutti capolavori…. Ma il punto è un altro, sono tutte pubblicazioni coraggiose, di qualità, dalla carta alle introduzioni.
“Perché ho ucciso Pierre” sceneggiato da Olivier Ka & disegnato da Alfred mi ha letteralmente schockato. L’ho iniziato di notte e finito di mattina per poi gironzolare per casa ripetendo a mia moglie “ho letto un fumetto assurdo, non riesco a levarmelo di dosso”. Nel merito: una storia che incalza il lettore fin da subito attraverso una scansione serrata in capitoli, ognuno dei quali, utilizzando l’espediente retorico dell’anafora (nel testo come nella grafica) definisce un pezzo di autobiografia. Sono episodi privi di una ferrea logica narrativa, un poco divertenti un poco satirici ma soprattutto spaesanti. L’incipit di ogni paragrafo (l’anafora) è illogico “Ho ucciso Pierre perché ho 7 (poi 8, 9, 10, 12…) anni”. Una frase costruita male, che però azzanna d’inquietudine e mistero. Tanto più che questo fantomatico Pierre ad un certo punto salta fuori, un prete bonaccione. Perché mai qualcuno dovrebbe ucciderlo? Il fumetto va avanti percorrendo sentieri che definiscono una atmosfera più che un catena di fatti, un contesto emotivo più che una trama. Fino al colpo di scena in cui la storia (la vita) si spezza in due in cui tutto appare chiaro e terribile. Pagine che vanno lette in apnea, si passa dallo spasso al dramma senza soluzione di continuità. Il fumetto diventa psicoanalisi, terapia, riapertura della ferita per tentare di pulirla. L’espediente retorico adesso è quello della climax, la storia rallenta, attorno al misfatto per coagularne tutto il suo contenuto emotivo, per rinnegarne la negazione della sua abissale negatività. Tutto questo succede a metà fumetto dopodiché l’anafora torna a scandire (nuovamente di fretta) la biografia di un uomo coraggioso che riesce ad affrontare il suo irrisolto passato proprio quando sembrava abdicare al disturbo psichico. Alfred alle matite è molto più di un interprete del testo, è il compagno di avventura. Finisce anch’egli nella storia, perché fumetto e vita inesorabilmente si mescolano insieme. Ci mette quanto di meglio si possa, ovvero talento e una compassione partecipata, nell’arte come nella vita.
Un fumetto che in Italia ha raccolto molto meno di quanto avrebbe meritato. Un capolavoro che tornerà a far parlare di se in questi giorni in cui Alfred ottiene riconoscimenti al festival del fumetto di Angouleme.

Perché ho ucciso Pierre Book Cover Perché ho ucciso Pierre
Prospero's books
Olivier Ka, Alfred
Fumetti - Fumetti
Tunué
2009
rilegato
120
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